Emilio Salgari

Straordinarie avventure di Testa di Pietra


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nulla?» chiese Piccolo Flocco.

      «No,» rispose Testa di Pietra.

      «Ritorniamo per domandare a quello strano trafficante se conosceva l’esistenza di questo passaggio segreto?»

      «Aspetta un po’.»

      Si era curvato proiettando sul terreno inzuppato dalla pioggia la luce vivissima del grosso fanale.

      «Ah!… Il brigante!…» gridò.

      «Che cosa hai scoperto?» chiese Piccolo Flocco.

      «Le orme di due grosse scarpe armate di chiodi. Ora, come si sa, i pellerossa non usano che dei mocassini ben cuciti senza un pezzo qualunque di metallo. Dunque l’uomo che è uscito dal magazzino non può essere che un canadese od un inglese. Qui gl’indiani non c’entrano affatto.»

      «E sei ben sicuro che quell’uomo fosse proprio uscito dal fortino del trafficante?»

      «Per il borgo di Batz!… Le punte delle scarpe sono rivolte verso la foresta. L’uomo dunque dev’essere uscito dalla baracca del trafficante.»

      «Che sia quello che ha riso?»

      «Lo sospetto.»

      «E chi credi che possa essere?»

      «Mi è venuto un sospetto che nessuno mi leverà mai più.»

      «Che sia Davis o qualcuno dei suoi canadesi?»

      «Che abbia cercato di mettersi al sicuro nel magazzino del trafficante!»

      «Lo avevo pensato anch’io. Che sia già lontano quell’uomo?»

      «Io non credo che abbia avuto il tempo di guadagnare molta via. Se ci muoviamo subito possiamo avere qualche probabilità di acciuffarlo.»

      «Sarà una caccia all’uomo un po’ pericolosa. Non abbiamo nemmeno un fucile.»

      «Piove e non servirebbe gran che.»

      Testa di Pietra si volse verso i due assiani e disse loro:

      «Voi tornate nel magazzino a tenere compagnia al signor Riberac.Riberac, e badate soprattutto che non cerchi di prendere il largo. Quell’uomo non è franco e forse ha conosciuto Davis. Non dite nulla del passaggio per ora.»

      «Ja, patre,» risposero i due tedeschi girando sui talloni con una mossa tutta militaresca.

      Testa di Pietra impugnò ben salda l’ascia colla destra, strinse colla sinistra il grosso fanale e si slanciò dietro le orme che erano profondamente impresse sul terreno inzuppato di acqua.

      Pioveva a dirotto e dalla parte del lago si udiva la risacca muggire fortemente. Un vento freddo scendeva dal settentrione, ululando sotto gli alti abeti e sfrondando i rami.

      «Bella notte per cacciare un uomo,» disse Testa di Pietra il quale, di quando in quando, si curvava per osservare le orme del fuggiasco. «Certamente si starebbe meglio dinanzi al fuoco tracannando una bottiglia di quell’ottimo gin ed a fumare la pipa, ma quell’uomo assolutamente mi occorre e lo seguirò finché si sarà fermato. I bretoni, anche marinai se hanno teste dure, hanno buone gambe che non si atrofizzano sui ponti delle navi.»

      Camminavano lesti, guardando attentamente sotto i grandi alberi che le raffiche di quando in quando scotevano con estrema violenza, pronti a piombare sul fuggiasco, sicurissimi che non dovesse avere un notevole vantaggio.

      «Sotto, sotto, Piccolo Flocco,» diceva Testa di Pietra. «Vedrai che noi lo prenderemo.»

      «E dove ci condurrà?»

      «Anche all’inferno noi andremo a prenderlo e… oh!…»

      Aveva alzato il fanale e l’ascia, e fissava il tronco d’un grosso pino nero di dimensioni enormi. Non era un colosso tale da gareggiare coi pini della California, tuttavia era sempre un vero gigante.

      «Ehi, Piccolo Flocco!…» gridò. «Non ti pare di vedere un buco od una spaccatura alla base di questa pianta?»

      «È così vasta, quell’entrata, da permettere anche ad un orso di rifugiarsi dentro quel pino che la malattia ha vuotato forse in buona parte.»

      «Che cosa mi parli di orsi?»

      «Se avessimo inseguito una bestia a quattro gambe?»

      «Sì, che portava scarponi armati di chiodi,» disse il vecchio bretone. «Dentro quel pino ci dev’essere una specie di caverna che noi non trascureremo di visitare. Aspetta un po’».

      Si abbassò e proiettò sul terreno i raggi del grosso fanale. Un grido di trionfo gli uscì dalle labbra.

      «Ecco qui le orme che si dirigono appunto verso quel pino. Il mariolo si è nascosto là dentro e non ci sfuggirà più.»

      «Che sia armato di fucile?»

      «Con questa pioggia non gli servirebbe. Se ha qualche ascia lo ridurremo subito all’impotenza.

      «Sii prudente, Testa di Pietra.»

      «Questo non è il momento di esserlo. Io voglio acciuffare quell’uomo, poiché non si tratta di un orso. Che fortuna che ha avuto a trovare quel rifugio! Non creda però di sfuggirci.»

      Alzò nuovamente la lampada e lanciò il fascio di luce in direzione della spaccatura. Il pino, come tanti suoi confratelli, si era aperto verso la base ed assai largamente, divorato dalle carie. le quali, a poco a poco, finiscono per vuotare quasi completamente quei grandi vegetali. Dinanzi allo squarcio si allungava una massa poltigliosa che sprigionava un acuto odore di resina.

      «Per la taverna delle <Trenta Corna di Bisonte>!…» sussurrò l’eterno chiacchierone. «L’amico si è trovato un ottimo rifugio contro la pioggia ed il freddo. Doveva capitargli, nella sua fuga, anche questa fortuna, ma non durerà molto poiché ora ci siamo noi.»

      Fece alcuni passi in avanti e, giunto dinanzi allo squarcio, si mise a gridare:

      «Ehi, quel signore che fugge senza augurare la buonanotte agli abitanti del fortino vorrebbe mostrare il muso?»

      Nessuno rispose.

      «Allora vi verremo a prendere,» continuò Testa di Pietra. «Intanto vi avverto che siamo formidabilmente armati e che siamo uomini da non spaventarci per un corpo a corpo all’arma bianca. Volete rispondere?»

      Lo scrosciare violentissimo della pioggia solamente rispose. Dall’interno del pino non era uscito alcun suono che rassomigliasse ad una voce umana.

      «Testa di Pietra,» disse Piccolo Flocco. «che abbiamo preso un grosso granchio?»

      «No, perché il granchio si trova proprio lì dentro.»

      «Allora sarà occupato a sorbire il caffè giacché tu ammetti che si tratta veramente d’un uomo.»

      «Ha paura.»

      Una voce rauca, furiosa, questa volta echeggiò nell’interno del pino.

      «Io aver paura!…»

      «Ah!… Finalmente, birbante, ti sei deciso ad aprire la bocca. Ma non ti pare, Piccolo Flocco, d’aver già udito quella voce?»

      «Sì, sulla fusta,» rispose il giovane marinaio. «Quello che stiamo per prendere deve essere uno dei tre canadesi. Ve n’era uno che parlava nel naso.»

      «Diavolo d’un diavolo!… Ora so con chi abbiamo a che fare.»

      «Con Jor, il luogotenente di Davis, è vero?»

      «Precisamente, Piccolo Flocco. Ecco una cattura importante e che ci spiegherà molte cose. Signor Jor, avete finito di vuotare la vostra tazza di caffè, se qualcuno ve l’avrà preparata?»

      «Andate all’inferno!…» rispose il canadese. «Badate che anche io sono armato e che non mi lascerò prendere così facilmente come sperate.»

      «Di pistole, di carabine, di sciabole d’arrembaggio e di asce?»

      «Basta, mastro Testa di Pietra.»

      «Ah, finalmente mi avete riconosciuto. Volete uscire?»

      «No: sto troppo bene qui dentro.»

      «Hai