Stefano Vignaroli

Delitti Esoterici


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e l'esoterismo non c'entra nulla.»

      «In questo caso invece ci sono fondati elementi per pensare a una setta, anche se tutta la trama, che è iniziata parecchi anni fa, rimane buia. Non sono mai stati rinvenuti cadaveri, fino a quello di oggi e, in base a questo nuovo elemento, si può iniziare a pensare che anche le persone scomparse in precedenza siano state uccise, ma i delitti siano stati coperti, a suo tempo, in maniera impeccabile. Stanotte forse è accaduto qualcosa di imprevisto e l'assassino, o gli assassini, non sono riusciti a occultare il cadavere, come negli altri casi. Forse hanno tentato di dare alle fiamme il corpo della vittima, ma un cambiamento improvviso di vento, che da queste parti non è infrequente, ha scatenato un incendio non più controllabile. Consideriamo che è stata la stessa Aurora a chiamare i soccorsi, perché la sua abitazione era minacciata dall'incendio.»

      «Qual è il suo alibi? Sappiamo cosa ha raccontato?»

      «Ha detto di essere rientrata molto tardi, per essere stata a cena in un ristorante più a valle, e che, avvicinandosi alla sua dimora, ha avvistato la luce rossastra dell'incendio. Ha chiamato il 115 con il suo cellulare quando ancora era a un paio di chilometri da casa.»

      «Bene, faremo le opportune verifiche. Ma parlami delle persone scomparse in precedenza.»

      «Ci vorrebbe molto a raccontare il tutto nei dettagli. Cerco di riassumerti le cose in breve, poi avremo modo di vagliare tutto il materiale che ci è stato inviato dalla questura e dal tribunale. C'è un bel fascicolo da studiare, ed è già sulla tua scrivania. La prima persona di cui si sono perse le tracce è colei che abitava nella stessa casa di Aurora e che si faceva chiamare con lo stesso nome. Nel 1989 questa signora sessantenne, nota come chiromante, erborista, guaritrice, veggente, maga, decise di andare nelle montagne del Nepal per raggiungere un tempio nel quale avrebbe dovuto rigenerare il proprio spirito, il proprio corpo e la propria anima. Raggiunse Kathmandu insieme a una sua seguace, una giovane rumena, una certa Larìs Dracu. Le due donne assoldarono degli Sherpa, che le accompagnarono fino a un certo punto. Quando insistettero per andare verso una zona inesplorata, interdetta agli Sherpa per le loro credenze religiose, questi ultimi le lasciarono sole, dicendo che le avrebbero aspettate per tre giorni, dopo di che le avrebbero date per disperse. Non si seppe più nulla delle due, ma dopo qualche mese si presentò a Triora una ventenne che sosteneva di essere la nipote di Aurora. Appellandosi all'omonimia, si arrogò il diritto di prendere possesso dell'abitazione della nonna. Anche questa giovane Aurora sembrava avere poteri soprannaturali, ma ben più potenti di quelli della presunta ava. I pochi abitanti del posto, che avevano conosciuto Aurora in gioventù, non potevano che notare la straordinaria somiglianza della giovane con l'anziana scomparsa, tanto che molti si convinsero che la strega avesse trovato, nel suo viaggio in Nepal, un elisir di giovinezza e fosse riuscita a ringiovanire nell'aspetto fino a tornare ragazza. Ma, a parte questo, nei boschi intorno Triora iniziarono a verificarsi strani episodi. Si diceva in paese che, nelle notti di luna piena, le streghe avessero ricominciato a praticare i loro Sabba, indetti proprio dalla giovane Aurora. A parte i Sabba, molte erano le visite che riceveva Aurora nella sua abitazione. Oltre i postulanti che richiedevano rimedi a base di erbe per la cura dei malanni, o elisir di vario tipo per risolvere travagli amorosi, ogni tanto giungevano persone particolari, da lei ospitate come adepti di una setta esoterica, di cui ora non ricordo il nome. Questi soggetti, essenzialmente donne, raggiungevano il luogo al fine di attingere il sapere nell'antica biblioteca, che era stata sempre conservata con gelosia nella casa da Aurora dalle sue antenate, e via via arricchita dalle stesse nel corso dei secoli. Una di queste giovani donne, Mariella Carletti, detta La Rossa, nel 1997 partì da un paesino dell'Abruzzo, in cui era già nota come guaritrice e veggente, lasciando detto che avrebbe raggiunto Triora al fine di superare le ardue prove che le avrebbero consentito di diventare un'adepta del settimo livello, uno dei più elevati, e che sarebbe tornata con poteri che nessuno avrebbe mai immaginato. Non fece mai ritorno. A Triora, questa bella ragazza, alta, dai fluenti capelli rosso fuoco, gli occhi azzurro chiaro, la carnagione pallida e piena di efelidi, non passò inosservata. All'imbrunire del 21 giugno, data coincidente con il solstizio d'estate, si diresse nel bosco dove si diceva avessero luogo i Sabba, dopo di che scomparve. Un particolare interessante è che quella notte ci fu un principio di incendio, ma molto limitato. Sembra si fosse incendiato un camion in disuso da tempo, ma il fatto non riuscì a essere collegato in nessuna maniera alla scomparsa della ragazza. La carcassa bruciata del camion è ancora lì, non fu mai asportata. Il caso, a suo tempo, fu archiviato come opera di teppisti. Nel 2000, tre giornalisti, due uomini e una donna, di un noto mensile a tiratura nazionale che ha sede e redazione a Genova, vollero eseguire una loro piccola indagine sulla scomparsa della ragazza, avvenuta tre anni prima. Con la scusa di un reportage su streghe e stregonerie a Triora, si piazzarono con una tenda canadese proprio nel bosco dove si riunivano le streghe, in prossimità della Fonte della Noce, con la speranza di assistere a qualche rito satanico o cose del genere. Per qualche giorno raccolsero informazioni sul processo posto in atto contro le streghe di Triora sul finire del '500. Tentarono anche di ottenere un'intervista esclusiva con Aurora, che però non la concesse. La notte tra il 20 e il 21 Agosto i tre giornalisti scomparvero in circostanze misteriose. All'interno della tenda, trovata vuota la mattina seguente, furono trovati alcuni quaderni di appunti con il materiale raccolto. Tali quaderni vennero riconsegnati alla rivista che, in suffragio dei tre, pubblicò un articolo di ben otto pagine sulle streghe di Triora. L'ultima frase scritta sul quaderno di uno dei tre giornalisti era in stampatello maiuscolo a grandi caratteri e sottolineata: “MIO DIO!” Qualcosa o qualcuno l'aveva sicuramente spaventato a morte. Dei giornalisti scomparsi non si seppe più nulla.»

      Intanto avevamo oltrepassato Imperia, eravamo usciti dall'autostrada al casello Arma di Taggia e avevamo imboccato una strada provinciale che risaliva uno stupendo fondovalle, correndo parallela al corso di un fiume. Era la prima volta che vedevo luoghi che sarebbero poi divenuti familiari. Stavamo percorrendo la Valle Argentina, percorsa dal fiume omonimo, una stretta vallata con pochi insediamenti umani. Il verde dei boschi rigogliosi spiccava contro l'azzurro intenso del cielo limpido nella calda giornata di inizio Luglio e, dentro di me, si riaccendeva la vecchia passione per la montagna. Sognavo già di camminare sui sentieri che si addentravano in quei boschi. Risalimmo oltre un piccolo centro abitato, Molini di Triora, per giungere a Triora, un paese dalle fattezze medioevali, arroccato in cima a un cocuzzolo. Oltrepassato il centro, la strada ridiscendeva e, dopo poco, ci fermammo in uno spiazzo, dove erano parcheggiate un paio di auto della polizia, una jeep dei vigili del fuoco e una camionetta del corpo forestale attrezzata per lo spegnimento degli incendi boschivi.

      «Bene» dissi, «quello che mi hai detto è molto interessante ed effettivamente l'odore delle sette, oltre quello di bruciato, si avverte eccome! Si tratta ora di capire fino a che punto c'entri l'esoterismo e quanta invece sia la responsabilità degli adepti nella scomparsa delle persone che hai menzionato e nell'omicidio di questa notte, se si tratta di omicidio e non di semplice incidente.»

      «Caterina, mi raccomando, qui la prudenza non è mai troppa. A parte le streghe, potremmo trovarci di fronte a criminali senza scrupoli nel corso di questa indagine. Prendi la pistola e memorizziamo ognuno il numero del palmare dell'altro, così di poterci chiamare in caso di necessità. Andiamo!»

      Afferrai il palmare, ma lasciai la pistola nel cassetto portaoggetti dell'auto, in quanto ritenevo che in quel momento non ne avrei avuto alcun bisogno.

      CAPITOLO III

      Aurora Della Rosa

      Larìs non aveva paura di attraversare il ponte sospeso. Cercò con lo sguardo gli occhi azzurro verdi di Aurora, che le trasmisero tutta la forza e l'energia di cui aveva bisogno. Era poco tempo che la conosceva, ma si fidava di lei e dei suoi poteri esoterici.

      Larìs Dracu era originaria della Transilvania, una regione della Romania, che alla fine degli anni '80 era ancora governata da un dittatore comunista. Già a diciotto anni si era guadagnata la fama di strega anticomunista e, per non cadere nelle mani della polizia segreta del generale Ceausescu, con non poche difficoltà aveva raggiunto l'Italia. Si era spinta fino a un paesino della Liguria, dove sapeva vivesse un'adepta della sua stessa setta, che l'avrebbe aiutata e l'avrebbe guidata nella prosecuzione del suo cammino verso il livello più alto, quello oltre il settimo, quello della conoscenza universale. Quando giunse a casa di Aurora, il giorno