della mano e gridò:—A cavallo.—Tutti balzarono in sella, il drappello si riunì e riprese il suo cammino.
E poche ore dopo il piccolo morto ebbe i suoi onori di guerra.
Al tramontare del sole, tutta la linea degli avamposti italiani s'avanzava verso il nemico, e per lo stesso cammino stato percorso62 la mattina dal drappello di cavalleria, procedeva su due file un grosso battaglione di bersaglieri, il quale, pochi giorni innanzi, aveva valorosamente rigato di sangue il colle di San Martino. La notizia della morte del ragazzo era già corsa fra quei soldati prima che lasciassero gli accampamenti. Il sentiero, fiancheggiato da un rigagnolo, passava a pochi passi di distanza dalla casa. Quando i primi uffiziali del battaglione videro il piccolo cadavere disteso ai piedi del frassino e coperto dalla bandiera tricolore, lo salutarono con la sciabola; e uno di essi si chinò sopra la sponda del rigagnolo, ch'era tutta fiorita, strappò due fiori e glieli gettò. Allora tutti i bersaglieri, via via che passavano, strapparono dei fiori e li gettarono al morto. In pochi minuti il ragazzo fu coperto di fiori, e uffiziali e soldati gli mandavan tutti un saluto passando:—Bravo, piccolo lombardo!—Addio, ragazzo!—A te, biondino!—Evviva!—Gloria!—Addio!—Un uffiziale gli gettò la sua medaglia al valore, un altro andò a baciargli la fronte. E i fiori continuavano a piovergli sui piedi nudi, sul petto insanguinato, sul capo biondo. Ed egli se ne dormiva là nell'erba, ravvolto nella sua bandiera, col viso bianco e quasi sorridente, povero ragazzo, come se sentisse quei saluti, e fosse contento d'aver dato la vita per la sua Lombardia.
V.
SOTTO L'OMBRELLO
MANCAVANO ancora più di tre chilometri per arrivare alla villa quando cominciò a piovere.
La signora Susanna guardò in alto, allungò il braccio e ricevette le prime goccie sul dorso della mano e sulla faccia. Poi disse a suo nipote ch'era un ragazzo tra i quattordici e i quindici anni:—Ferruccio, va in due salti laggiù dalla63 vecchia Marta; ella avrà forse da prestarci un ombrello. Tu, Cecilia, resta qui.... Non faresti che inzaccherarti tutta.
In pari tempo la signora Susanna aperse il suo ombrellino e disse alla figliuola:—Finchè torna Ferruccio, vieni sotto anche tu. Non sarà un gran riparo, ma a qualche cosa servirà pure.—Però Cecilia rispose:—No, mamma, è inutile, in due non ci si sta.64
Ferruccio non tardò a ricomparire, seguito a pochi passi di distanza da una donna trafelata che teneva sotto il braccio un grande ombrellone rosso.
–Non sarebbe meglio che s'accomodassero da me per un quarto d'ora?—disse officiosamente la nuova arrivata.—Già questo tempaccio tanto non può durare.... Creda, signora, sarebbe meglio.... Se poi non vuole, eccole un ombrello.... Un ombrello da povera gente, ma non ho che questo.
–Grazie, Marta,—replicò con affabilità la signora Susanna.—Verrei da voi volontieri; ma è già tardi e il desinare ci aspetta. Accetto il vostro ombrello che vi farò avere più tardi. E grazie di nuovo.
Ferruccio e Cecilia ridevano fra di loro contemplando quell'ombrellone da curato che pareva dover proteggere sotto le sue ali un'intera famiglia.
–Tutti e tre a braccetto, tutti e tre a braccetto,—esclamò la ragazza battendo le mani.
–Nemmen per sogno,65 bimba che sei,—riprese la madre.—A te il mio parasole, Ferruccio terrà l'ombrellone e farà da cavaliere a me.
Queste disposizioni piacquero poco a' due cugini le cui facce si allungarono di alcuni centimetri. Ma la signora Susanna non se ne accorse, perchè in quel momento ella s'era voltata al rumore di una carrozza che si avvicinava.
Era la timonella del dottor Lonzi.
–Signora Mellini,—gridò il dottore fermando il cavallo e sporgendo la testa fuori del mantice alzato a metà,—vuol salire in timonella? Ho un posto disponibile.
–In verità,—rispose la signora Susanna,—se non credessi di farla deviare dal suo cammino, accetterei.
–Si figuri.... Passo anzi davanti alla sua villa. E in ogni caso.... Mi dispiace piuttosto di non potere offrire ospitalità a que' due signorini.
–I due signorini vanno a piedi,—disse Cecilia tutta contenta.
E restituendo alla madre l'ombrellino si ricoverò sotto l'ombrello rosso.
–Quella lì resterà una bimba sino all'estrema vecchiezza,—osservò la signora Susanna mentre, aiutata dal dottore, saliva in timonella. E continuò, rivolgendosi ai due ragazzi:—Mi raccomando di non far pazzie e di andar subito a casa. Ferruccio, tu sei il più giovine, ma sei anche il più savio. Abbi tu giudizio per tua cugina. Te l'affido.
Il dottore Lonzi scosse le redini sul collo al cavallo che si mise al trotto.
–Ha sentito?—disse con aria d'importanza Ferruccio.—È affidata a me. Dunque rispetto e soggezione.
–Oh!—esclamò Cecilia.—Che cavaliere formidabile! Con un buffetto lo getterei in fosso.
–Questa vorrei vederla,—replicò Ferruccio piccato.
–To', mi negheresti d'esser tre buone dita più basso di me?
–È una calunnia. Ci siamo forse misurati quest'autunno?
–Quest'autunno no, ma l'autunno passato.
–Qui sta il busillis.... In un anno io son cresciuto e tu no… almeno in altezza.
Quest'allusione alle curve nascenti di sua cugina parve a Ferruccio un'audacia immensa, ond'egli arrossi e chinò gli occhi a terra.
La ragazza rimase un momento in forse se doveva ridere o arrabbiarsi, e si contentò di borbottare fra i denti:—Sguaiato!
–Un altr'anno poi ce la conteremo,—soggiunse Ferruccio, lieto d'averla passata liscia.66
–A proposito di che ce la conteremo?
–Oh bella! A proposito della mia statura.
–Sicuro… diventerai il gigante Golia.... Ma andiamo, grullo, lo sai tenere o no quel famoso ombrello?
È innegabile che Ferruccio lo teneva piuttosto male, costretto com'era a camminare in punta di piedi per non parer meno alto della cugina. Per peggio tirava vento, e ogni tanto una raffica faceva piegare l'asta ora da una parte, ora dall'altra.
–Io faccio la doccia dal lato destro,—osservò Cecilia.
–E io dal lato sinistro.
–Vuoi lasciar provare a me?—disse la giovinetta.
–Lasciarti l'ombrello?
–Sì, per cinque minuti.
–Ma nemmen per sogno.
–Via, sii compiacente.
–Ti dico di no.
Ma Cecilia, ostinatella per indole, non voleva smettere e tentava di conquistare con la forza ciò ch'ella non poteva ottener colle buone.67 Tira di qua, tira di là, l'ombrello che non aveva le molle ben salde si chiuse a un tratto pigliando come in una trappola le teste dei due contendenti.
Quando poterono riaprirlo, Ferruccio aveva il cappello a sghimbescio e Cecilia era tutta arruffata; grondavano poi tutti e due come se fossero usciti allora da un bagno.
–Colpa tua,—gridò la ragazza.—Sgarbataccio!
–Ah colpa mia! Fosti tu che....
A questo punto però l'ilarità prese il sopravvento e i due cugini si guardarono in viso ridendo a più non posso.68
–Fu una bella capata.
–Eh, lo credo io. Debbo aver un bernoccolo sulla fronte.
–E anch'io qui....
–Povera