Emilio Salgari

Straordinarie avventure di Testa di Pietra


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siete amico di quei terribili guerrieri?»

      «Amico!… Fidatevi di quella gente anche quando avete fumato con loro venti volte il calumet della pace! Mi hanno lasciato vivere perché avevano bisogno di vendermi le loro pelli in cambio di armi e liquori. Se non avessi avuto questo magazzino ben fornito, chissà da quanto tempo mi avrebbero scotennato.»

      «E, sapendo ora che è ben pieno di ogni grazia di Dio, con la scusa di essersi messi sul sentiero della guerra vi svaligeranno.» disse Testa di Pietra.

      «Oh, prevedo la mia rovina,» rispose il trafficante. «Non valeva la pena di passare dieci anni fra queste boscaglie battute da grossi orsi per poi rimanere senza un luigi. Bell’affare che ho fatto!…»

      «Venite con noi.»

      «Dove?»

      «Al forte.»

      «Chi ci procurerà un canotto capace di affrontare le collere di questo lago che, se è piccolo, è troppo sovente di cattivo umore? Solamente gl’indiani ne posseggono, ma io non andrò certo ad espormi al pericolo di farmi spaccare la testa con un buon colpo di tomahawh.»

      «Sicché saremo anche noi costretti a rimaner qui,» disse il bretone, impallidendo. «Siamo aspettati a Ticonderoga..»

      «Affari urgenti?»

      «Pressantissmi, mi pare di avervelo detto.»

      «Può darsi, ma non ricordo. Io ho sempre il mio cervello occupato nei miei affari e non sempre presto attenzione a quello che mi si dice.»

      «Che cosa ci consigliate di fare?»

      «Di rimanere qui. Che cosa vi manca? Avete delle splendide e soffici pelli che vi serviranno benissimo da letto. Come ho detto, metto il mio magazzino a vostra disposizione.»

      «Non si potrebbe giungere egualmente al forte facendo il giro del lago? Noi non siamo uomini da spaventarci per il freddo.»

      «Vi occorrerebbero sette od otto settimane e cadreste fatalmente fra le braccia degl’indiani.»

      «Corpo d’un cannone scoppiato!…» esclamò Testa di Pietra con voce irata. «Che cosa siamo venuti allora a fare qui se non abbiamo più nessuna barca?»

      «Io accetterei il consiglio del signor Riberac.» disse Piccolo Flocco. «Se non possiamo muoverci restiamo qui.»

      «E gl’inglesi? Arnold non saprà della loro poderosa riscossa.»

      «Vuoi che attraversiamo il lago a nuoto, col freddo cane che fa fuori? Siamo stati vigliaccamente traditi, ecco tutto.»

      «E se gl’indiani vengono qui?»

      «Ci difenderemo come orsi grigi, vecchio mastro. Qui i fucili e la polvere non mancano, e il magazzino è solido come un vero fortino. Come vedi non mancano nemmeno le feritoie.»

      «Voi parlate bene,» disse il trafficante. «Mi terrete compagnia e chissà che non riesca a salvarvi dalle furie sanguinarie degl’indiani, poiché ora che ci penso, godo la protezione della madre di uno dei più valorosi sackem degli Uroni ed essa potrebbe, se volesse, salvarci tutti.»

      «Uhm!… Fidatevi di quelle canaglie sempre assetate di sangue,» disse Testa di Pietra.

      Si era alzato, essendosi ormai ben asciugato. e si era messo a girare come una bestia feroce per il magazzino, picchiandosi pugni su pugni sulla testa.

      Girò tre o quattro volte intorno alla tavola, poi si fermò gridando:

      «Cane d’un Davis!… Se il mio soldato non ti ha mandato a tener compagnia ai pesci del lago e dovessi incontrarti, non ti risparmierei di certo. Vile canaglia che hai tradito la causa americana!…»

      Proprio in quel momento nel magazzino risonò come un risolino soffocato.

      Testa di Pietra aveva fatto un salto.

      «Avete udito voi?» chiese con voce alterata.

      «Io, nulla,» disse il trafficante, il cui volto era diventato subito oscuro.

      «Ma io sì,» disse Piccolo Flocco, il quale si era alzato rapidamente, subito imitato dai due assiani.

      «Un risolino, è vero?» chiese il mastro.

      «Che mi parve provenisse da quella parte,» rispose il giovane, indicando la massa di pelli, di botti e di casse che occupavano tutto il fondo della capanna.

      «E anche noi, patre,» dissero i due assiani.

      «Che cosa dite voi, signor Riberac?» chiese il vecchio bretone il quale si era prontamente armato d’una scure. «Che durante la vostra assenza sia entrato qui qualche animale?»

      «Io non credo,» rispose il trafficante. «Nessuna bestia è mai entrata qui dentro.»

      «Sarà meglio accertarcene.»

      «Mi getterete tutto all’aria.»

      «Rimetteremo tutto a posto, non dubitate. E poi non potrebbe essersi nascosto qualche indiano per farci la tosatura sanguinosa durante il nostro sonno?»

      «Non credo che i pellerossa abbiano già spinte le loro avanguardie fino su queste rive. Vi giungeranno, ma quando giungeranno le navi inglesi.»

      «Dite quello che volete, noi vogliamo frugare tutta quella parte del magazzino,» disse Testa di Pietra con voce un po’ irritata. «Ci hanno tesi troppi agguati e non desideriamo affatto subirne ancora qualche altro.»

      «Dubitereste di me?»

      «Mai più, signor Riberac.»

      «Se volete divertirvi a scombussolare tutto il mio magazzino. fate pure,» disse il trafficante un po’ piccato.

      «Non vi guasteremo nulla. Voglio scovare la bestia o l’uomo che ha riso.»

      «Tempo perduto.»

      «Non importa. A me, amici.»

      Il trafficante fece un gesto d’impazienza e si sedette dinanzi al fuoco accendendo un grosso sigaro del Maryland.

      I due bretoni e i due tedeschi si erano messi alacremente al lavoro, spostando casse, cassoni, barili, grosse botti che prima non avevano osservate e giganteschi rotoli di pelli. Agivano rapidamente, aprendosi un passaggio onde giungere alla parete formata anche quella di grossi tronchi.

      Erano quasi certi di trovare là qualche sorpresa.

      Dopo una buona mezz’ora riuscirono finalmente nel loro intento e non poterono trattenere un grido di sorpresa.

      Dietro le grosse botti esisteva un bel vuoto di cui il trafficante, chissà per quali motivi, aveva creduto bene di non servirsi.

      Testa di Pietra che si era munito del grosso fanale di marina si guardò intorno e notò che il pavimento era abbondantemente bagnato.

      «Eppure l’acqua qui non deve entrare,» disse. «Come spiegare questo mistero?»

      «E come spiegare quell’apertura che deve immettere al di fuori? Possibile che il trafficante ne ignorasse l’esistenza?» disse Piccolo Flocco.

      «Vediamo!… Vediamo!…» rispose il vecchio bretone il quale cominciava ad inquietarsi.

      Si avanzò verso la parete e vide subito un passaggio aperto fra i tronchi d’albero e così ampio da poter permettere di far entrare nel magazzino anche un orso grigio.

      «Una galleria?» si chiese. «Perché non è stata turata? Ah, guarda, guarda, Piccolo Flocco, le tracce dell’acqua giungono fino qui.»

      I due bretoni si guardaron l’un l’altro, poi nello stesso tempo dissero:

      «Andiamo a vedere.»

      Sempre più inquieti entrarono nel passaggio, il quale si apriva quasi a fior di terra ed era sempre assai largo ed alto, e si spinsero risolutamente avanti impugnando le asce. I due tedeschi li seguivano pronti ad ogni sbaraglio.

      Percorsi dieci o quindici metri, si trovarono improvvisamente in piena foresta.

      «L’animale o l’uomo che ha fatto udire quella specie di riso, deve essere uscito di qui,» disse il vecchio bretone.

      Alzò