si dirigevano al porto seguendo il ben mantenuto sentiero che correva parallelo alla strada principale, Jessie osservò come fossero vestiti lei e Kyle confronto all’altra coppia. Persino Daughton, che aveva la pelle chiara del padre e i capelli scuri della madre, portava dei pantaloncini ben stirati e inamidati e una camicia con colletto. Kyle si era messo dei pantaloncini larghi e una maglietta e Jessie si era buttata addosso un arioso vestitino alla buona trovato all’ultimo minuto.
“Siete sicuri che siamo vestiti nel modo giusto per un brunch al vostro circolo?” chiese con apprensione a Mel.
“Oh, non ti preoccupare. Siete nostri ospiti. Le norme di dress-code non si applicano a voi. Solo i membri si beccano le frustate per abbigliamento inappropriato. E dato che Daughton è piccolo, lui al massimo si prende una leggera toccatina con un tizzone ardente.” Mel doveva aver visto l’espressione negli occhi di Jessie, perché le mise immediatamente una mano sul braccio e aggiunse: “Sto scherzando.”
Jessie sorrise nervosamente per la propria incapacità di lasciarsi andare. Proprio in quel momento Daughton le corse accanto con un impressionante “boom” che le fece fare un salto.
“Ha un sacco di energia,” disse, cercando di apparire colpita. “Mi piacerebbe poterne imbottigliare un po’.”
“Sì,” confermò Mel. “È un tipetto. Ma lo adoro. È buffo come le cose che danno fastidio agli altri siano così affascinanti quando si tratta di tuo figlio. Vedrai cosa intendo dire quando ti capiterà. Sempre che sia ciò che volete, s’intenda.”
“Sì,” disse Jessie. “È un po’ che ne parliamo. Ci sono solo stati degli… intoppi strada facendo. Ma speriamo che il cambio di scenario sia di aiuto.”
“Beh mi sento di metterti in guardia. L’argomento probabilmente salterà fuori spesso tra le donne che conoscerai oggi. Adorano parlare di bambini e tutto ciò che li riguarda. È facile che ti chiedano dei tuoi progetti al riguardo. Ma non essere in pensiero. Diciamo che è il genere di conversazione abituale da queste parti.”
“Grazie per la dritta,” disse Jessie mentre raggiungevano la fine del sentiero.
Si fermò un momento a guardare. Erano sul ciglio di una scogliera che si affacciava su Balboa Island e Promontory Bay. Oltre si trovava la Penisola di Balboa, l’ultimo pezzo di terra prima dell’Oceano Pacifico. La profonda acqua blu si estendeva a perdita d’occhio, fondendosi all’orizzonte con il più chiaro cielo ceruleo punteggiato di vaporose nuvole bianche. Era una vista da mozzare il fiato.
Più vicino Jessie vide il porticciolo, con barche che entravano e uscivano seguendo un tacito sistema che appariva decisamente più organizzato e affascinante dell’autostrada. Le persone, piccole come formiche da lassù, girovagavano attorno al complesso del molo tra i suoi tanti negozi e ristoranti. Pareva che ci fosse una sorta di mercato agricolo in corso.
Il sentiero si trasformava in un’enorme scalinata in pietra che scendeva fino al complesso. Nonostante il corrimano in legno da entrambi i lati, faceva un po’ paura.
“Il sentiero continua un centinaio di metri più avanti e conduce al porto,” disse Mel percependo la reticenza di Jessie. “Potremmo andare di là invece di fare i gradini, ma ci vogliono altri venti minuti e il panorama non è poi così bello.”
“No, va bene,” la rassicurò Jessie. “È solo che non sono stata costante con gli allenamenti di step, e ora me ne pento.”
“Le gambe fanno la bua solo all’inizio,” disse Daughton saltando davanti a lei e guidando il gruppo.
“Niente confronto ad essere svergognata da un poppante,” disse Jessie tentando di ridere.
Iniziarono a scendere la lunga rampa di scalini, Daughton per primo, seguito da Mel, Jessie e Kyle, con Teddy a chiudere la fila. Dopo un minuto Daughton aveva guadagnato un buon vantaggio su di loro e Mel corse per raggiungerlo. Jessie poteva sentire i due uomini che parlavano dietro di lei, senza però veramente cogliere cosa stessero dicendo. E con quegli insidiosi scalini non se la sentiva di girarsi per scoprirlo.
Quando furono più o meno a metà scalinata, vide una giovane ragazza che saliva le scale indossando solo un bikini e delle ciabattine infradito, con una borsa da spiaggia in spalla. Aveva i capelli ancora umidi per l’acqua e delle gocce di sudore le imperlavano la pelle nuda e abbronzata. Aveva delle curve impressionanti e il costume le conteneva appena. Pareva sul punto di poter esplodere fuori in certi punti. Jessie cercò di non fissarla mentre passava, e si chiese se Kyle stesse facendo lo stesso.
“Che culo, ragazzi,” sentì dire a Teddy pochi secondi dopo.
Jessie si irrigidì involontariamente, non solo per la volgarità, ma perché la ragazza era sicuramente tanto vicina da poter sentire lei stessa. Era tentata di girarsi e lanciargli un’occhiataccia, quando sentì la voce di Kyle.
“Vero?” disse, ridacchiando come un ragazzino.
Jessie si fermò di colpo. Quando Kyle la raggiunse, gli strinse il braccio. Anche Teddy si fermò con espressione stupita in volto.
“Vai avanti, Teddy,” disse lei con un sorriso plastico. “Ho solo bisogno del mio uomo per un secondo.”
Teddy guardò Kyle comprensivo e poi si allontanò senza un commento. Quando fu sicura di non essere sentita, Jessie si rivolse al marito.
“So che è un tuo amico delle superiori,” sussurrò, “ma pensi di poter fare a meno di comportarti come se fossi ancora un ragazzino a scuola?”
“Cosa?” le chiese lui sulla difensiva.
“Quella ragazza ha probabilmente sentito Teddy e il suo tono lascivo. E tu lo incoraggi pure? Non è carino.”
“Non è un cosa così grave, Jess,” insistette lui. “Ha solo fatto una battuta. Magari ne è anche rimasta lusingata.”
“E forse ne è rimasta terrorizzata. Ad ogni modo, preferirei che mio marito non desse rinforzo al meme della ‘donna come oggetto del sesso’. È una richiesta ragionevole?”
“Cavolo. È così che intendi reagire ogni volta che ci passa accanto una ragazza in costume da bagno?”
“Non lo so, Kyle. È così che intendi reagire tu?”
“Ehi voi, venite?” gridò Teddy dal fondo. I Carlisle erano una cinquantina abbondante di gradini più in basso.
“Arriviamo,” gridò Kyle prima di riabbassare la voce. “Cioè, se ti va ancora.”
Andò avanti prima che lei potesse rispondere, facendo i gradini due alla volta. Jessie si sforzò di fare un lungo e profondo respiro prima di seguirlo, sperando di poter espirare fuori tutta la sua frustrazione insieme all’aria che aveva nei polmoni.
Non abbiamo neanche traslocato del tutto, e lui sta iniziando a trasformarsi in quel genere di stronzo che ho tentato di evitare per tutta la mia vita.
Jessie cercò di ricordare a se stessa che un misero commento, per lo più sotto l’influenza di un amico dei tempi della scuola, non significava che suo marito fosse improvvisamente diventato uno zotico. Ma non riusciva a levarsi di dosso la scomoda sensazione che quello fosse solo l’inizio.
CAPITOLO TRE
Cinque minuti più tardi, con Jessie che ancora stava sbollendo in silenzio, entrarono nella lobby del Circolo Deseo, bisognosi della tanto agognata aria condizionata in una giornata che già era caldissima. Jessie si guardò attorno, studiando il posto. Non poté fare a meno di pensare che il nome, che secondo Teddy significava “Circolo dei desideri,” fosse un po’ esagerato, considerato ciò che aveva ora di fronte.
L’ingresso del club le era quasi sfuggito: una grande e vecchia porta in legno senza alcun segno distintivo, attaccata a una struttura dall’aspetto modesto nell’angolo più tranquillo del porto. La lobby stessa appariva ordinaria, con un semplice bancone dietro il quale si trovava, in quel momento, una bellissima ragazza castana sulla