ed empori atti a soddisfare le necessità quotidiane di una cittadina in crescita. In due anni l’area, prima denominata ” Piccola Canton ” si era allargata a dismisura e proponeva ben 33 negozi al dettaglio, 15 erboristerie/farmacie e cinque ristoranti . Tutta la zona Cinese era in pieno sviluppo ed era anche apprezzata dalle Autorità Locali, che spesso la lodavano pubblicamente presentandola come modello di solerzia e laboriosità. Forti del consenso i Cinesi mutarono il nome dell’area originaria in ChinaTown, e per molti di loro era quasi come sentirsi a casa. Per rallegrare le ore bollenti dei desperados in cerca di fortuna la comunità Cinese eresse anche un Teatro che ospitava compagnie ambulanti e ,gradualmente la piccola cittadina divenne un centro ricreativo con l’ambizione di diventare la nuova San Francisco. In realtà il nuovo nome fu coniato dalla stampa, a esemplificare un concetto abbastanza banale, ma in seguito l’America vide o volle vedere in questo gesto un atto di arroganza che rintuzzerà aspramente alla comunità Cinese. In pochi anni Chinatown crebbe, divenendo il simbolo di una città nella città e di un popolo che cresceva dentro un altro popolo. Dalle dodici case di legno affumicato dei primi anni rimase solo un ricordo: nel 1880 l’intera area era divenuta un quartiere elegante che ospitava 22.000 persone (praticamente solo uomini), con sale da gioco e case dell’oppio dove i ricchi Americani e gli innamorati afflitti potevano dimenticare le loro pene. Un mondo variopinto e colorato dove la ” cinesità ” era di moda, inducendo le famiglie borghesi Americane e anche Europee a concedersi il lusso delle porcellane e degli specchi Cinesi, delle loro spezie e perfino dei loro orpelli “amatori”- Insomma un crescendo evidente che insidiò nello stesso Governo degli Stati Uniti il terrore di un futuro capitalismo Cinese tale da far tremare quello Americano , mettendone in discussione anche la moralità dei costumi. Il ” pericolo giallo ” invase l’America, che viveva una situazione storica difficile all’indomani dei ribaltoni della Guerra di Secessione; la destabilizzazione economica del Sud , le correnti politiche che si alternavano, la fame di cambiamento e la smania di dominio assoluto sull’Europa produssero un effetto a catena sicuramente devastante. Gran parte della popolazione Americana aveva risentito negativamente delle conseguenze della ” restaurazione” del Sistema, che aveva condannato migliaia di famiglie alla fame. I commercianti chiudevano bottega e gli immigrati morivano al freddo delle strade o linciati dalla folla perchè sorpresi a rubare nei negozi. Le prigioni erano stracolme e la battaglia per la sopravvivenza prese il colore delle vecchie lotte di classe di stampo Europeo. Ciò che prosperava era la Mafia: Irlandese, in primis, che tuttavia funzionava ” ad integrazione ” di quella di Stato imponendo ai suoi ” protetti” l’obbligo di voto coatto alle elezioni e che supportava le attività clandestine Americane legate all’alcool e alla droga. In secundis quella Cinese, che tuttavia rimase ” fuori ” dallo Stato, rivolgendosi ai propri connazionali e operando esclusivamente secondo i dettami della ideologia Cinese, per cui il nemico va combattuto con le sue stesse armi lavorando indefessamente al solo fine, un giorno, di prenderne il posto.
Ecco una prima Chinatown nel 1860. Si trattava di poche case di legno, qualche emporio e poca roba legata alla quotidianità. Ma nel giro di soli 30 anni il quartiere cambiò completamente, divenendo un punto di riferimento per le notti folli dei ricchi Americani.
Il pericolo giallo era una diretta conseguenza del comportamento Americano, che aveva sfruttato i suoi schiavi fino al punto da esserne sopraffatto. A differenza dell’ Afro-Americano che per mentalità e cultura si era integrato col suo nemico cogliendone e utilizzandone i lati funzionali, il Cinese-Americano esprimeva unicamente la propria natura Imperialista, dominata dal senso del dovere, da quello dell’onore e da un esacerbato sentimento di riscatto. Adattandosi alle peggiori condizioni di vita egli aspirava al miglioramento della propria esistenza e a quella scalata sociale che gli avrebbe consentito di porsi allo stesso livello dei suoi padroni. Era un senso innato, conseguenza di millenni di storia che non potevano essere cancellati con la sola ” deportazione ” in un Paese straniero, ma che anzi veniva sublimato dalla forzata castità, dalla solitudine e dalle sopraffazioni sociali. Dietro quel sorrisino incancellabile il popolo Cinese nascondeva una tragica forza e una impressionante caparbietà. Il suo motto era: ” sopravvivere ad ogni costo, e prosperare “. Potrei stare qui a parlare per ore disquisendo della differenza tra intelligenza e furbizia senza mai venirne a capo. In realtà esistono dei comportamenti errati che, pur producendo un effettivo vantaggio a breve termine risultano poi dannosi e deleteri nel tempo. Se a ciò aggiungiamo una motivazione egoistica e delle modalità indifferenti al male che se ne procura otteniamo immancabilmente un danno ad effetto boomerang , che prima o poi ci si ritorcerà contro. Se infine la natura della nostra vittima non si concede a perdoni facili ecco che l’eco del nostro operato si allargherà a dismisura, con sicuri risultati distruttivi . Questo in parole povere fu il rapporto tra America e Immigrati Cinesi: ed ecco il motivo per cui, una volta compreso il possibile meccanismo causa- effetto, l’America intera gridò al ” pericolo giallo “.
Ed ecco la stessa Chinatown in quel di San Francisco nel 1906.
In quel bailamme che fu il triennio 1880-1882 trovare il capro espiatorio risultò abbastanza facile: com’ era prevedibile i Cinesi furono accusati di concorrenza sleale, furto di lavoro e rivalità sociale. Sulla scia di una prima Legge razziale del 1861 che proibiva agli Orientali malamente definiti tutti
” Cinesi ” o ” mongoli ” di sposarsi con bianchi ( cosa che comunque i Cinesi stessi aborrivano) ne furono promulgate altre che ne restringevano sempre più il campo dei diritti umani e giuridici. In barba al Civil Right Acts del 1866 che stabiliva che ” tutti i cittadini di ogni razza e colore nati in America godevano pienamente della cittadinanza Americana” i Legislatori esclusero dal diritto i Cinesi , appellandosi ad un sottile gioco giuridico per cui classificare un orientale secondo uno standard fisso non era possibile. La legge del 1875, infatti, definiva la differenza tra un ” bianco ed un Afro-Americano” concedendo ad essi e ai loro discendenti nati in America pari diritti. Non era tuttavia in grado di operare una separazione sostanziale tra ” bianco e giallo”, anche perchè gli Orientali presentavano cromaticità più eterogenee degli Africani e meno tratti somatici salienti. Si limitava a classificarli come ” non bianchi” e per questo escludibili dal diritto di cittadinanza. Quindi qualsiasi Cinese naturalizzato Americano rimaneva pur sempre uno straniero.
Non etichettabili morfologicamente come razza inferiore, in quanto mancanti di quelle caratteristiche che si riscontravano invece negli Afro-Americani, per i Cinesi fu creata ex- novo una sotto-razza rispolverando e manipolando addirittura i vecchi concetti Darwiniani. Nacque così la razza dei Coolies che accomunava non soltanto Cinesi e Mongoli ma anche Indiani ( dell’India) e molte altre etnie.
Già precedentemente altre leggi avevano limitato i diritti degli Asiatici in America, particolarmente dei Cinesi. Ad esempio nel 1858 la California aveva promulgato una Legge che vietava l’accesso delle carriere statali ai Cinesi. Sempre la California nel 1879 approvò una nuova Costituzione in base alla quale il Governo si arrogava il diritto assoluto di determinare i requisiti fondamentali per il soggiorno nello Stato: attaccandosi ancora una volta al cavillo della indeterminazione della razza negò il diritto di soggiorno ai Cinesi, estromettendo dal proprio territorio quelli già residenti. Ma precedentemente nel 1875 il Congresso