Emilio Salgari

La tigre della Malesia


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uscissero dalle labbra della terribile Tigre della Malesia.

      Bisognava udirlo allora, quando la sua voce tonante e metallica cangiava tono per diventare dolce, affascinante. Bisognava udirlo, quando dimenticando le sue pugne e le sue stragi parlava colla giovanetta di alberi, di fiori, di caccie, di feste e persino di mode e di vesti!

      Era una commedia, ma una commedia che egli stesso prendeva per realtà, e nella quale sentivasi trasportato in un nuovo mondo, nella quale provava strane emozioni, nella quale il suo cuore batteva precipitosamente e sentivasi preso da una strana febbre. Non provava allora le sofferenze attutite, scemate dall’armoniosa voce della lady che egli trovava mille volte superiore a quella del cannone e persino i ricordi della sua isola si cancellavano, sfumavano dimenticati fra i racconti della giovinetta che gli parlava della sua terra natia, del bel cielo d’Italia, dell’azzurro Tirreno, delle incantevoli sue coste e delle superbe sue città. Lui, il terribile e sanguinario pirata comprendeva infine che un legame più forte dell’amicizia lo univa a lei, comprendeva infine che questo legame fino come la seta andava ogni dì ingrossando, comprendeva infine che ormai una corrente di reciproca simpatia si era stabilita fra i loro cuori e che infine si amavano!

      I giorni così volavano rapidi per entrambi come baleni e la guarigione del pirata volava aiutata potentemente dalla forza dell’amore, amore che sempre ingigantiva, mille volte raddoppiato dall’ardente natura del selvaggio. E infatti venti giorni dopo, il ferito poté abbandonare senza fatica il letto e presentarsi dinanzi a lord James nel momento che questi entrava.

      – Oh! mio degno amico, voi in piedi! – esclamò il lord vedendoselo dinanzi.

      – Vi meravigliate, milord? – chiese Sandokan sorridendo. – Mi pare essere rimasto a letto fin troppo.

      – Gli uomini di guerra, checché se ne dica, sono formati d’acciaio. Come vi sentite?

      – Ma benissimo, milord! Mi sento forte come una colonna di ferro. A proposito, i miei più caldi ringraziamenti, milord, tanto a voi che alla vostra cara nepote. A simili persone bisogna essere riconoscenti anche non volendolo.

      – Via, non parliamo di ringraziamenti. Fra gente di guerra non si usa.

      – Al contrario, milord, e vi confesso che senza di voi, per quanto fossi stato forte, a quest’ora sarei morto da un bel pezzo. La mia riconoscenza non cesserà mai, tenetelo ben in mente, milord, mai!… Andiamo, farò il contraccambio di questa ospitalità quando voi verrete a Schaja. Sarete il re delle nostre feste.

      Il lord si mise a ridere, stringendo la mano che Sandokan francamente gli porgeva.

      – Verrò – disse il lupo di mare, – ve ne do la mia parola, e se caso mai avrete bisogno di un aiuto per prendere la rivincita contro i pirati di Mompracem, pensate a me.

      La fronte di Sandokan si abbuiò. Egli si avvicinò vieppiù all’Inglese.

      – Guardate qui – disse con istrana voce. – La ferita si è chiusa, ma rimane un segno bianco: la cicatrice. È un segno che non si cancellerà più mai: un segno che in ogni ora, in ogni tempo mi rammenterà dei miei feritori. Quando ritornerò nella mia patria, a me allora la vendetta. Vedrò fuoco e sangue!…

      Se l’Inglese avesse potuto comprendere il vero significato di quelle parole avrebbe rabbrividito. Ma egli tutto ignorava, non sospettava né poteva sospettare che chi parlava in tale guisa fosse la Tigre della Malesia che giurava di guazzare nel sangue inglese.

      – Vedete – continuò Sandokan sul medesimo tono. – È la prima volta che subii una disfatta, e quegli uomini che han fatto mordere la polvere alla Tigre, la pagheranno ben cara.

      – Fate conto di tornare in breve a Schaja? – chiese il lord. – Non abbiate fretta, amico mio, ché la vendetta più lunga è e più diventa matura. I pirati sono là, annidati nella loro formidabile isola, mille miglia lontani dall’idea di volerla abbandonare. Avrete sempre tempo di vendicarvi. Rimarrete fra noi fino a completa guarigione e mia nepote s’incaricherà di non farvi annoiare, ora che ha una profonda ammirazione per voi.

      Sandokan lo guardò con sguardo balenante. Per lui, rimanere ancora su quella terra che forse cominciava ad amare, rimanere ancora presso quella fanciulla che aveva saputo affascinarlo, accanto a Marianna era la vita. Non chiedeva di più, dimenticava Mompracem.

      Che importava a lui che i suoi tigrotti lo aspettassero, quando poteva vedere quella fanciulla divina? Che importava, se non assaporava sangue, quando assaporava la felicità di trovarsi presso lei? Che importava se non udiva il tuonare dei cannoni, quando la voce di lei era più dolce del ruggito dei fumanti bronzi? Che importava infine rischiare di essere scoperto, forse preso, forse ucciso, quando sentiva il cuore battere d’amore, quando respirava la medesima aria che respirava lei, quando si sentiva amare? Lui, la Tigre, tutto avrebbe sacrificato per provare ancora quelle emozioni sino allora mai provate a Mompracem.

      – Ascoltatemi, lord James – disse il pirata con emozione. – Questi luoghi, dove ho passato dei momenti di suprema felicità, per me sono sacri. Accetto l’ospitalità che voi mi offrite, e se mai un giorno, non dimenticate queste parole che potrebbero avverarsi, se mai un giorno avessimo a trovarci sul campo di battaglia, non già amici, ma nemici e ben fieri nemici colle armi in pugno, saprò sempre serbare la mia riconoscenza.

      Sandokan si tacque incrociando le braccia sul petto, col volto animato da una strana collera. Il lord lo guardò stupefatto per alcuni istanti, senza riuscire a trovar parola, poi avvicinandosi bruscamente al pirata impassibile:

      – Non vorrei credere che fosse il delirio che vi facesse parlare – diss’egli. – Che mai andate parlando di nemici e di pugne, se le relazioni fra la mia e la vostra patria sono cordialissime? Andiamo, amico mio, io credo che non tramerete certamente qualche insurrezione pericolosa nelle nostre colonie malesi.

      – Non potete comprendermi, milord. Ho detto anche troppo; tronchiamo questo discorso che potrebbe diventare imbarazzante e mettermi al punto di dover mentire.

      – Tronchiamolo, giacché lo volete – disse lord James. – Ne avrò la spiegazione quel dì che noi ci troveremo sui campi di battaglia. E ora, amico mio, restate senza timori. Troverete in me un uomo leale più un amicone che vi terrà allegro, sperando di trovare il contraccambio a Schaja. Mi permettete ora una domanda?

      – Cento, milord, se lo volete – rispose Sandokan che cominciava però a tenersi in guardia.

      – Il vostro prahos, quale rotta teneva?

      – Rotta per Varauni. Avevo da concludere un trattato con quel sultano. L’Inglese lo guardò un momento in silenzio come commentasse la risposta, poi continuò:

      – Ho una nave ai miei ordini, mio prode amico. Quando sarete annoiato di abitare in questo brano di terra, se me lo permetterete vi condurrò io a Varauni, dovendomi recare in quei paraggi. Credete che la mia presenza possa esservi di qualche utilità?

      La fronte di Sandokan tornò ad oscurarsi. Era imbarazzato a rispondere non sapendo cosa avrebbe potuto fare a Varauni, dove aveva invece tutto da temere. Non chiedeva, una volta guarito, che di tornare a Mompracem, alla sua terribile isola. Pure non esitò a rispondere.

      – Forse la vostra presenza mi sarebbe di grande utilità – disse egli, poi un lampo gli balenò in mente. – Andiamo, milord, non nascondetemi che la vostra presenza a Varauni ha un significato.

      – Infatti – rispose l’Inglese accarezzandosi il mento, – ha un importante significato. I pirati di Mompracem, amico mio, scorrazzano troppo arditamente questi mari. Crescono di audacia e di numero, e a dirla fra noi, minacciano seriamente le sorti della nostra colonia. Non abbiamo sufficienti forze per assaltare direttamente il loro covo e chiediamo il potente aiuto del sultano di Borneo.

      – Ah! – fe’ Sandokan quasi sardonicamente, ma in modo che il lupo di mare non potesse accorgersene. – Questi pirati, di cui io ho fatto disgraziatamente la prova della loro audacia, sono veramente forti? Sarebbe mai vero, che Labuan avesse paura?

      – Non si ha paura di Mompracem, ma di quel bravaccio che si appella la Tigre della Malesia. È un uomo che ha del sangue nelle vene, un uomo che mette i brividi a tutti i popoli delle coste.