Toya l’aveva fatta infuriare. Come osava arrabbiarsi con lei o Shinbe per essersi baciati? Che senso aveva? Non gli importava niente di lei. Non amava nessuno, quindi perché si preoccupava di chi la baciava? Spalancò la porta della capanna e si lasciò cadere sul sacco a pelo, immersa nei suoi pensieri.
Toya entrò dopo di lei, «Sarà meglio che non vi veda baciarvi di nuovo!» ringhiò, sedendosi di fronte a lei e appoggiandosi al muro.
Kyoko lo fulminò con lo sguardo mentre le sue parole le rimbombavano nella mente. “Come osa?” pensò, e i suoi occhi color smeraldo iniziarono ad emanare scintille.
«Io bacio chi voglio e quando voglio!» ribatté alzandosi con rabbia, poi arrotolò il sacco a pelo, prese lo zaino e si diresse verso la porta.
Toya balzò in piedi per seguirla con aria affranta. «Dove credi di andare? Maledizione!». Non aveva intenzione di farla arrabbiare al punto da andarsene, gli dava solo fastidio che Shinbe l’avesse toccata.
Kyoko si fermò senza voltarsi, poggiando la mano sullo stipite della porta. «Toya…» si girò leggermente, allungò la mano e, sorridendo, gli lanciò l’incantesimo addomesticante che lui tanto odiava, «Sta’ zitto!».
Toya cadde a terra imprecando, mentre Kyoko si allontanò passando accanto a Shinbe, diretta verso il santuario della vergine con l’intenzione di tornare a casa.
Shinbe era in piedi fuori dalla capanna, con un lieve sorriso sul volto. Aveva ascoltato le parole di Kyoko e il suo sorriso si allargò quando sentì Toya cadere a terra. Lei non lo aveva visto mentre usciva, così la seguì nella foresta.
Capitolo 4 “Non andare”
Arrivata al giardino del Cuore del Tempo, Kyoko si sedette sull’erba di fronte alla statua della fanciulla, guardandola in viso. Era consapevole di avere il suo stesso aspetto. Quelle sembianze appartenevano alla sua antenata, cui era dedicato il ricordo della statua. Se fossero vissute nella stessa era, avrebbero potuto essere gemelle.
Kyoko rammentò a se stessa perché si trovava lì e i suoi pensieri iniziarono a scontrarsi tra loro come se lei non ci fosse. “Toya è proprio un idiota!” si disse. Era appena tornata e lui non aveva fatto altro che rimproverarla. A volte lo odiava, sul serio… Ok, forse era una bugia.
Kyoko sospirò, “Non posso mentire a me stessa. Io amo Toya e, quando non c’è nessuno… spesso dimostra di ricambiare il mio amore.”. Socchiuse gli occhi pensierosa e aggiunse: “Ma poi finisce sempre per rovinare tutto.”.
Sarebbe andata a casa e forse non sarebbe tornata mai più. Si alzò di scatto, intenzionata a poggiare le mani su quelle della statua che l’avrebbe riportata a casa.
“Ma poi non rivedrei più Shinbe.”. Spalancò gli occhi e la sua mente gridò: “Provi qualcosa per lui!”. “È assurdo.” si disse, “Provo qualcosa soltanto perché l’ho sognato, non significa niente.”.
Si scostò dalla statua, abbassando le mani con esitazione e tornò a sedersi, appoggiandosi a una pietra fredda. “E se anche lui provasse qualcosa per me? Se il bacio fosse andato oltre, lo avrebbe ricambiato? Ma a lui piace giocare… bacerebbe qualsiasi donna. Però ha preso le mie difese con Toya… Sì, solo perché si sentiva minacciato, e poi lui è fatto così.”.
Una voce la destò dai suoi pensieri confusi: «Kyoko.», era la voce roca di Shinbe. Lei alzò la testa e arrossì, come se lui avesse sentito i suoi pensieri.
«Ehi, ciao.» disse, distogliendo lo sguardo nella speranza di nascondere il proprio rossore.
«Stai andando a casa?» le chiese lui avvicinandosi, «Non posso biasimarti, visto il comportamento di Toya.». Si chinò e le tese una mano per aiutarla a rialzarsi. Kyoko accettò l’aiuto e si alzò, scrollandosi la polvere dalla gonna. «Certe volte non lo sopporto. Io… mi dispiace davvero per tutti i problemi che ti ho causato.» disse, avvicinandosi alla statua.
Shinbe non voleva che Kyoko se ne andasse, ma sapeva che non nessuno poteva fermarla se aveva deciso così. Sapeva anche che le dava fastidio quando Toya le chiedeva di non andarsene, perciò non le avrebbe dato motivo di arrabbiarsi con lui. Anche se, in realtà, si sentiva come Toya… non voleva che se ne andasse.
Trattenendo i suoi veri sentimenti, cercò di tirarle su il morale. «Non preoccuparti, puoi causarmi tutti i problemi che vuoi, quando vuoi.» le disse, sorridendo e allungando la mano verso di lei.
Kyoko la sfiorò e gli rivolse un sorriso smagliante, poi svanì.
Shinbe rimase a fissare la statua mentre il proprio sorriso svaniva. Avrebbe voluto chiederle di non andare via. In realtà non aveva intenzione di palparla, aveva finto per farla sentire a suo agio e per farle capire che era tutto ok. Sapeva che era arrabbiata e voleva soltanto vederla sorridere, o che almeno mostrasse altre emozioni oltre a tristezza e rabbia. Il suo piano aveva funzionato meglio di quanto pensasse perché lei gli aveva sorriso.
Shinbe distolse lo sguardo dalla statua. Odiava il fatto che il portale del tempo fosse in grado di portargliela via, avrebbe voluto seguirla nel suo mondo almeno per una volta. I suoi occhi s’incupirono e si socchiusero al pensiero che Toya, invece, potesse seguirla attraverso il portale. Perché era stato scelto soltanto lui per farlo? Non era giusto, lui non era l’unico guardiano.
Quando Kyoko si trovò dall’altra parte del portale, si distese nel tempio e appoggiò la testa sullo zaino, chiudendo gli occhi. Non voleva vedere nessuno in quel momento.
Le immagini di Shinbe che faceva l’amore con lei continuavano a balenarle nella mente. Perché aveva fatto quel sogno? Le faceva quasi desiderare di… “A cosa sto pensando?” si chiese mentalmente, doveva smetterla. Shinbe e Suki si piacevano a vicenda, anche se non volevano ammetterlo, e poi, lui ci provava con tutte. È fatto così.
Kyoko si alzò lentamente, uscì dal tempio che proteggeva la statua della vergine e pensò tra sé: “Adesso vado in camera mia e mi metto a studiare. Sì, domani andrò a scuola e si sistemerà tutto. Magari chiamo i miei amici e andrò in giro con loro.”. Poi si fermò e disse ad alta voce: «Nuova regola, niente frutta quando esci.».
Toya stava ancora combattendo con la propria gelosia mentre camminava lentamente verso il santuario. Aveva intenzione di seguire Kyoko per un chiarimento, non poteva sopportare l’idea che fosse arrabbiata con lui.
I suoi sensi si acuirono, facendogli capire che non era da solo. Alzò lo sguardo e vide Shinbe, appoggiato a una delle rovine che appartenevano all’antico castello. Aveva le mani in tasca e il bastone poggiato sulle gambe, e aveva gli occhi chiusi come se stesse dormendo.
«Svegliati, stupido pervertito!» gridò Toya, più irritato di prima.
Shinbe aprì gli occhi assonnati, poi li richiuse e ribatté: «Che cosa vuoi?».
Toya ringhiò: «Cosa voglio? Voglio sapere che diavolo ci fai qui!».
Shinbe riaprì gli occhi e lo guardò con un sopracciglio alzato, «È vietato riposare?».
Toya restrinse lo sguardo, «Da quand’è che arrivi fin qui per riposare?».
Shinbe si alzò lentamente, preparandosi ad ogni evenienza perché sapeva che Toya era molto più forte. Ma sapeva anche di non essere debole come suo fratello credeva, i loro erano solo poteri diversi.
«Ero venuto a salutare Kyoko. Per il modo in cui l’hai trattata, saremo fortunati se torna. E comunque, che sta succedendo in quel tuo cervello da microbo?», la voce calma di Shinbe nascondeva un accenno di agitazione.
Toya emise un lieve ringhio, quello che suo fratello aveva detto era vero. Forse aveva reagito in modo eccessivo ma, dopotutto, li aveva visti mentre si baciavano… Kyoko aveva baciato quel guardiano pervertito. Gli tornò in mente quella scena e la sua anima gridò: “No, è stato Shinbe a baciare Kyoko, non il contrario!”.
Si voltò di spalle e rispose: «Non so che intenzioni hai, ma se tocchi di nuovo Kyoko… ti ammazzo!». Detto questo, schizzò via lasciando una piuma d’argento nella brezza.
Shinbe sospirò e si sedette di nuovo, quando sentì la risata di Kamui in