Блейк Пирс

Se lei temesse


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alle sette e quaranta del mattino, venti minuti prima dell’appuntamento con DeMarco sull’ultima scena del crimine. Pur trovandosi a circa un miglio dal lago, Estes era costruita in modo da farti sentire proprio sulla riva. Diavolo, la zona aveva caratteristiche che davano l’idea che dietro l’angolo invece di un lago ci fosse l’oceano. Le case erano tutte costiere in apparenza e lungo la via principale c’erano molti negozietti di souvenir che parevano arrivare dritti dalle spiagge del Delaware situate ottanta miglia a est. Dato che era presto, fece un salto a un baretto e ordinò un caffè dalla tostatura scura prima di recarsi sulla scena.

      Quando arrivò, con cinque minuti di anticipo, trovò già lì DeMarco. Aveva parcheggiato nel vialetto pavimentato, sorseggiava il suo caffè appoggiata contro a quella che chiaramente era un’auto del bureau. Sorrise e la salutò con la mano mentre questa le parcheggiava accanto.

      «Ehi» disse Kate smontando dalla macchina. «Scusa se ti ho rovinato la festa.»

      «Sarò sincera» disse DeMarco. «Sono stata contenta quando Duran mi ha chiamata per dirmi che mi stava mandando te.»

      «Il caso ti sta un po’ sfuggendo di mano?»

      «No, non proprio. Ma è il mio primo caso in solitaria e finora non salta fuori niente.» Alzò lo sguardo sul cielo e sorrise. «Lo so che è un semplice lago, ma ti sei mai accorta che persino il cielo sembra diverso vicino all’acqua?»

      «No, non me n’ero accorta» disse Kate guardando su. Capì che DeMarco stava semplicemente cercando di sorvolare sul fatto che, in sostanza, Duran aveva chiamato Kate perché lei non era stata capace di mandare avanti il caso da sola. Si chiese per quanto ancora DeMarco sarebbe riuscita a evitare di dirlo a voce alta.

      «Duran ti ha mandato i dossier?» chiese avviandosi verso la casa. Si trattava dell’imitazione di una casa al mare a due piani, un’altra delle abitazioni che sarebbero state perfette lungo la costa del Delaware. C’era un cartello VENDESI sul fondo del giardino, adornato dal viso sorridente di una bella donna. Il nome – Tamara Bateman – e il numero erano indicati sotto al suo profilo luminoso.

      «Sì, però ho pensato che sentirlo direttamente da te mi avrebbe fatto risparmiare tempo ed evitare un mal di testa.»

      «Pare abbastanza semplice» disse DeMarco. «Due omicidi a Estes a una settimana l’uno dall’altro. L’ultima vittima è quella bella signora che c’è lì.» Fece un cenno col capo all’indietro, verso il cartello.

      «Quando è stata uccisa?»

      «Due giorni fa. Io sono stata chiamata ieri, sono arrivata un po’ tardi per i miei gusti. Ho parlato con quelli dell’agenzia immobiliare, ma non sono stati molto utili. Alcuni erano sinceramente addolorati. Altri troppo spaventati per parlare con un’agente dell’FBI per paura di eventuali ripercussioni sulle vendite. Però mi hanno dato la chiave.»

      DeMarco pescò la chiave dalla tasca mentre salivano i gradini del portico. Aprì il portone ed entrarono. Kate scoprì che la casa era stata completamente svuotata – non c’era neanche un mobile. Si sentiva anche odore di pittura fresca e di una specie di lucido per pavimenti.

      «E lei è stata la seconda?» chiese chiudendosi la porta alle spalle.

      «Sì. Anche la prima era un’agente immobiliare, in una casa proprio come questa. La prima vittima però è stata uccisa in una casa più nuova. Di due anni circa, credo. La casa in cui ci troviamo adesso deve averne una quindicina.»

      «Qualcosa di interessante riguardo alla vita personale delle vittime?»

      «Ancora no. Ho fatto dei controlli dell’ambiente e ho avuto l’aiuto del dipartimento di polizia locale quando ho cercato precedenti di arresto. Non c’è nulla… solo qualche multa per eccesso di velocità e un’unica condanna per guida in stato di ebrezza. Nemmeno le famiglie sono d’aiuto. Ci è stato detto che erano donne eccezionali, che non avrebbero fatto del male a una mosca. Cose così.»

      Kate si guardò intorno. Sul pavimento, appena oltre l’ingresso, c’erano macchie di sangue. Un’alta rampa di scale partiva appena oltre l’entrata. C’erano strisciate di sangue rappreso sugli scalini di legno massiccio e una serie correva persino giù per il ciano della parete tra le scale e il soffitto. Le scale erano del tipo completamente visibile fino al primo piano, con un solo corrimano spesso a spezzare lo spazio tra gli scalini e l’aria aperta.

      Kate studiò lo schema e la scia di sangue e non riuscì a capire subito.

      «Bizzarro, eh?» disse DeMarco. «A quel che ho raccolto, Tamara Bateman è stata aggredita sulle scale o sul fondo. Dopodiché è stata trascinata all’indietro quasi fino alla cima della rampa. Poi apparentemente è stata rovesciata oltre la ringhiera con un cappio al collo. Salendo le scale e dando un’occhiata al terzo scalino dall’alto, si vedono una pozza di sangue e quelle che sono molto chiaramente fibre di corda.»

      «È stata impiccata?»

      «Sì. Così come la prima vittima. Solo che quella è stata appesa a una trave che attraversa orizzontalmente il soffitto del soggiorno.»

      «Le vittime lavoravano per la stessa agenzia?»

      «No. Agenzie diverse. Ma tutte e due le case erano state messe sul mercato di recente. Questo e il fatto che tutte e due le vittime sono agenti immobiliari donne sono i soli collegamenti che abbiamo. Dico i soli… però paiono più che sufficienti. Però, come dimostrato dal fatto che sei stata chiamata qui, sicuramente non lo sono.»

      «Eri già stata qui?»

      «Sì, ieri pomeriggio. Il corpo è rimasto qui per circa dodici ore prima che qualcuno si accorgesse di quello che era successo. Il ragazzo della Bateman ha chiamato la polizia per dar voce alla sua preoccupazione. È stata fatta una telefonata all’agenzia, loro hanno recuperato le proprietà di cui si stava occupando lei e voilà… l’hanno trovata impiccata alla ringhiera. Io sono arrivata circa otto ore dopo la rimozione del corpo. Da’ pure un’occhiata al posto. Giuro che non mi offendo. Ti recupero anche una copia del rapporto del coroner, però dice più o meno la stessa cosa che ti ho appena detto io. Quando una donna viene prima colpita alla testa e poi impiccata, di solito non c’è molto da aggiungere.»

      «Abusi sessuali da parte dell’assassino?»

      «Il rapporto non ne parla. Davvero… quel coso non è servito a niente.»

      Kate le fece un gran sorriso, anche se la situazione era proprio difficile. Le sembrava di pestarle i piedi a ficcare il naso dove forse non la si voleva. Inoltre si trattava del primo caso in cui lavoravano insieme a cui DeMarco era arrivata per prima – in cui l’autorità più o meno ce l’aveva lei.

      Salì le scale con cautela, tenendo lo sguardo abbassato per assicurarsi di non calpestare sangue, nemmeno rappreso. Trovò il gradino da cui l’assassino apparentemente aveva scagliato il corpo di sotto. C’era un’abrasione leggerissima sulla ringhiera lucidata finemente. C’erano colonnine decorative ogni quindici centimetri circa a collegare il corrimano agli scalini. La colonna lungo quel gradino in particolare aveva appiccicato qualche trefolo di quelli che sembravano sottili fili di iuta. Oppure, come indicato da DeMarco, di corda. Giaceva anche sull’orlo dello scalino, quasi come polvere.

      Kate scrutò oltre la ringhiera, verso il pavimento. Un salto di tre metri e mezzo abbondanti. Significava che probabilmente il cappio era cortissimo. E dunque c’era la possibilità che l’assassino lo avesse tenuto corto intenzionalmente – come se lo avesse programmato, sapendo già dove avrebbe impiccato Tamara Bateman e quanta corda gli servisse.

      «Hanno misurato il cappio?»

      «La corda era lunga due metri e quaranta» disse DeMarco. «Pare che sia stata acquistata di quella lunghezza, dato che non c’erano segni di tagli.»

      Kate era colpita. La lunghezza della corda probabilmente era irrilevante, ma restava un dettaglio necessario per un rapporto accurato e completo. Come si aspettava, DeMarco non aveva perso un colpo.

      Proseguì su per le scale fino al primo piano. DeMarco la seguiva, dimostrandosi rispettosa e dandole ampio