scovava in cerca di risposte sulla scomparsa della sorella e del padre. Il fatto che sembrasse esattamente il tipo di caso in cui lei e Rhodes avrebbero potuto dare il meglio, non faceva che rendere il tutto ancora più perfetto.
“Fine...deve lasciare che i poliziotti facciano il proprio lavoro” proseguì Johnson. “E mentre loro fanno il loro, lei deve concentrarsi sul suo. Inoltre, se anche decidessi di chiudere un occhio e lasciarla andare a cercare sua sorella, non potrei mai permetterle di immischiarsi in un caso che non rientra nemmeno nella giurisdizione dell’FBI.”
“Ma potrei dare una mano.”
“Non ne dubito. E se per qualche motivo il caso finisce nelle mani dell’FBI, forse le lascerò persino supervisionare le indagini.”
“Ma signore...”
“Odio fare lo stronzo, Fine, ma si ricordi qual è il suo posto. Ha un lavoro e mi aspetto che lo svolga. Se vuole prendersi del tempo libero, prego. Sarò felice di concederglielo. Ma se poi scopro che sta indagando sul caso di sua sorella...”
Lasciò la frase in sospeso, lasciandole immaginare la conclusione. Sapeva che aveva ragione lui, ma era ancora irritata da quanto sembrasse incurante del fatto che la sorella di uno dei suoi agenti fosse scomparsa.
“Quindi ci sono due opzioni per lei, Fine. O si prende qualche giorno di permesso e aspetta che la polizia trovi delle risposte, oppure va a Baltimora con Rhodes e vede se ci riesce a trovare un assassino.”
Fu così che Chloe si sentì messa con le spalle al muro. Sapeva che, se si fosse presa un permesso, avrebbe finito per indagare sulla scomparsa della sorella. E, fino a quando non fosse diventata una faccenda di competenza del Bureau – sempre ammesso che così fosse – si sarebbe potuta mettere in seri problemi per aver interferito in un caso che non spettava all’FBI risolvere.
Oppure poteva tenersi occupata con il lavoro. Era una scelta facile da fare, anche se il suo cuore sembrava essersi fatto di piombo, a quel pensiero. “Voglio il caso” disse infine.
“Bene. Mi dispiace per lei, sul serio. Ma finirei nei guai esattamente quanto lei, se si lasciasse coinvolgere in quel caso.”
“Lo so, signore.”
Lui annuì e attese un istante, come per assicurarsi che Chloe non avesse nient’altro da dire in proposito. Chloe guardò Rhodes, notando che la sua partner era stata messa piuttosto a disagio dalla conversazione. Sembrava una bambina seduta sul divano che aspettava di vedere se il piccolo litigio tra mamma e papà sarebbe diventato qualcosa di serio.
“Come stavo dicendo” riprese Johnson. Due uomini morti in quattro giorni, entrambi sposati. Nessun indizio, nessuna pista... A parte il fatto che vivevano nella stessa zona, a non troppi chilometri di distanza l’uno dall’altro, credo.”
Mentre Johnson esponeva i dettagli del caso, che come al solito non erano molti, Chloe fece del suo meglio per concentrarsi, ma i suoi pensieri non si allontanarono mai da Danielle e da quello che forse stava passando. Immaginava che non sarebbe mai riuscita a non pensarci, indipendentemente dal tipo di caso che le veniva assegnato.
Chloe si ritrovò, non per la prima volta nella sua giovane carriera, profondamente angosciata che la sua famiglia sballata avrebbe messo a repentaglio il suo futuro in modi che sfuggivano al suo controllo.
CAPITOLO CINQUE
Dopo una notte insonne a casa, Chloe incontrò Rhodes nel parcheggio del Bureau la mattina seguente, e salirono insieme su un’auto di servizio. Partirono alle sei del mattino, in modo da evitare il terribile traffico della tangenziale. Chloe notò che Rhodes si sforzava di non sembrare troppo gasata – anche se non era riuscita a nasconderlo in modo discreto, con lunghe sorsate di caffè e fingendo di concentrarsi sulla guida.
“Tranquilla” disse Chloe. “Adesso ci siamo dentro insieme, quindi puoi chiedermi tutto quello che vuoi.” Si strinse nelle spalle mentre entrava in tangenziale per raggiungere il Maryland. “Credo che tu abbia colto il succo della questione, nell’ufficio di Johnson, ieri sera. Danielle è scomparsa. Non è davvero niente di così insolito...È così che ha trascorso la maggior parte della sua adolescenza e dei suoi vent’anni, andando e venendo ogni volta che le pareva. Ma questa volta è diverso, perché non ho nemmeno idea di dove si trovi mio padre.”
“Ha senso che t’immagini il peggio” disse Rhodes. “Considerato tutto ciò che hai passato nell’ultimo anno. Il che mi porta all’ovvia domanda: perché non ti sei presa qualche giorno di permesso?”
“Perché avrei finito per immischiarmi nel caso. Preferirei continuare ad avere un lavoro al Bureau lavorando attivamente su un caso e confidando che la polizia di Washington capisca dove si trova mia sorella, piuttosto che essere licenziata per non essere rimasta fuori dalle indagini durante i miei presunti giorni di permesso.”
“Insomma, sei fregata in ogni caso” sospirò Rhodes.
“Qualcosa del genere.”
“Ma, a rischio di farti incazzare, penso che Johnson abbia ragione. Se non è di competenza del Bureau, devi solo fidarti dei poliziotti.”
“Lo so. Ma è più difficile di quanto sembri, quando la persona scomparsa è tua sorella.”
“Non fingerò di sapere cosa si provi” disse Rhodes. L’emozione nella sua voce era sincera, era chiaro che lo pensasse davvero.
“Grazie, lo apprezzo” disse Chloe.
Quella conversazione, onestamente, non fece altro che turbare Chloe ancora di più. Tuttavia, le venne anche da chiedersi se stesse reagendo in modo eccessivo. Johnson aveva fatto sembrare che l’intera faccenda non fosse poi così grave, e ora ecco Rhodes che sembrava in pratica essere della stessa opinione.
Rimasero in silenzio per un po’, mentre Rhodes guidava verso nord. Poco prima di arrivare a Baltimora, iniziò a scendere una leggera pioggerellina. Riuscirono a entrare in città appena prima che il traffico mattutino invadesse le strade. Chloe esaminò le scarse informazioni in loro possesso, solo poche pagine fresche di stampa in una cartellina che Johnson aveva consegnato loro. L’indirizzo della vittima più recente era già stato inserito nel navigatore, un piccolo centro abitato a circa tre miglia dal centro di Baltimora.
“Fine, puoi promettermi una cosa?” chiese Rhodes mentre si avvicinavano a destinazione.
“Non faccio promesse” rispose Chloe. Voleva dirlo a mo’ di scherzo, ma le uscì in tono piuttosto duro. “Però posso fare del mio meglio per mantenere la mia parola.”
“Va bene, mi accontenterò. Voglio solo che tu sia sincera con me e mi dica quando i tuoi problemi famigliari iniziano ad essere troppo pesanti per te. Per una volta, vorrei che tu ed io riuscissimo ad arrivare sulla scena e risolvere un caso entro ventiquattr’ore. Senza complicazioni o battute d’arresto.”
“Sì, su quello posso darti la mia parola.”
Questo sembrò spezzare la tensione che aleggiava tra loro nell’abitacolo. Quando arrivarono nel quartiere, Chloe si sentiva quasi tornata normale. Pensava a Danielle ogni due secondi, certo, ma ricordava anche quanto Danielle fosse stata volubile in passato. Tenendo conto di quello, il fatto che fosse scomparsa non era poi così strano.
Vero, ma anche papà?
Allontanò quel pensiero, mentre Rhodes parcheggiava l’auto davanti a una casa a due piani che era essenzialmente la copia sputata di ogni altra abitazione sulla strada. Non che non fosse splendida. Era semplice ma in modo grandioso, come quelle che si vedevano in televisione, nelle trasmissioni di ristrutturazioni di case.
“Sei pronta?” fece Rhodes.
Chloe trattenne la risposta sarcastica che aveva sulla punta della lingua. Se Rhodes aveva intenzione di trattarla con i guanti per la situazione di Danielle, non era più così sicura che sarebbe riuscita ad affrontare quel caso.
“Prontissima” fu tutto ciò che disse uscendo dall’auto sotto la