tra il 1820 e il 1840 si registrano in tutto 11 emigrati Cinesi negli Stati del Nord. Nel 1848 il numero sale a 2 milioni e aumenta ancora tragicamente a 14 milioni tra il 1853 e il 1873, ma questa volta… proprio per colpa degli Americani. Nell’ambito della prima vera Immigrazione si scoprì che i lavoratori Cinesi erano davvero una mano santa per l’economia Americana. Li si descrive come ” instancabili, senza pretese, e in grado di vivere con poco”. Contro un salario medio di 2 dollari i Cinesi erano in grado di sopravvivere…con 40 centesimi, la metà dei quali finiva alle loro famiglie in Patria. Altro punto a favore: il Cinese emigrava da solo, senza famiglia sul groppone e senza tanti grilli per il capo, dovendo risparmiare il più possibile. Inoltre i secoli di Dinastia Imperiale li aveva forgiati all’obbedienza completa e alla sottomissione piena nei confronti del Padrone. Insomma, lo schiavo perfetto. E l’America lo utilizzò appieno. Inizialmente i Cinesi formarono una comunità a parte che veniva usata per servizi di lavanderia o come operai non qualificati per la costruzione delle ferrovie. In seguito, dal 1848 al 1860, le Compagnie Minerarie cominciarono a richiederli golosamente perchè , a differenza degli altri, i Cinesi accettavano lavori ingrati e pericolosi e le loro misure..ridotte gli permettevano di infilarsi in cunicoli stretti dove poteva entrare solo un bambino. Piazzare cariche di dinamite o puntellare da dentro i pericolanti soffitti dei tunnel divenne quotidianità. Parecchi ci morivano, pazienza. Ma per questo era necessario averne altri, molti altri. E giacchè l’ondata di immigrazione sembrava ormai esaurita il Governo pensò bene di reclutarne un buon numero scendendo a patti direttamente con la Cina. Nel 1868 fu stilato quindi il Trattato di Burlingame, una delle manovre più subdole e odiose dell’America per procurarsi a scrocco manodopera. Sulla carta si legge che tale trattato sancisce il diritto inalienabile dell’uomo di cambiare casa e alleanza e il reciproco vantaggio della libera espansione e immigrazione dei loro cittadini per motivi di CURIOSITA’, COMMERCIO o come RESIDENTI PERMANENTI , garantendo loro altresì gli stessi diritti, privilegi e immunità degli altri residenti proteggendoli da atti di SFRUTTAMENTO, DISCRIMINAZIONE e VIOLENZA.
Uno dei lavori più umili in Cina era quello del portatore di risciò. Come vedete in questa foto si trattava di uomini giovani invecchiati prematuramente che si guadagnavano la vita facendo la parte del ” cavallo”. Straccioni, scalzi, con una scodella di riso al giorno accettavano in Cina di fare questo lavoro umile per necessità. I vicoli Cinesi, infatti, spesso erano stretti ,in puro stile medievale, e non permettevano l’ingresso ad un cavallo. Si utilizzavano quindi servi o schiavi che per 10 ore al giorno trasportavano di corsa i Signori da una parte all’altra della città. La maggior parte di loro moriva di infarto prima dei 35 anni.
In pratica si trattò di un vero e proprio commercio a cui la Cina, già obbligata dall’ Inghilterra a sopportare l’introduzione di oppio delle Indie nel proprio territorio, fu chiaramente costretta. Tutta l’ideologia plurimillenaria delI ’Imperialismo Cinese, infatti, si basa sul rifiuto dell’allargamento delle proprie frontiere allo straniero, a cui viene unicamente concesso di commerciare e viaggiare ( e non sempre) sul proprio territorio. L’idea di mischiarsi con l’Occidente, sia culturalmente che praticamente, era sempre stata impensabile per la Cina che aveva inoltre messo veti irremovibili alla emigrazione nazionale, preferendo sistemi di controllo demografico cruenti alla perdita regolamentata dei propri sudditi. Le motivazioni non erano solo politiche ed egemoniche ma costituzionalmente religiose: l’Occidente era considerato ricettacolo di perdizione e culturalmente arretrato per il Colosso che da sempre dominava l’Asia.
Fu quindi esclusivamente la debolezza interna e l’ingerenza Europea a spingerla a fimare tale trattato, che di fatto “svendeva” il proprio patrimonio di carne umana consegnandolo in mani nemiche. UN trattato che si professa bilaterale ma che in pratica costrinse milioni di Cinesi, con le buone o con le cattive, ad emigrare in America.
Dell’arruolamento coatto se ne occupò in primis la Cina, che stilò liste su liste dei “prescelti”; in seguito moltissimi furono ” rapiti ” o ” scomparvero”, probabilmente su commissione. Chiaramente si trattava di uomini giovani e in buona salute strappati alle loro famiglie che rimanevano in Patria come ” ostaggio ” , a garanzia della buona condotta dell’individuo. Una tacita minaccia che arrivava chiara alla mente degli immigrati e che spiega il perchè del loro comportamento servile e sottomesso.
Da ciò alla costituzione in America di una Mafia Cinese, che controllava i traffici umani su sommersa richiesta della stessa Cina, il passo è breve. Ritorcendole contro i mali subìti questa Mafia vi introdusse l’oppio , gli schiavi e la prostituzione arrivando infine a gestirli completamente a spese degli Stati Uniti. Un po’ come dire ” Chi la fa l’aspetti “. In definitiva ci rimisero tutti, nessuno escluso, anche se la pelle scuoiata fu sempre quella dei più deboli a cominciare dai poveri disgraziati ex contadini , costretti a lavorare 15 ore al giorno in condizioni disumane e a rimetterci la vita, e delle piccole schiave che a 7 anni iniziavano la loro povera esistenza di prostitute murate vive e che morivano prima dei 20.
Al di là di ogni previsione i Cinesi si mostrarono estremamente efficienti, al punto che nel 1880 le loro attività erano diffuse capillarmente e pungevano sul vivo l’economia Americana : il loro commercio era fiorente e, proprio come oggi, erano in grado di praticare prezzi decisamente concorrenziali. Gli oggetti Cinesi erano di moda, e così le loro spezie, gli abiti, i profumi. Grazie alla Mafia potevano vendere frutta e verdura, anche di oltreoceano, a prezzi irrisori e le loro abilità si allargavano ad ogni settore, dall’ artigianato alla manifattura e perfino al servizio privato. Ruppero le uova nel paniere anche ai circhi ambulanti, inventandosi acrobazie spettacolari poco riproponibili dai massicci atleti Americani, abituati inoltre ad utilizzare anche animali con spese nettamente superiori. Come operai erano impeccabili e non facevano comunella con quelle idee liberali che aleggiavano nell’ aria intorno al 1880, quelle mezze pretese di riduzione dell’orario di lavoro e di condizioni di vita più dignitose. Soprattutto costavano la metà e per questo lasciavano a spasso i loro colleghi Europei, con prole a carico, che digrignavano i denti e inveivano contro chi ” gli rubava il lavoro”.
La storia delle piccole schiave rapite alle famiglie, in genere contadine, per essere inviate in America e utilizzate come prostitute inizia nel 1865. Fu la Mafia Cinese, con accordi diretti col governo Cinese, a stabilirla e mantenerla in America al fine di evitare ” mescolanze” tra Cinesi e Americani. In seguito si estese anche agli yankiees, che potevano godere di una bambina Cinese in appositi retro-negozi per pochi spiccioli. A differenza dei connazionali maschi, che dopo una decina di anni di duro lavoro potevano tornare in patria, le schiave Cinesi morivano in America senza mai aver rivisto il sole. Vivevano in completa separazione con l’esterno, in celle isolate, accudite solo da una vecchia mammana che spesso le aiutava a partorire o a liberarsi dei numerosi figli illegittimi. Uscivano dalle loro celle solo da morte dopo essersi congiunte con migliaia di uomini. La mafia si liberava di loro facendole scivolare nottetempo nei fiumi o cementandole sotto terra. Qui una giovane donna di Honk Kong con abiti tradizionali nel 1860.
Ora, finchè questi mali riguardavano gli altri Emigranti, in genere Europei, nessuno aveva nulla dire; che si scannassero pure tra loro, il basso costo era una pacchia per i datori di lavoro.
Ma quando questo fenomeno esplose tra i commercianti e i lavoranti ” di pura razza Americana ” iniziarono i guai.
Dal 1850 i Cinesi si erano raccolti in un’area della vecchia Portsmouth Square, una delle prime a stabilirsi durante la febbre dell’oro. Lì avevano prima avviato attività indipendenti di lavanderia ( un lavoro ” sporco ” che nessuno all’ epoca, neppure la peggiore