Emilio Salgari

Alla conquista di un impero


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i sacerdoti?

      – Per lavarvi, senza essere veduti da alcun occhio profano, la pietra di Salagraman.

      – Tu sarai il primo a saltare in acqua. Voglio essere ben certo io del mio conto.

      – Preferisco uscire da questa parte che affrontare le tigri, – disse Bindar.

      – E se… —

      Due colpi di carabina che rintronarono sotto le tenebrose volte come due colpi di spingarda lo interruppero.

      – Ah! Le signore della jungla, – disse. – Andiamo a vedere se sono molto affamate.

      Quando ci saremo sbarazzati di quelle andremo a far conoscenza colle acque del Brahmaputra.

      È strano! Quest’avventura, salvo in certi particolari, mi fa pensare a quella affrontata nelle caverne di Raimangal. —

      Tornò rapidamente indietro, seguìto dall’indiano, e giunse nella sala sotterranea nel momento in cui rintronarono altri tre colpi di carabina.

      – Si sono decise ad assalirci dunque? – chiese il portoghese, levandosi le pistole. – Ci sono anch’io nella partita e le mie armi sono di buon calibro.

      Fabbrica anglo-indiana e delle più famose.

      – Temo che abbiamo sprecato inutilmente delle cariche, – disse Sandokan, che stava in piedi dietro ai malesi ed ai dayachi inginocchiati, assieme a Tremal-Naik. – Quelle bestie sono di una prudenza estrema e pare che non abbiano fretta di assaporare le nostre carni.

      – Puzzano troppo di selvatico quelle dei nostri uomini, – disse il portoghese, che non perdeva mai il suo buon umore.

      – Dove sono?

      – Sono dinanzi a noi, ma socchiudono troppo di frequente gli occhi e così non si lasciano scorgere, – rispose Sandokan.

      – Eppure dobbiamo far presto. L’alba non è lontana e poi vi è il pericolo che giungano le guardie del rajah.

      Ritiriamoci verso il pozzo e, se ci seguiranno fin là, daremo a loro battaglia prima di tuffarci.

      – In ritirata, amici! – gridò Sandokan.

      I malesi ed i dayachi si alzarono rapidamente, mostrando sempre la fronte alle tigri e si ritrassero in buon ordine verso il corridoio, che conduceva al pozzo.

      Fra l’oscurità, di quando in quando s’alzava terribile quell’impressionante ahu, delle regine delle jungle indiane.

      – Ci siamo, – disse Yanez, indicando a Sandokan il pozzo.

      – Che oscurità, – mormorò Tremal-Naik. – Confesso che il rumoreggiare di quest’acqua non giunge gradito ai miei orecchi.

      – Non vi è altra via da scegliere, – rispose Yanez. – A te Bindar.

      – Sì, sahib, – rispose l’indiano.

      Scese la gradinata senza manifestare la menoma apprensione. Si udì un tonfo, poi più nulla.

      – Agli altri ora, uno ad uno! – gridò il portoghese.

      Un malese fu il primo, poi seguirono gli altri. Non erano rimasti che Sandokan, Tremal-Naik ed il portoghese, quando degli ahu spaventevoli echeggiarono all’entrata della galleria.

      – Le tigri! – aveva gridato il bengalese.

      – Ah! canaglie! – gridò Yanez. – Hanno aspettato il buon momento! —

      Sandokan si era precipitato innanzi, colla scimitarra alzata e la pistola montata.

      Due lampi, che per poco non spensero la torcia che era stata infissa in un crepaccio della rivestitura del pozzo, balenarono.

      Una massa enorme attraversò lo spazio dinanzi al terribile pirata della Malesia, dibattendosi disperatamente e tentando di afferrarsi colle zampe anteriori.

      – A te il resto dunque! – gridò Sandokan.

      La sua scimitarra fischiò in alto e troncò d’un colpo solo il collo della belva.

      – Va’! – continuò il formidabile uomo. – Tu non sei degna di misurarti colla Tigre dell’arcipelago malese! —

      Le altre tre belve però erano pure comparse, e non sembravano affatto impressionate per la fine miseranda della compagna.

      Tremal-Naik, che oltre le pistole aveva una splendida carabina indiana, fece fuoco sulla più vicina, senza troppa precipitazione.

      La signora delle jungle spiccò un salto in aria mandando una specie di ruggito e cadde pure per non più alzarsi. Era stata fulminata.

      – A te, Yanez, finché ricarico le pistole! – gridò Sandokan, balzando indietro.

      – Eccomi, – rispose il portoghese.

      Oltre le armi da fuoco che portava appese alla cintura, aveva estratto il kriss mettendoselo fra le labbra.

      Le due altre tigri s’avanzavano strisciando e mugolando.

      Tremal-Naik sparò la sua pistola alla distanza di appena dieci passi e sbagliò entrambi i colpi.

      I due lampi però spaventarono le belve facendole indietreggiare rapidamente fino all’estremità del corridoio, prima che Yanez avesse avuto il tempo di far fuoco.

      Quel momento di sosta era stato però sufficiente a Sandokan per ricaricare le sue armi.

      – Yanez, – disse il pirata, – le tigri tarderanno l’attacco dopo un così brutto ricevimento. Approfitta senza ritardo.

      – Per che fare?

      – Per scendere nel pozzo e gettarti nel Brahmaputra. Tu devi salvare la pietra di Salagraman e quel cofano ti darà non poco impiccio se dovrai nuotare sott’acqua.

      – E voi?

      – Non occupartene. Da’ a noi le tue pistole che in acqua non ti servirebbero.

      Il kriss ti basterà. Sarà meglio però che tu ti sbarazzi almeno degli stivali.

      – Esito.

      – Perché?

      – Siete in due contro due.

      – E le armi? Abbiamo coi tuoi sette colpi e poi sai che noi non abbiamo paura.

      Metti in salvo il cofano, se ti è assolutamente necessario per conquistare la corona.

      – Più che necessario.

      – Allora salta in acqua. Le tigri brontolano, ma non si muovono e probabilmente lasceranno anche a noi il tempo di andarcene senza troppi pericoli.

      Spicciati! —

      Il portoghese si levò gli stivali e la giacca, si fissò bene il kriss nella cintura dei calzoni, si assicurò il cofano e scese la gradinata, dicendo ai suoi due valorosi compagni:

      – L’appuntamento è nel nostro sotterraneo. —

      Scese dieci gradini viscidi per l’umidità e si trovò dinanzi ad un foro circolare entro cui gorgogliava la corrente.

      – Preferirei vederci, – disse. – Bah! Posso fidarmi delle mie forze. —

      Alzò le mani e si precipitò nelle cupe acque del Brahmaputra, scomparendo sotto la galleria sommersa.

      Si era appena tuffato, quando un ahu terribile annunciò a Sandokan ed a Tremal-Naik che le due tigri si erano finalmente decise a ritentare l’assalto e vendicare le loro compagne.

      – In guardia, Tremal-Naik, – disse la Tigre della Malesia. – Vengono a grandi slanci.

      – Sono pronto a riceverle, – rispose l’intrepido bengalese. – Nella jungla nera ne ho ammazzate un buon numero, quindi sono pure mie vecchie conoscenze. —

      Le due belve erano sbucate dalla galleria, mugolando ferocemente. Erano due splendidi animali, che avevano raggiunto il loro pieno sviluppo, con un collo da toro.

      Vedendo i due uomini in piedi, colle armi puntate, dinanzi alla torcia che mandava dei bagliori sanguigni