è interessato alla musica o a qualcosa di simile?» chiede mentre torniamo a casa con la sua auto, non rispondo. «Non sono stupida, so di cosa si tratta e la carta regalo, so che non è per te.»
«Sì, è per lui. Qualche problema?»
«Sto solo cercando di essere gentile, non ho nessun problema.»
«Allora non cercare niente, tu ed io non siamo amiche e non lo saremo mai.»
Dopo aver scritto un biglietto di auguri, impacchetto il regalo di Jake e lo nascondo nel mio zaino, glielo darò domani in anticipo, in privato. È un regalo solo per lui, suo padre non sa che suona la chitarra. Credo sia meglio consegnarglielo senza spettatori.
«Buona sera, signora Johnson» saluto la mamma di Jake appena entro in casa sua e la vedo.
Mio padre mi ha sospeso la punizione. Urrà!
«Oh, Jocelyn! Come sei diventata grande, tesoro» si avvicina e mi abbraccia forte. «Mi dispiace tanto per tua madre, è stata una disgrazia, ma tu andrai avanti perché sei uguale a lei.»
«Io … sono contenta di rivederla» sento un nodo nello stomaco, così cambio argomento.
«Anch’io tesoro, non ho potuto essere a casa a causa del problema di mia madre, ma ora sta meglio e mi vedrai qui più spesso.»
«Bene. Mi fa piacere.»
«Ma entrate pure, venite in cucina, sto preparando la cena, Tu rimani, cara?»
«Mmm, devo tornare a casa presto, ma domani sarò qui presente» guardo il mio amico. «Sicuramente porterò un dolce.»
«Oh cara, non preoccuparti.»
«Lo farò io stessa, per Jake» aggiungo timidamente.
Sento che mi sta fissando, ma non mi giro per guardarlo. Dopo aver mangiato i sandwich che ci prepara sua madre, conversiamo un po’ con lei.
«Perché non andate di sopra a parlare delle vostre cose? Vi starò annoiando. È meglio che andiate in camera di Jake, è molto freddo per stare fuori e non voglio che ti ammali alla vigilia del tuo compleanno.»
«Sì, va bene» dice lui un po’ incerto. «Vuoi andare di sopra?» mi chiede.
«Dai, andiamo» rispondo con tono scherzoso.
La sua stanza non è come la ricordo, qui non c’è nessun giocattolo e le pareti sono state dipinte di blu al posto dell’azzurro brillante. Il suo letto è in ordine, ma la scrivania è un disastro. Mi osserva mentre mi guardo intorno, nessuno dei due dice nulla, finché i miei occhi si posano su un piccolo pannello di sughero con varie fotografie e voglio piangere e ridere allo stesso tempo.
«Le hai conservate» confermo a me stessa, più che a lui.
«Come non avrei potuto?» dichiara sedendosi sul letto.
Osservo la foto dove due bambini piccoli si abbracciano al parco, sorridendo come se mai nessuno li potesse separare. Ce ne sono altre con suo fratello, con sua madre e di noi due, all’asilo, alla scuola elementare, nella casa sull’albero. Queste foto le scattarono le nostre madri e le abbiamo entrambi. Pensavo che quando me sono andata le avesse dimenticate, ma sono qui e questo mi rende molto felice.
«Oh, oddio!» trovo qualcosa di inatteso «è vero avevi l’apparecchio ai denti!» esclamo sorridendo mentre cerca di togliermi la foto dalle mani.
«Non prendermi in giro. Cavolo! Non sapevo che saresti salita.»
«Ma se sei così carino» faccio la voce da bambina e sorride con le sue fossette.
«Va bene, prendimi pure in giro, posso sopportarlo.»
«Non ti sto prendendo in giro. Davvero mi sarebbe piaciuto essere qui e vederlo con i miei occhi.»
Restiamo a fissare il soffitto per un momento stesi sul suo letto, quando mi rendo conto che devo consegnargli il suo regalo.
«Va bene» mi alzo per prendere lo zaino. «So che hai detto che non vuoi regali, così questo non è un regalo, è un “mezzo” perché tu possa fare altre cose. Non serve a niente se non lo riempi.»
Tiro fuori il regalo e lo porgo a lui, che è paralizzato, senza sapere cosa dire.
«Grazie» dice infine, accettandolo. Ci sediamo di nuovo sul suo letto, uno di fronte all’altra.
Inizia ad aprirlo con un’attenzione esasperante. È solo carta regalo, rompila, penso. Finalmente ci riesce e lo osserva confuso.
«È un quaderno da musica» chiarisco.«Con fogli con il pentagramma. In bianco» continuo a spiegare dato che non mi risponde.
«So cos’è» sorride stupito. «Ma la musica io la suono soltanto, non la scrivo.»
«Non ancora …»
«Non sono un compositore.»
«Solo perché non ci hai ancora provato. Ti ho ascoltato e una sensibilità come la tua non può andare sprecata, inoltre sarà terapeutico, vedrai.»
«Tu sei la scrittrice, non io.»
«Provaci soltanto, se non ti piace non insisto.»
«Va bene» concede. «Ma di cosa devo scrivere?»
«Non lo so, di quello che vuoi. Se non sai cosa scrivere, potresti scrivere una canzone per me.» scherzo.
«Per te?» sorride incredulo.
«Sì, scrivimi una canzone. Se ci riesci vuol dire che sei davvero bravo. Pensaci.»
«Va bene, ci penserò. Ma se io scrivo, tu dovrai cantare.»
«Perfetto …» non posso rifiutare, cosa dovrei dirgli? Che non sono una cantante? E allora lui di nuovo potrebbe dire che non è uno scrittore, così accetto.
«E questa?» chiede estraendo una busta da in mezzo al quaderno.
«È qualcosa che ho scritto per te, ma leggila quando sarai da solo.»
«D’accordo» la rimette al suo posto. «Grazie, andiamo ti accompagnerò a casa.»
CAPITOLO 6
«Chiama a casa quando hai finito. È vicino ma non devi girare da sola con il buio» mi fa notare Elena, io la ignoro. Davvero mi sta dando dei consigli?
«Va bene, arrivederci» rispondo perché non voglio proprio che mi rovini la serata.
Scendo dall’auto e subito il freddo dell’imbrunire mi dà il benvenuto. O forse sono solo i miei nervi. Comunque, sono contenta di aver indossato i pantaloni e non un vestito. Jake mi aveva detto che era una cena informale, solo la sua famiglia e un paio di amici (Bryan ed io), aveva anche invitato Meryl, per cortesia suppongo, perché non erano molto in confidenza, ma lei aveva altri impegni con la sua famiglia.
Mi dirigo verso la porta d’ingresso osservando l’auto di Scott – una Mustang del 64 color nero – parcheggiata da una parte, il che significa che è venuto a fare gli auguri a suo fratello. Suono il campanello e subito vedo una figura che si avvicina distorta dal vetro della porta.
«Buona sera» saluta Scott con aria divertita, «e tu chi sei …? La ragazza di Jake?»
Aspetta. Cosa?
«Mmm … io …» Non mi lascia finire.
«Oh, per Dio! Sei Jocelyn. Allora è vero che sei tornata e non sei solo una fantasia di mio fratello» sorride tra sé.
Non ho idea di cosa significhino le sue parole, ma preferisco non chiedere.
«Sì, sono Jocelyn. Ciao Scott.»
«Ma entra pure, dammi questo, lo metterò in cucina» indica il dessert che ho tra le mani. «Jake è di sopra con Bryan, non ho idea di cosa stiano facendo lì, ma puoi andare a vedere. Io ho paura di quello che potrei vedere, così preferisco non farlo.»
Scott