Edward Gibbon

Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 1


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secum legio debet ubique portare, ut in quovis loco fixerit castra, armatam faciat civitatem». Con queste enfatiche parole termina Vegezio il suo secondo libro, e la descrizione della legione.

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Per la Castrametazione dei Romani ved. Polibio l. VI con Giusto Lipsio, De militia romana; Giuseppe De bello Judaico l. III c. 5 Vegezio 1, 21, 25, III 9 e le Memorie di Guichard tom. I c. 1.

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Cicerone Tuscul. II 17 Giuseppe De bello Judaico l. III 5, Frontino IV 1.

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Vegezio I 9. Ved. le Memorie dell'Accademia delle iscrizioni, tom. XX p. 187.

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Queste evoluzioni sono mirabilmente spiegate da M. Guichard nelle sue Nuove memorie, tom. I p. 141, 234.

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Tacito Annal. IV. 5 ci ha dato uno stato delle legioni sotto Tiberio, e Dione lib. LV p. 794 sotto Alessandro Severo. Io ho procurato di prendere un giusto mezzo tra questi due periodi. Vedasi ancora Giusto Lipsio, De magnitudine romana l. I c. 4 5.

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I Romani procurarono di nasconder la loro ignoranza, ed il terrore sotto il velo di un religioso rispetto. V. Tacito, costumi dei Germani, c. 34.

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Plutarco, vita di M. Antonio; e ciò non ostante, se diamo fede ad Orosio, queste enormi cittadelle non si alzavano più di dieci piedi sull'acqua VI 19.

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Vedi Giusto Lipsio De magn. rom. l. I c. 5. Gli ultimi sedici capitoli di Vegezio hanno rapporto alla marina.

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Voltaire, Secolo di Luigi XIV c. 19. Non bisogna dimenticarsi per altro che la Francia si risente ancora di quello sforzo straordinario.

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Ved. Strabone l. II. È molto naturale di supporre che Aragona vien da Tarraconensis. Molti autori moderni, che hanno scritto in latino, si servono di queste due parole come sinonime. È certo per altro che l'Aragone, picciol fiume, che dai Pirenei cade nell'Ebro, dette da principio il suo nome a una provincia, e dipoi a un Regno. Ved. d'Anville, Geografia del medio evo, pag. 181.

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Si trovano 115 città nella Notizia della Gallia. Si sa che questo nome era dato non solamente alla Capitale, ma ancora al territorio intero di ciascheduno Stato. Plutarco ed Appiano fanno ascendere il numero delle tribù fino a tre o quattrocento.

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D'Anville, Notizia della Gallia antica.

88

Storia di Manchester scritta di Whitaker vol. 1 c. 3.

89

I Veneti d'Italia, benchè spesso confusi con i Galli, eran probabilmente Illirici di origine. Ved. M. Freret Memorie dell'Accademia delle Iscrizioni Tom. XVIII.

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Maffei Verona illustrata lib. I.

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Il primo contrapposto fu osservato anche dagli antichi (ved. Floro l. II.) il secondo salta agli occhi d'ogni viaggiatore moderno.

92

Plinio Stor. Nat. lib. III. Segue la division dell'Italia fatta da Augusto.

93

Tournefort, viaggio della Grecia, e dell'Asia minore, lettera XVIII.

94

Il nome d'Illiria originariamente apparteneva alle coste del mare Adriatico. I Romani lo estesero a poco a poco dalle Alpi fino al Ponto Eusino. Ved. Severini Pannonia, L. I. c. 3.

95

Un viaggiator veneziano, l'Abate Fortis, ha data recentemente una descrizione di queste oscure contrade. Ma la geografia e le antichità dell'Illiria occidentale non si possono sperare se non dalla munificenza dell'Imperatore che n'è il Sovrano.

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La Sava nasce vicino al confini dell'Istria. I Greci dei primi secoli la riguardavano come il ramo principale del Danubio.

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Ved. Il Periplo d'Arriano. Questo autore avea esaminate le coste del Ponto Eusino quando era governatore della Cappadocia.

98

Il progresso della religione è ben noto. L'uso delle lettere s'introdusse tra i Selvaggi dell'Europa quindici secoli circa avanti Gesù Cristo, e gli Europei le portarono in America quindici secoli dopo la sua nascita. L'alfabeto fenicio fu considerabilmente alterato in un periodo di tremila anni, passando per le mani dei Greci e dei Romani.

99

Dion. LXVIII. p. 1131.

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Secondo Tolomeo, Strabone e i geografi moderni, l'Istmo di Suez è il confine dell'Asia e dell'Affrica. Dionigi, Mela, Plinio, Sallustio, Irzio e Solino, stendendo i limiti dell'Asia sino al ramo occidentale del Nilo, o anche sino al gran Catabathmus, rinchiudono in questa parte del mondo non solo l'Egitto, ma ancora parte della Libia.

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La lunga estensione, l'altezza moderata, e il dolce declive del monte Atlante (ved. i viaggi di Shaw pag. 5) non si accordano con l'idea d'una montagna isolata, che nasconde la sua testa nelle nuvole, e par che sostenga il cielo. Il Picco di Teneriffa, al contrario, s'innalza più di 2200 tese sopra il livello del mare; e siccome era molto conosciuto dai Fenicj, ha forse dato luogo alle finzioni dei poeti greci. Ved. Buffon Stor. Nat. tom: I p. 312: Stor. dei viaggi, tom. II.

102

M. de Voltaire Tom. XIV p. 297 dà troppo generosamente le isole Canarie ai Romani. Non pare che mai ne sieno stati i padroni.

103

Quanto alla divisione degli stati moderni sono molto cangiate le cose dal tempo in che il Gibbon scriveva; ma siffatte differenze si possono agevolmente riconoscere da ogni lettore dotato di qualche coltura.

104

Bergier Stor. delle strade pubbliche l. III c. 1, 2, 3, 4, opera ripiena di ricerche utilissime.

105

Ved. la Descrizione del Globo di Templeman. Ma io non mi fido nè dell'erudizione nè delle carte di questo scrittore.

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Furono elevati tra Lahor e Deli, quasi in mezzo a queste due città. Le conquiste di Alessandro nell'Indostan non passarono il Puniab, paese irrigato dai cinque gran rami dell'Indo.

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Ved. M. de Guignes Stor. degli Unni, l. XV. XVI. XVII.

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Erodoto è tra gli antichi quegli, che abbia meglio descritta la vera indole del politeismo. Il miglior commento di ciò ch'egli ci ha lasciato sopra questo soggetto, si trova nella Storia Naturale della Religione di Hume; e Bossuet nella sua Storia Universale, ce ne presenta il contrasto più vivo. Si scorge nella condotta degli Egiziani alcune deboli tracce d'intolleranza (Ved. Giovenale Sat. XV.) Gli Ebrei ed i Cristiani che vissero sotto gl'Imperatori, formano una eccezione molto importante, anzi tanto importante, che a discuterla si richiederà un capitolo a parte in quest'opera.

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I diritti, la potenza, e le pretensioni del Sovrano dell'Olimpo sono chiarissimamente descritte nel XV libro dell'Iliade. Pope, senza accorgersene, ha perfezionata la Teologia di Omero.

110

Ved. per esempio Cesare de bello Gallico VI 17. Nel corso di uno o due secoli i Galli medesimi dettero alle loro divinità i nomi di Marte, di Mercurio, d'Apollo ec.

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L'ammirabile trattato di Cicerone sulla Natura degli Dei, è la miglior guida che seguir si possa in mezzo a quelle tenebre, ed in un abisso così profondo. Questo scrittore espone candidamente, e confuta sottilmente le opinioni dei filosofi.

112

Non pretendo assicurare che in quel secolo irreligioso, la superstizione avesse perduto il suo impero, e che i sogni, i presagi, le apparizioni ec. non più inspirasser terrore.

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Socrate, Epicuro, Cicerone, e Plutarco hanno sempre inculcato il più gran rispetto per la religione della lor patria e di tutto il genere umano. Epicuro ne dette egli stesso l'esempio e la sua devozione fu costante. Diog. Laerzio X 10.

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Polibio l. VI c. 53 54. Giovenale si lamenta Sat. XIII, che ai suoi tempi questo timore non faceva quasi più effetto.