Stefano Vignaroli

Delitti Esoterici


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aspettando sulla soglia con la porta aperta. Non ne fu sorpresa, in quanto conosceva i poteri veggenti della maga. Si sentì osservare da lei con compiacimento. Larìs si presentava come una bellissima ragazza, dai capelli neri lucidi, tirati indietro e raccolti in un corto codino, gli occhi scuri, quasi neri, i lineamenti del viso delicati. Le linee sinuose del corpo lasciavano immaginare, sotto vestiti attillati, una perfezione di seni, glutei e gambe rari a vedersi. La maga le appariva come una sessantenne in ottima forma, dai capelli biondi leggermente striati di bianco, gli occhi che cangiavano colore dall'azzurro al verde, a seconda della luminosità dell'ambiente. Il suo corpo aveva ancora il vigore di una quarantenne e la sua pelle era liscia, tirata e non solcata da rughe evidenti. Il suo sguardo era magnetico e, quando i suoi occhi incontrarono quelli di Aurora, Larìs provò un forte impulso sessuale nei confronti della maga. Aurora pronunciò alcune parole in una lingua incomprensibile ai comuni mortali. Non si era espressa in lingua occitana, tipica di quella zona di confine tra l'Italia e la Francia, ma la giovane era stata in grado di capirla, per averla appresa da bambina, quando sua mamma l’aveva iniziata alle pratiche magiche ed esoteriche. Il Semants era l'antica lingua degli adepti, la cui origine si perdeva nella notte dei tempi, un idioma conosciuto già all'epoca dell'Egitto dei Faraoni da maghi e sciamani, ma che aveva origini anche più antiche. Larìs fu invitata da Aurora a entrare in casa e fu condotta in un salone quadrato. Una delle pareti del salone era occupata per intero da una specchiera, per cui si aveva l'impressione che la stanza fosse molto più ampia di quanto in realtà non era, mentre nelle altre tre pareti vi erano scaffalature, in cui trovavano posto molti libri e manoscritti e alcuni vasi di porcellana, del tipo di quelli usati in tempi andati nelle farmacie e nelle erboristerie.

      Larìs fu attratta soprattutto dal pavimento, in marmo lucidissimo di diversi colori, giallo, turchino, verde smeraldo. Con le piastrelle colorate, come fosse un mosaico, era stato realizzato il disegno di uno dei principali simboli esoterici, un pentacolo, una stella a cinque punte, inscritto in un cerchio, a sua volta inscritto nel perimetro quadrato della stanza.

      Il simbolo dello spirito, una specie di asterisco, disegnato sulla piastrella pentagonale centrale, delimitata dalle linee dalla cui unione prendeva origine la stella a cinque punte, indicava il centro esatto della stanza. In ognuno degli altri settori in cui il pavimento era diviso dalle linee e dagli archi di cerchio si potevano riconoscere alcune figure, ognuna legata alla simbologia esoterica: la luna crescente e la luna calante, la luna piena, la congiunzione del sole con la luna nell'eclissi parziale e nell'eclissi totale, e altri ancora. Larìs era allo stesso tempo affascinata e imbarazzata.

      «Nella casa in cui sono vissuta, in Transilvania, c'era un salone identico a questo» disse rivolgendosi ad Aurora nella stessa lingua in cui poco prima aveva parlato la maga. «La piastrella centrale indica il punto esatto in cui in passato è accaduto un evento importante, che sia esso un fatto meraviglioso o di estrema negatività. La mia mamma adottiva, Cornelia, raccontava che, in corrispondenza della mia dimora, tanti secoli or sono, un principe sceso dai Monti Carpazi, in una notte di luna piena, aveva amato una bellissima fanciulla e dall'accoppiamento era nata la bambina che avrebbe dato origine alla nostra progenie. Ma, a parte questa leggenda, sono anche a conoscenza del fatto che, provocando l'abbassamento della piastrella centrale, scatta un meccanismo di apertura di una sala segreta, nascosta dietro la specchiera. Cornelia sfilava dal collo una catena d'oro in cui era infilato un anello, dove era incastonata una pietra a forma di pentacolo, che si adattava alla perfezione a una serratura, nascosta dietro uno scaffale. Poi faceva abbassare la piastrella pentagonale, cosicché la specchiera si spostava e lasciava accesso alla stanza segreta. Lì erano conservati libri, manoscritti, pergamene, anche molto antichi, che le sue ave le avevano tramandato e che era il sapere a cui concedeva di avere accesso a coloro che aspiravano a divenire adepti del settimo livello.»

      «Da come parli, e da quello che percepisco con i miei poteri, so che tu hai già potuto prendere visione di quei documenti e possiedi, come me, i poteri e la sapienza del settimo livello, pertanto è inutile che apra a te la stanza segreta. Insieme, invece, potremo affrontare il cammino che ci porterà al livello più alto, quello del Sapere Universale.»

      Mentre parlava, Aurora aveva preso del tabacco da un prezioso contenitore di porcellana e lo aveva messo in due cartine, per arrotolarle con abilità a formare due sigarette. Ne offrì una a Larìs, poi accese un fiammifero, avvicinandolo prima alla sigaretta della giovane, poi alla sua.

      Aspirando un'ampia boccata di fumo, Larìs capì che al tabacco erano state aggiunte sostanze stupefacenti ed eccitanti, ma lei era già abituata a fumare quel tipo di miscela. Se non lo fosse stata, sarebbe caduta preda del volere della maga, come in un'ipnosi provocata sia dalla droga che dai poteri occulti di Aurora. La droga stimolò invece in lei il desiderio sessuale, si avvicinò ad Aurora e si lasciò baciare e carezzare. Spente le sigarette, le due si spogliarono e giacquero insieme sul nudo pavimento, fino a che Larìs raggiunse l'orgasmo.

      «Adesso che abbiamo unito i nostri corpi, uniremo le nostre menti e le nostre anime» disse Aurora alla ragazza ancora ansimante per il piacere provato. «Oggi è un giorno particolare, unico, e dobbiamo sfruttare i nostri poteri, uniti, per evocare lo spirito di Artemisia, la mia ava bruciata al rogo giusto quattro secoli fa.»

      Larìs seguiva incuriosita il discorso, mentre osservava che la luce che entrava dalla finestra stava diminuendo e già la luna piena era evidente nel cielo ancora azzurro del tardo pomeriggio.

      «Il 21 marzo 1589, quattrocento anni fa esatti, Artemisia fu legata al palo, conficcato nel terreno proprio lì, dove ora vedi la piastrella pentagonale contrassegnata dal simbolo dello spirito. Oggi è l'equinozio di primavera, la luna piena fra qualche ora verrà oscurata dall'ombra della terra in un'eclissi totale. É una congiunzione astrale molto rara a verificarsi. Notte ideale per un Sabba, ma non è questo che ci interessa. Tu sei arrivata qui in queste ore, perché io da sola non avrei avuto la forza di fare quello che stiamo per fare.»

      Prese delle forbici affilatissime e si tagliò accuratamente i biondi peli pubici, fino a rendere la zona genitale del tutto glabra. Li raccolse dentro un calice dorato e la stessa cosa fece poi con i peli pubici di Larìs, molto più scuri dei suoi. Quindi prese da alcuni contenitori delle erbe essiccate, compresa un po' di quella miscela che avevano fumato in precedenza, e amalgamò il tutto, aggiungendo dell'olio, dopo di che depose con cura il calice al di sopra della piastrella centrale. Preparò altre due sigarette, che avrebbero fumato, ancora nude, fino a raggiungere un certo grado di oblio, fin quasi alla trance. Intanto si era fatto buio e in cielo risplendeva il grande cerchio della luna, che lentamente veniva oscurato dall'ombra della Terra, in quel raro momento magico di allineamento dei tre corpi celesti. Nel momento in cui la luna fu completamente oscurata e la sua posizione era evidente solo come un alone rossastro, le due donne, nude, sedute sul pavimento unirono le mani e i piedi a formare un cerchio intorno e sopra il calice. Aurora pronunciò una formula magica: «Has Sagadà, Artemisia.»

      La finestra si spalancò, una saetta entrò nel salone e andò a incendiare il contenuto del calice. Si levò un fumo grigiastro, dal cattivo odore di carne bruciata, che ricordava l'odore della strega messa al rogo quattro secoli prima. Il fumo si modellò e prese le sembianze di una donna che, volteggiando e danzando, raggiunse Aurora e si fuse con il suo corpo. Adesso Aurora era Artemisia e Artemisia era Aurora. Larìs assisteva inerme a questo fenomeno. Quando l'ultimo filo di fumo scomparve assorbito dal corpo di Aurora e il contenuto del calice si fu dileguato del tutto, le due donne caddero in un sonno profondo ed ebbero la visone di ciò che era accaduto quattrocento anni prima. Aurora viveva la visione in prima persona, nei panni di Artemisia, mentre Larìs la viveva come spettatrice, mescolata alla folla che assisteva al supplizio della strega.

      Artemisia era legata al palo, sotto i suoi piedi erano state sistemate fascine derivanti dalla potatura degli olivi, e poi ciocchi più grossi di legna resinosa di pino e di abete. Il tutto era stato anche cosparso di olio per lampade. Agli altri quattro pali, che erano stati disposti a semicerchio dietro il suo, rispetto agli spettatori, erano state legate le sue quattro compagne: Viola, Emanuela, Alessandra e Teresa. Quest'ultima detta anche "il maschiaccio", in quanto era stata sorpresa più volte mentre giaceva con altre donne, era stata addirittura tacciata di essere un ermafrodita, persona