cucina, quando Chloe e Rhodes entrarono in casa. Alzò lo sguardo dallo schermo dell’iPad che stava consultando, quindi lo mise da parte come a scusarsi e si alzò. Chloe diede una sbirciata allo schermo e vide che stava guardando le foto della scena del crimine proprio di quella casa.
“Ben Anderson” si presentò tendendo la mano.
“Agenti Fine e Rhodes” disse Chloe, stringendola. “È molto che aspetta?”
“Solo una decina di minuti. Naturalmente, sono già stato qui tre o quattro volte nelle ultime sedici ore, solo per cercare di farmi un’idea del posto.”
“Era sulla scena anche quando il corpo era ancora qui?” volle sapere Chloe.
“Sulla seconda scena sì.”
“Dove si trovava il corpo?” chiese Rhodes.
Anderson fece loro cenno di seguirlo, mentre afferrava l’iPad. Iniziò ad attraversare la cucina, aprendo una porta che conduceva fuori. “Qui fuori, nel portico sul retro...anche se non c’è molto da vedere.”
Uscirono sul portico posteriore. Chloe inizialmente non vide nulla di minimamente interessante. Era un bel portico che affacciava su un acro di rigogliosa vegetazione. Una griglia si trovava nell’angolo più lontano, protetta da un telone con impresso il logo dei Baltimore Ravens. I pochi mobili da giardino erano belli, ma niente di speciale – probabilmente erano stati acquistati da Wayfair o in un ipermercato Costco. Piovigginava ancora, e sul pavimento in legno si intravedevano minuscole goccioline d’acqua. Chloe notò una chiazza di sangue a forma di virgola sulle assi, della giusta misura per circondare parzialmente la testa di qualcuno.
“La vittima si chiamava Bo Luntz” disse Anderson. “Sua moglie, Sherry, lo ha scoperto rientrando dal lavoro. Era il loro anniversario. Lo ha trovato qui fuori, nel portico sul retro, sdraiato sul pavimento. Per un po’ è rimasta svenuta. Non si era nemmeno accorta che gli era stato infilato un calzino nero in bocca, quasi fino in gola. Dice di essersene resa conto solo vagamente, ma...era sotto shock, come è comprensibile.”
“Il sangue” disse Chloe, accucciandosi “Indica che non è stato solo strangolato. C’erano segni di colluttazione?”
“No. Niente mobili ribaltati, niente di insolito. L’unico elemento che abbiamo è il colpo che ha subito al cranio, proprio lungo la fronte.”
Detto questo, consegnò a Chloe l’iPad che aveva con sé. Aveva aperto una foto del cadavere. Chloe zoomò sulla fronte di Bo Luntz. C’era una netta rientranza e un livido che si andava formando. Dalla forma della cavità, pensava che potesse essere stata causata da qualcosa con un’estremità piatta, larga forse dodici o quindici centimetri.
“I lividi sembrano freschi” sottolineò Rhodes, guardando da sopra la spalla di Chloe. “Quando è stata scattata questa foto, quanto tempo era passato dal rinvenimento del corpo?”
“Circa un’ora, direi. E, in base a quello che ci ha detto la signora Luntz, il sangue era ancora umido quando ha trovato il corpo. Quindi pensiamo che sia stato ucciso al massimo una o due ore prima del suo ritorno a casa.”
“Nessuna impronta sul calzino in gola?” chiese Chloe.
“No. Lo stesso dentro casa. Nessun segno di effrazione...niente di niente.”
Rhodes iniziò a sfogliare i documenti che avevano ricevuto da Johnson, chinandosi in avanti per proteggere i fogli dalla pioggia col suo corpo. “Bo Luntz, cinquantadue anni, un figlio, impiegato della Mutual Telecom. Nessun precedente penale. Ha qualcosa da aggiungere, detective Anderson?”
“Stando a quanto è emerso dai colloqui preliminari con vicini di casa e amici, tutto quello che sappiamo è che era un uomo molto apprezzato. Era un vigile del fuoco volontario, e prendeva parte a iniziative benefiche ogni volta che poteva. Faceva da assistente allenatore per una squadra di football amatoriale. Ho sentito io stesso cinque persone e abbiamo almeno una dozzina di testimonianze in archivio. Quell’uomo era completamente pulito.”
Chloe annuì, ma aveva già sentito quella versione in numerose occasioni. Quasi tutti riuscivano a dare l’impressione di essere perfettamente puliti. Ma lei sapeva che bastava scavare un po’ per trovare crepe nella superficie, che spesso poi portavano alla scoperta di oscuri segreti.
“Nessuna idea del perché gli sia stato infilato un calzino in gola?” chiese Chloe.
“No, nessuna. Abbiamo controllato i suoi cassetti al piano di sopra, pensando che forse avremmo trovato l’altro calzino, ma non è stato così.”
“Detective, possiamo avere il nome e il numero del coroner che ha in custodia il corpo?”
“Certo” disse, prendendo il telefono e scorrendo tra i contatti per recuperare le informazioni.
“E della prima vittima che ci dice?” chiese Chloe.
“Il suo nome era Richard Wells. Viveva a una ventina di chilometri di distanza, a Eastbrook. Un quartiere abbastanza simile a questo. Se ne sta occupando la polizia di Eastbrook, ma conosco alcuni dettagli, se vi interessa.”
“Sì, grazie.”
“Praticamente è una copia di quanto accaduto qui. Wells è stato trovato morto nella sua camera da letto, con il cranio sfondato e un calzino nero in bocca. Dal punto di vista della personalità, però, i due erano molto diversi. Wells aveva divorziato l’anno scorso. Si dice a causa di un problema di alcolismo. Lavorava come appaltatore privato e i suoi pochi dipendenti sono gli unici da cui siamo riusciti a ottenere informazioni. L’ex-moglie è già fidanzata con un altro e vive a Rhode Island. Entrambi i genitori sono morti, non aveva fratelli...non c’è nessuno a cui poter porre domande più approfondite.”
“Quindi un vicolo cieco, in pratica?” chiese Rhodes.
“In pratica, sì” convenne Anderson.
Chloe tornò a osservare le assi che formavano il pavimento del portico. Studiò la macchia di sangue, incapace di togliersi dalla mente l’immagine del sangue che aveva visto sul bollitore del padre. Quell’immagine affondò i suoi artigli dentro di lei, e Chloe provò un gelo improvviso, come quando si lascia il tepore di una casa per uscire durante una tempesta di neve. E in quel momento, seppe con certezza che non sarebbe riuscita a liberarsene; la scomparsa di Danielle l’avrebbe assillata fino a quando non fosse riuscita a parlare con lei, a prescindere dal caso.
La cosa peggiore di tutte era che stava iniziando ad avercela con Danielle per tutto quello, preoccupata che la ragazza sbandata che era stata un tempo stesse riemergendo.
Se la trovo, forse posso impedirlo, pensò Chloe.
Era un’idea allettante, ma mentre continuava a guardare il sangue di Bo Luntz, realizzò che se si trattava di salvare sua sorella, era esattamente come salvare la vita di Luntz, ovvero troppo tardi.
***
Secondo l’esperienza di Chloe, i medici legali di solito si dividevano in due tipologie: silenziosi e a tratti scontrosi, oppure entusiasti e forse un po’ troppo zelanti nel loro lavoro. La donna che incontrarono nell’ufficio del coroner e che aveva avuto il compito di esaminare Bo Luntz apparteneva alla seconda tipologia. Si chiamava Gerda Holloway e sembrava uscita da uno di quei reality dove bisogna conquistare uno scapolo, piuttosto che qualcuno che si occupava di cadaveri. Persino Chloe, quando la donna andò loro incontro nell’atrio, dovette riconoscere quanto fosse bella, con i capelli raccolti in una coda di cavallo e gli occhi incorniciati da occhiali in stile da bibliotecaria.
“Agenti Rhodes e Fine” disse Rhodes dopo che Holloway si fu presentata.
“Venite. Il corpo è pronto, ma potete dare un’occhiata, prima che inizi ufficialmente l’autopsia.”
La seguirono fuori dall’atrio e lungo un corridoio. Quando giunsero nella sala esami dove si trovava il corpo di Luntz, Holloway tenne aperta la porta per loro con un sorriso, come se stesse organizzando una cena con gli amici, invece che prepararsi a esaminare il cadavere di una persona assassinata.
Entrarono