Emilio Salgari

Straordinarie avventure di Testa di Pietra


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andiamo a bere una bottiglia di gin nel fortino del signor Riberac e ad asciugarci dinanzi ad un buon fuoco.»

      «Non mi ucciderete?»

      «Ci credi dei pellerossa?»

      «Io non mi fido di nessuno.»

      «Basta la parola di un bretone per tranquillizzarti? Porgi le mani.»

      «Mi volete legare anche?»

      «Ti libereremo quando saremo giunti al magazzino.»

      «Vi do la mia parola d’onore che non cercherò di sfuggirvi.»

      «Anche i banditi hanno un onore,» disse Testa di Pietra, ironicamente. «Come sono buffi!…»

      «L’avete finita?» urlò il canadese. «Io non sono mai stato un corsaro.»

      «Ehi, bell’uomo! i corsari hanno dell’onore da vendere a tutti perché combattono per la libertà dei popoli oppressi, e soprattutto sono leali. Non vuoi che ti leghiamo le mani? Sia pure, ti concediamo anche questo, ma tu camminerai dinanzi a noi.»

      «Se non so dove si trova quel magazzino!…»

      «Ti guideremo noi.»

      Prese l’ascia del canadese e la lanciò contro la parete con tale forza da affondarvi completamente la lama.

      «Sfido chiunque a levarla di là,» disse. «Su, Jor, coraggio, ormai sei preso, ma non dispero di mettere le mani, un giorno o l’altro, anche sulle spalle di Davis. Fra qualche ora l’alba spunterà e con gl’indiani che si sono già messi sul sentiero della guerra, non conviene farci vedere sotto questi boschi. Tu che sei canadese sai quanto sono crudeli gli Uroni e gli Algonchini e anche gli altri che fanno parte delle cinque nazioni dei laghi.»

      «Lo so,» brontolò Jor, alzandosi rapidamente. «Preferisco trovarmi vostro prigioniero piuttosto che venire preso da quelle belve che non risparmiano nessuno e che mandano all’altro mondo un disgraziato fra i più atroci supplizi.»

      «Sei deciso a seguirci? È già cessato di piovere, se non m’inganno.»

      «Sono a vostra disposizione,» rispose il canadese.

      «Adagio: apri prima la casacca. Potresti avere qualche pistola nascosta regalata dal generoso trafficante.»

      «Non ho che i pugni.»

      «Che valgono ben poco contro i miei in una partita di boxe.»

      «E poi, come vedete, sono ancora tutto inzuppato dell’acqua del lago. Un’arma da fuoco non sparerebbe.»

      «Fra poco ti asciugherai dinanzi ad un bel fuoco. La legna non manca nel fortino.»

      «Sono pronto a seguirvi,» disse il canadese, con i denti stretti. «Mi confesso vinto.»

      «Era tempo,» rispose il bretone. «Coraggio. Noi non ti vogliamo ammazzare anche se lo meriteresti. Piccolo Flocco, tieni d’occhio quest’uomo. Tu hai le gambe più agili delle mie.»

      Il canadese ebbe un’ultima esitazione, poi si decise. Ormai aveva compreso che ogni resistenza sarebbe stata vana e che avrebbe potuto finire tragicamente.

      «Eccomi,» disse.

      I tre uomini uscirono dalla caverna legnosa e si cacciarono sotto il bosco. Testa di Pietra illuminava la via col fanale.

      La grossa pioggia era cessata. tuttavia la tempesta infuriava sempre. montando dal lago e scaraventando attraverso i grandi pini nembi di nebbia freddissima prossima a congelarsi.

      «Io non so da qual parte andare,» disse il canadese. «Vi ho già detto che non conosco questo paese.»

      «Ti guiderà Piccolo Flocco,» disse il vecchio lupo di mare. «Non sarebbe veramente necessario, poiché tu sei uscito dal fortino del trafficante, checché tu ne dica.»

      «Storie.»

      «A te il fanale, Piccolo Flocco. Io guardo alle spalle quest’uomo con l’ascia alzata. Se cerca di fuggire lo accoppo!…»

      «Vi prometto di seguirvi docilmente,» disse il canadese. «Ormai sono nelle vostre mani.»

      «Conosci la via, Piccolo Flocco?»

      «Sì, mastro. Sono certo di giungere al fortino senza ingannarmi. Entreremo per il passaggio segreto?»

      «Certamente: di là siamo usciti e da quella parte vi rientreremo.»

      Poi mormorò: «Ed ora andiamo a fare i conti anche con quel caro signor Riberac.»

      4 – Il brigantino inglese

      Piccolo Flocco procedeva con precauzione per tema d’ingannarsi sulla vera direzione del magazzino che le tenebre, ancora foltissime, rendevano assolutamente invisibile, anche per l’uomo dallo sguardo più acuto.

      E poi vi erano mille ostacoli da superare ad ogni istante, perché il vento, mentre i tre uomini si affrettavano nella caverna, aveva abbattute molte piante che dovevano superare a fatica non trattandosi sempre di pini e di betulle di modeste dimensioni.

      Ruggiva intanto sul lago la bufera e si udivano le onde sfasciarsi rabbiosamente contro le scogliere.

      Le raffiche passavano ad intervalli al di sopra della foresta ululando cupamente e schiantando gran numero di rami.

      La pioggia ricominciava, a tratti, sfrondando le foglie poiché lasciava cadere dei goccioloni sconosciuti nei nostri climi.

      I tre uomini, investiti continuamente dal vento e dall’acqua, avevano percorso duecento metri, cercando sempre di orizzontarsi, quando verso il lago si udì rimbombare una cannonata.

      «Pezzo da ventotto!…» esclamò Testa di Pietra, il quale s’era subito fermato. «Il ventotto è un cannone inglese.»

      «Che qualche nave di Burgoyne sia già giunta?» chiese Piccolo Flocco.

      «È probabile,» rispose il vecchio bretone.

      «Qualche esploratore?»

      «Va a domandarlo al comandante che la guida.»

      «Che cerchi di approdare qui?»

      «Non vi sono ancoraggi per le navi qui, quindi sono tranquillo, per il momento.»

      «Perché per il momento?»

      «Perché se gl’inglesi sono già giunti, non so come faremo a recarci a Ticonderoga. Ci taglieranno la via dalla parte del lago e noi rimarremo sempre immobilizzati in mezzo a questi boschi con gl’indiani alle costole. Siamo però sempre i due bretoni della Tuonante, e in qualche modo ce la caveremo. A New York non tornerò certamente senza aver compiuta la mia missione. Bum!… Un’altra cannonata!… Che quella nave sia in pericolo? Speriamo che tocchi qualche scogliera come la nostra fusta e che si rompa.»

      «Tu che hai l’orecchio più esercitato del mio, dal rombo sapresti dirmi a quale distanza può trovarsi la nave?»

      «A sette od otto miglia per lo meno,» rispose Testa di Pietra. «Andiamo avanti e lasciamo che spari. Dobbiamo già essere presso il passaggio segreto.»

      «Sta quasi di fronte a noi,» rispose il giovane marinaio, il quale, pure parlando, non aveva cessato di camminare.

      «Affrettiamoci, siamo nuovamente inzuppati ed il vento è freddissimo.»

      Attraversarono una piccola macchia di betulle e giunsero dinanzi al passaggio.

      «Lo conosci, Jor?» chiese Testa di Pietra al canadese. «Tu devi essere uscito proprio di lì.»

      «Io non ho mai veduta questa galleria. Da quando sono approdato non ho fatto altro che aggirarmi sotto i boschi.».

      «Là, là!… Tu vuoi farci bere grosso, è vero? Sei abbastanza scaltro, ma noi non siamo degli stupidi. Vuoi che ti dica una cosa?»

      «Dite pure.»

      «Tu devi aver conosciuto il signor Riberac.»

      «Vi ho già detto di non aver mai udito questo nome,» rispose il canadese, il quale seguiva da presso Piccolo Flocco.

      «Lo sapremo fra