Emilio Salgari

Gli ultimi flibustieri


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state a guardarmi, per ora; se cadrò mi vendicherete.

      – Lo inchioderò contro la parete come una lucertola, – rispose Buttafuoco, mettendo pur mano alla spada.

      Mendoza, come già sappiamo, era uno spadaccino di primo ordine, che valeva non meno del terribile guascone don Barrejo.

      Desideroso di sbrigare presto la faccenda, pel timore che sopraggiungesse qualche ronda, attaccò risolutamente l’avversario vibrandogli una dietro l’altra tre o quattro fulminee stoccate, parate appena in tempo.

      – Canarios!… – esclamò lo sconosciuto, un po’ sconcertato. – Chi è stato il vostro maestro?

      – È inutile che ve lo dica, – rispose Mendoza, il quale non gli lasciava quasi nemmeno il tempo di rimettersi in guardia. – Quando vi avrò vibrata la stoccata dei Tre Corsari, voi rimarrete inchiodato contro la parete, quindi non avrete piú il bisogno dell’indirizzo del mio maestro, bensí di un passaporto per l’altro mondo.

      – Ehi, correte troppo, mio signore.

      – Aspettate un po’ e vedrete un colpo meraviglioso, l’ultimo però per voi.

      I due spadaccini, non curanti della pioggia che non cessava di cadere, si scambiavano stoccate con grande accanimento. Il fragore delle spade non si udiva, poiché il tuono continuava a rumoreggiare ed il vento ad ululare fra i comignoli delle case.

      Lo sconosciuto, dopo qualche minuto, si trovò obbligato a rompere ed appoggiarsi quasi alla parete. Sembrava molto sorpreso di aver trovato un avversario cosí formidabile, mentre forse aveva sperato di sbarazzarsi di entrambi con pochi colpi di spada.

      – Signor figlio d’un grande di Spagna, – disse Mendoza, mentre una folgore attraversava la piazza, seguita da uno schianto terribile. – Preparatevi alla partenza che non ha ritorno.

      Stava per tornare all’attacco, quando una finestra della posada si aprí ed una voce d’un uomo chiese:

      – Chi si ammazza davanti al mio albergo?

      – È l’amico Mendoza che si diverte un po’, – disse Buttafuoco, alzando la testa. – Lascia fare, Wandoe, fra poco tutto sarà finito.

      “Porta invece una torcia ed un archibugio.”

      – Canaglie!… – gridò lo sconosciuto, facendo una rapida mossa di fianco per prendere piú campo. – Avete degli amici qui ed ora mi farete assassinare a colpi d’arma da fuoco.

      “Non è agire da gentiluomini questo.”

      – Basterà il colpo dei Tre Corsari, – rispose Mendoza, chiudendogli prontamente il passo e costringendolo ad appoggiarsi alla parete. – A te, bandito, prendi questo per ora!…

      – Ed anche tu questa – rispose lo sconosciuto, il quale si difendeva disperatamente, chiamando in suo soccorso tutte le risorse della terribile arte della scherma.

      Mendoza parò la botta, poi tutto d’un tratto si abbassò verso terra, appoggiandosi sulla mano sinistra e andò a fondo.

      Lo sconosciuto aveva mandato un grido, poi aveva lasciata cadere la spada, appoggiandosi contro il muro.

      Aveva ricevuta una magnifica stoccata nella spalla sinistra, dal basso in alto.

      Mendoza ritirò lentamente la lama, la cui punta si era arrossata contro la scapola dell’avversario e fece un gesto di malumore.

      – Troppo alto – disse. – Avrei dovuto attraversargli il cuore.

      In quel momento il preteso figlio del grande di Spagna, vinto dal dolore intenso causatogli da quel terribile colpo, rovinò al suolo, rimanendo inerte.

      – Morto? – chiese Buttafuoco.

      – Oh, no, – rispose Mendoza. – La ferita però deve essere dolorosissima.

      In quell’istante la porta della posada ed un uomo di alta statura, che rassomigliava stranamente a Buttafuoco, pure molto barbuto e molto abbronzato, comparve, portando in una mano una lanterna e nell’altra un lungo archibugio.

      – Che cosa succede qui, amici? – chiese, avvicinando premurosamente al bucaniere ed al filibustiere, il quale stava asciugando tranquillamente la punta della lama.

      – Non ne sappiamo piú di te, Wandoe, – rispose Buttafuoco. – Questo mascalzone ci ha provocati e Mendoza ha approfittato dell’occasione per dargli una buona lezione di scherma.

      – Non ci vedo chiaro in tutto questo, – rispose il proprietario della posada. – Questo furfante deve essere stato pagato dal marchese per assassinarvi. Vediamo un po’: ne conosco molti di questi sicari. Si avvicinò al ferito, il quale pareva che fosse svenuto e gli proiettò in pieno viso i raggi della lanterna.

      Ad un tratto un grido gli sfuggí e fece due o tre passi indietro, esclamando:

      – Ah!… Disgraziato!… Disgraziato!… L’avevo sospettato.

      – Che cosa? – chiesero ad una voce Mendoza e Buttafuoco.

      – Aiutatemi a portare a coperto quest’uomo, – rispose Wandoe. – Non bisogna lasciarlo morire.

      – Questi birbanti hanno la pelle dura e poi la sua ferita è piú dolorosa che pericolosa. Ah!… Se l’avessi côlto un po’ piú sotto, allora non risponderei piú di lui.

      I tre uomini sollevarono il ferito ed entrarono nella posada, arrestandosi in una vasta camera a pianterreno che era ancora illuminata, la quale conteneva solamente sei amache che in quel momento erano vuote.

      Il ferito fu sollevato con molte precauzioni e deposto su uno di quei comodi e freschi giacigli.

      Subito Mendoza, con una navaja datagli da Wandoe, gli tagliò la casacca, il giustacuore e la camicia e mise allo scoperto la ferita.

      – Niente di grave, – disse, arrestando con un fazzoletto il sangue che sgorgava in abbondanza.

      La fasciò alla meglio, aggiungendo:

      – Ci occuperemo poi meglio di quest’uomo. Spiegaci ora, Wandoe, il tuo sgomento che per noi è inesplicabile.

      “L’hai veduto altre volte questo avventuriero?”

      Wandoe, il quale aveva un viso assolutamente sconvolto, guardò il bucaniere ed il filibustiere quasi con terrore, poi chiese con voce strozzata:

      – Non ve l’ha condotta?

      – Chi? – domandarono ad un tempo Buttafuoco e Mendoza.

      – La señorita.

      – La señorita Ines di Ventimiglia?…

      – Sí!… Sí!… – balbettò Wandoe.

      – Tu sei impazzito? – gridò Buttafuoco. – Che cosa vuoi dire?

      – Non ho il coraggio di dirvelo. Ora comprendo che noi siamo stati giuocati.

      – Suvvia, – disse il bucaniere, il quale cominciava a perdere la pazienza. – Spiegati una buona volta.

      – Vi chiedo se ve l’ha condotta.

      – Ma chi?

      – La señorita di Ventimiglia, – ripeté Wandoe, con angoscia.

      – Quell’uomo lí è venuto oggi, dopo il mezzodí, con un biglietto firmato “Buttafuoco” con cui la si avvertiva di lasciare immediatamente la mia posada, essendo ormai stato scoperto il mio rifugio dal marchese di Montelimar.

      Buttafuoco e Mendoza, udendo quelle parole, erano rimasti come fulminati.

      – La señorita scomparsa!… – esclamò finalmente Buttafuoco, mentre Mendoza si strappava un ciuffo di capelli. – L’hai veduta tu questa lettera?

      – La señorita me l’ha fatta leggere, prima di decidersi a lasciare la mia posada.

      – Ah!… Cane d’un marchese!… – urlò Mendoza, con accento feroce. – Ce l’ha fatta!…

      – Dimmi,