Johann Widmer

Le Veglie Di Giovanni


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le lunghe serate davanti al ceppo scoppiettante del caminetto, mi raccontavano del loro “mal di città” con i suoi eccessi culturali e della loro attuale ricerca di una vita in campagna, vicina alla natura, sana, legata alla terra, felice, liberatoria e alternativa.

      In una di queste sere si discuteva a fondo dell’esperimento “mucca”.

      Per voler essere autosufficienti, prima o poi si arriva alla mucca.

      Ci offre tutti gli alimenti di importanza vitale come latte, panna, burro, formaggio, yoghurt, kefir e in più un mucchio di letame. Facendo parte dei ruminanti, attaccati alla terra, ci regalono anche un concime particolarmente armonioso e fertile, talmente ricco di forze cosmiche e slancio dinamico per le piante. Questo nobile animale sarebbe praticamente il perpeteuum mobile, dimostrando in pieno la circolarità ecologica dell’energia solare, dal letame fino all’insalata.

      Sostenevano semplicemente che l’intervento distruttivo della natura da parte dell’uomo moderno, tecnologico e avido di denaro, sarebbe stato la causa della sovra-produzione di latte, montagne di burro e di carne.

      Questi erano gli argomenti dei miei vicini.

      Basta sognare delle mucche e già si trova un commerciante di bestiame davanti alla porta.

      Un omino piccolo, scarno, vivacissimo che aveva risposte per tutte le stalle dei paraggi, arrivato qui al momento giusto, per caso.

      Lui sa sempre quali sono i contadini costretti a vendere per mancanza di foraggio o di denaro, si tratta di buone occasioni, e di poter scegliere il miglior capo di bestiame in una stalla.

      Essendo mediatore, prendeva la percentuale, per il resto non aveva tanto da fare, a parte sussurrare ogni tanto qualcosa nelle orecchie di un partito o dell’altro.

      Questa volta tirava fuori qualcosa di speciale dalla sua scatola magica: il vecchio Dino voleva comprare una Alfa Romea extra-super-sport per suo nipote più grande e a questo scopo metteva profondamente mano alla sua stalla.

      Un’occasione unica, un’offerta speciale, direi a un prezzo praticamente scontato.

      Già il giorno seguente le due personcine mi riempivano le orecchie raccontando entusiasticamente del loro vantaggioso aquisto. La mucca, neonato incluso, dolcissimo e graziossisimo vitellino, a un prezzo irrisorio.

      E questa loro mucca non era una mucca dozzinale. Per niente: fresca di pascolo, forgiata dalla natura e legata alla terra. Non come quelle povere e degenerate mucche da allevamento che non sapevano nemmeno come si presenta un pascolo fiorito.

      Anche il resto coincideva con l’immagine che ci si può fare di una mucca: manto vellutato marrone, bellissime corna ritorte e tra queste uno splendore di riccioli biondi, andatura gracile, anzi camminerebbe come una Dea della Grecia antica, e la cosa più bella in assoluto sarebbe il suo sguardo. Una espressione sognante, trasfigurata, nei suoi occhi un luccichio chiaro. Tutta la saggezza della creazione animale stava in questo sguardo giunonico.

      Mah, io cosa dovevo aggiungere? Si sa che le persone hanno delle idee proprie su cosa si dovrebbe porre attenzione nell’aquisto di bestiame.

      Promettevo di passare prossimamente per vedere questo magnifico esemplare e, in più, sarei anche disposto a prendere l’eccesso di latte al prezzo del produttore. Anzi, ne sarei contento, mi servirebbe per fare del formaggio.

      La sera stavo aspettando la prima consegna di latte.

      Ma non arrivava. Pensavo che loro stessi avessero iniziato a produrre formaggio.

      Il giorno dopo andavo a vedere questa meraviglia della creazione. Se ne stava lì, come persa, in mezzo all’aia, con il suo piccolo- si trattava di un maschio- strappando qualche filo d’erba.

      A dire il vero la mucca non corrispondeva del tutto alla mia immagine ideale, nonostante il manto setoso e le corna artistiche, ma non mi andava di distruggere brutalmente la gioia e la felicità degli allevatori novelli.

      Davanti ad un bicchiere di vino, e in modo prudente, mi informavo sulla produzione di latte della Berta, così si chiamava la carinissima, incontrando un silenzio imbarazzante.

      Dopo qualche titubanza confessavano che la cara, piccola mucca dallo sguardo giunonico non produceva quello che si aspettavano, ma potrebbe forse soffrire di uno shock da trasloco.

      Sarebbero riusciti, dopo averla legata per bene, questa indocile Dea della fecondità, a mungere solo mezzo litro di latte, e per di più, avrebbe fatto cadere a terra il tenero vitellino Elena.

      Ho dato loro il consiglio urgente di separare immediatamente il vitellino – che peraltro era un maschio – dalla sua mamma, perchè sarebbe sempre lui a bere tutto il latte.

      Ma non sarebbe una cosa contro natura? Fu la loro obiezione.

      Con il cuore pesante seguirono il mio consiglio, rinchiudendo il dolcissimo vitellino Elena, alias Archimedes, in un box costruito in tutta velocità.

      Notte. Berta ruminava tranquillamente e un silenzio profondo calava sul paesaggio.

      Magari..., sarebbe stato bello!

      Il vitello strillava come se già dovesse andare al macello e la cara e mansueta Berta muggiva forte come sono capaci soltanto i cuori di mamme in difficoltà.

      Niente e nessuno riusciva a placare i due, nè il fieno, nè l’acqua, nè le buone parole.

      Soltanto quando i tormentati neo-contadini si resero conto dell’atto barbarico, egoistico e contradittorio, e dopo aver dato di nuovo retto alla natura, tornava la calma.

      Con la tranquilla felicità di una mamma, Berta si godeva il poppante bevitore al suo petto.

      Ma come si sarebbe desiderato un sorsetto di latte ogni tanto, venivano programmati tempi di separazione in graduale, lenta crescita.

      Berta si lasciava condurre pacificamente al pascolo, mentre Archimedes se ne stava disteso, dormendo nel suo box.

      Un’ora più tardi, il vitello strillava, Berta lo sentiva e correva in fretta e furia verso la stalla.

      La recinzione era calpestata, un palo del pergolato caduto, la porta della stalla schiacciata e Berta ferita alla zampa anteriore, ma dentro la stalla regnava una pace paradisiaca.

      Mamma e figlio, felicemente uniti.

      Che bisogna c’era di agire contro natura, non portava a niente. Meglio lasciar andare le cose in modo naturale, rinunciando ai propri interessi materiali.

      Ma Archimedes non cresceva bene.

      La produzione del latte consisteva ormai soltanto di qualche goccia, troppo poco per il suo bimbo assetato.

      Grande perplessità.

      Mi veniva chiesto consiglio, in cambio raccoglievo sguardi inorriditi. Archimedes dal macellaio? Mai e poi mai.

      Ma che idee hanno queste persone!

      Da quel momento in poi Archimedes fu nutrito con latte intero, pastorizzato, della Coop.

      In tal modo, uno commincia a farsi una idea di quanto veramente beve un vitello!

      Per il resto si lasciava fare la natura, questi due inseparabili formavano un ideale quadretto di beatitudine. Venivano persino fotografati e filmati.

      Dopo alcuni giorni, si presentava un problema nuovo.

      La mansueta Berta mostrava spesso un comportamento strano, in particolare quando non era condotta con una corda. Sembrava indecisa, insicura, quasi ansiosa e il suo “stare ferma come una statua”, finora interpretato come “Berta filosofando”, iniziava a preoccupare sul serio i suoi padroni.

      Attraversava il pascolo tastando, urtava spesso, ogni tanto batteva contro un albero o contro la porta chiusa della stalla, come se fosse miope.

      Promettevo di procurare degli occhiali alla povera Berta nel caso fosse miope, ma potevo risparmiarmi questo scherzo, perchè non era nè miope, nè assente, nè filosofa, ma semplicemente e completamente cieca.