e afferrò una mazza da baseball.
«Metti giù quella mazza!» gli ordinò Giuda irrigidendo il braccio armato, ma lui si voltò e continuò a parlare a Nicole come se non lo avesse sentito. «Vedi questa? E’ il gioco preferito di mio figlio, ha soltanto pochi mesi ma dovresti vedere come guarda le partite in televisione. Gli ho promesso che un giorno gli avrei insegnato a giocare, ma purtroppo non potrò farlo. Giuda mi ha detto che anche voi avete una bambina e che mi capisce, ma secondo me non è vero. Secondo me non può capire, perché non è mai stato costretto a scegliere» spiegò, intanto aveva ripreso a muoversi a scatti, nervosamente. «La Legge a volte è crudele... troppo crudele. A volte non possiamo limitarci a chiedere quello che ci spetta, dobbiamo lottare con tutte le nostre forze per prendercelo. Forse tra un po’ capirete quello che voglio dire, perché certe cose vanno provate di persona» annunciò sempre più eccitato, Nicole fece per correre via ma lui le sbarrò il passo con la mazza.
«Fermati!» gli ordinò nuovamente Giuda, lui rispose con un’alzata di spalle.
Nicole cominciò a strisciare lungo la parete per tenerlo alla larga, l’assassino prese a seguirla passo dopo passo come in un’assurda coreografia mentre suo marito li guardava atterrito, non riusciva a prendere una decisione. Non sapeva che cosa fare, avrebbe voluto sparare a quell’uomo ma temeva di colpire sua moglie. D’un tratto l’assassino si mise in posizione come un vero battitore, con le gambe divaricate e la mazza in posizione orizzontale all’altezza della spalla, allora Giuda lasciò cadere l’arma e gli si avventò addosso.
«Non farlo, non farlo!» gridò, ma l’assassino effettuò una mezza torsione del busto.
«Adesso capirete!» sentenziò, la mazza fendette rapidamente l’aria e colpì in pieno ventre Nicole, che cadde a terra senza fiato. Subito dopo lui alzò la mazza per colpirla di nuovo e l’altro lo caricò come un toro, lottarono rotolando sul pavimento finché Giuda riuscì ad assestargli un pugno nel fianco, nel punto esatto in cui aveva la macchia di sangue. L’assassino si accasciò con un gemito e lui si rialzò per soccorrere Nicole, convinto che il dolore avrebbe tenuto buono per un po’, ma l’assassino lo inseguì e gli sferrò da dietro un pugno alla tempia. La vista gli si sdoppiò, si voltò per reagire ma le sue braccia si fecero improvvisamente fiacche, il chip collegato alle sue ghiandole surrenali aveva cominciato a fare il suo dovere. Dapprima un vago senso di torpore si impadronì dei suoi muscoli, appena un istante dopo fu la volta del dolore. Giuda si irrigidì e andò giù disteso senza poter più muovere un solo dito, con la sensazione che tarli famelici dai denti affilati stessero nutrendosi della sua carne e delle sue ossa. Intanto l’assassino era corso in cucina, adesso stava tornando verso di lui ridendo come un ossesso mentre gli mostrava un coltello elettrico.
«Questo è solo l’inizio» ringhiò chinandosi su di lui, che era terrificato dal fatto di aver perso completamente il controllo del proprio corpo. Tentò di chiedere aiuto ma non riusciva neanche ad aprire la bocca, non riusciva quasi neanche a respirare. L’assassino gli affondò l’affilatissimo coltello nel torace fino a toccare le costole, dopodiché cominciò a scorrerlo in senso orizzontale.
«A volte non si può scegliere, ora lo capirete anche voi» ripeté ancora una volta, poi si disinteressò a lui e si alzò per tornare a dedicarsi a Nicole. Avanzò verso di lei puntando il coltello in direzione della sua pancia, aveva appena cominciato a calarlo quando il vetro di un lucernario andò in frantumi, attraversato da un proiettile. Schegge dai riflessi sfavillanti inondarono la stanza, una macchia rossa si allargò rapidamente sulla schiena dell’assassino togliendogli le forze. Giuda lo vide andar giù senza dire una sola parola, poi riuscì a guardare un’ultima volta Nicole, raggomitolata a terra con gli sporchi di orrore. Infine, tutto quanto si fece buio.
L’autoambulanza che trasportava Giuda e Nicole partì veloce in direzione dell’ospedale, i curiosi cominciarono a disperdersi pigramente. Erano ancora eccitati per quello spettacolo fuori programma, lievemente pensierosi perché stavolta il cattivo di turno aveva rischiato di vincere. Alcuni si allontanavano radunati in gruppetti e si raccontavano a vicenda i momenti più intensi di tutta la storia, scambiandosi opinioni e gesticolando come al termine di una partita di football.
Dopo aver pazientemente che il quartiere tornasse deserto e silenzioso, Sir Jonathan salì a bordo del furgone mortuario destinato a trasportare l’assassino e fece cenno all’autista di mettersi in movimento. Sedette accanto al corpo apparentemente privo di vita disteso sulla lettiga, aprì una borsa di cuoio e tirò fuori un apparecchio per monitorare le funzioni vitali. Ripose l’apparecchio e aspirò il contenuto di una boccetta con una siringa, sbottonò la camicia dell’assassino e gli praticò l’iniezione al petto, senza alcun garbo. L’uomo aprì gli occhi di scatto, come svegliandosi di soprassalto, subito dopo li socchiuse nel tentativo di mettere a fuoco. Si guardò più volte intorno, frastornato, per cercare di capire dove si trovava.
«Che orrore, stare sospeso così tra la vita e la morte è davvero un’esperienza allucinante. C’è una piccola parte di te che resta cosciente e si alimenta di paura, del terrore di non risvegliarsi più e restare per sempre in quello stato, come un vegetale» biascicò con voce impastata, poi i suoi occhi si rovesciarono a mostrare la parte bianca e lui ricadde in una specie di sonno artificiale. Dopo alcuni minuti si svegliò nuovamente e si mise seduto, si stiracchiò lungamente perché i muscoli gli si erano fastidiosamente irrigiditi.
«Se non dite niente significa,che è andato tutto secondo i piani» chiese all’Anziano, una velata luce di soddisfazione attraversò fulminea l’espressione di quest’ultimo.
«E’ stata una grandissima interpretazione» ammise questi battendo piano le mani in un dolce, signorile, applauso. «Lei ha sbagliato mestiere, anziché il dottore avrebbe dovuto fare l’attore! L’idea della macchia di sangue sul fianco in corrispondenza del chip, per giustificare il possesso della pistola, è stata semplicemente grandiosa. Addirittura geniale, direi! Sono dispiaciuto che non abbiamo potuto installare delle telecamere per registrare la sua performance, sono sicuro che rivedersi le sarebbe piaciuto molto. Ma non potevamo lasciare in giro un documento simile, sarebbe stato troppo pericoloso. Lei invece che cosa pensa?»
«Penso che due cadaveri sono troppi, e per poco non ce ne sono stati un terzo e un quarto» rispose il dottor Lorentz accigliandosi lievemente.
«Quelle morti non erano previste, si è trattato di uno sgradevole incidente. Avevo pensato che la pattuglia numero Sette sarebbe stata la più adatta: il Capopattuglia era a un passo dalla pensione, l’autista alle prime armi e il terzo era il meno ligio al dovere di tutto il Dipartimento di Polizia. Ero convinto che nessuno dei tre avrebbe avuto intenzione di rischiare, non avrei mai pensato che il vecchio Joe si sarebbe messo a fare l’eroe. Sono sinceramente rammaricato, ma purtroppo ormai è andata così e non possiamo farci niente. Le loro morti sono state necessarie, seppure inconsapevolmente quei due si sono sacrificati per la crociata più importante di tutta la storia dell’Umanità.»
«Può darsi che sia come dite voi, ma adesso quello con le mani sporche di sangue sono io... non ero preparato a uccidere» puntualizzò il dottor Lorentz.
«E che cosa ha provato nel farlo?» gli chiese allora a bruciapelo Sir Jonathan.
«...come dite, Eccellenza?» fece sorpreso il dottore, non era certo di aver capito bene la domanda.
«Sa benissimo cosa intendo! Voglio sapere quali emozioni ha provato uccidendo quell’uomo, che sensazione le ha dato togliere la vita a un altro essere umano» precisò l’Anziano, spogliandolo della sua ipocrisia. Lorentz si rivide con il laser in mano e rivisse il terrore negli occhi dei poliziotti, riassaporò per un istante il senso di onnipotenza che si era impadronito di lui subito dopo aver ucciso Joe e non ebbe il coraggio di rispondere.
«Dottor Lorentz, da adesso è l’unico responsabile del Settore Ibernati per quanto riguarda il Progetto Cielo. Finora ha svolto un lavoro magnifico, veda di non deludermi e avrà un futuro glorioso. Riceverà ulteriori istruzioni in seguito» annunciò Sir Jonathan, subito dopo bussò al vetro che li separava dalla cabina di guida, l’autista fermò il mezzo e lui si allontanò a piedi.
Jodie aprì la porta della camera d’ospedale e rimase impietrita