sì, è cambiato, e molto. Mi sono persa tutta la sua scuola superiore, così posso capire perché mi risulta difficile associare la sua figura a quella che ricordo. È molto alto, senza dubbio più di un metro e ottanta, i capelli ben tagliati, di un castano più chiaro di quelli di Jake, ha un corpo definito, che qualunque ragazza vorrebbe vedere in spiaggia o suppongo anche in un altro posto. Sorride, e i suoi occhi chiari illuminano questo posto. Senza dubbio è molto bello, ma così diverso da Jake.
«Buona sera, signori Johnson» saluto appena entro in cucina, dove ci sono loro.
«Buona sera, cara» risponde la mamma di Jake, un po’ meno espansiva del giorno prima. «Grazie per il dessert, lo metterò in frigo.»
«Buona sera, Jocelyn. Vedo che davvero sei tornata. Resterai questa volta?»
“Ci risiamo”, penso. Perché tutti mi parlano con questo tono di sottile rimprovero. Non è stata colpa mia se me ne sono andata cinque anni fa. Se solo potessero evitare di ricordarmelo ogni minuto.
«Sì signore, Resterò qui per tutta la scuola superiore» annuncio.
«Mi dispiace molto per tua madre, ma sono contento che sei tornata. Sei una buona influenza per mio figlio, spero che continuerai ad esserlo. Il suo nuovo amico non mi piace granché.»
«Io … ci proverò, signore.»
«Perché non vai di sopra dai ragazzi, vi avvisiamo quando la cena è pronta» propone la signora Johnson.
Va bene, è strano, ma credo che il peggio ormai sia passato. Il papà di Jake mi rendeva nervosa e lo fa ancora. Come se potesse leggere la mia mente o vedere le mie intenzioni.
Quando arrivo davanti alla porta della stanza di Jake, dai rumori, capisco immediatamente cosa stanno facendo. Videogiochi. Non voglio interromperli, ma non voglio nemmeno tornare al piano di sotto.
«Jocelyn, non sapevo fossi arrivata» lui dice aprendo la porta.
«Sono qui» sorrido. «Ciao, Bryan» lo vedo oltre la spalla di Jake.
«Ciao, ragazza» Bryan mi chiama solo ragazza, come se davvero non sapesse il mio nome. Credo solo che sia geloso dell’attenzione che Jake mi sta dando da quando sono arrivata. Per quanto mi riguarda, non farò nulla per evitarlo, così che prima o poi gli dovrà passare, o no?
«Siamo provando il nuovo videogioco che ho regalato a Jake» dichiara Bryan come se non fosse ovvio.
«Lo immaginavo» mi siedo sul letto.
«Puoi sederti e guardare come gli faccio il culo al tuo …» si ferma per fissarmi «amico.»
Dopo altre due corse di auto, Bryan salta in piedi.
«Va bene, fratello» si rivolge a Jake, «Lei non è proprio» mi indica «il tuo amuleto portafortuna, non ci stai nemmeno provando, amico. Che succede?»
So che Jake non è concentrato nel gioco, perché l’ho visto un paio di volte osservarmi per troppo tempo. Ma sono stanca dell’atteggiamento di Bryan e muoio dalla voglia di dargli una lezione.
«Posso provare?» chiedo a Bryan. «Tu, contro di me. Chiaro, se ne hai il coraggio.»
«Stai parlando seriamente?! Non avrai nessuna possibilità e non voglio vedere le tue lacrime quando piangerai per aver perso la gara.»
«Vuoi scommettere? Se vinco mi chiamerai per nome per almeno una settimana.»
«E se vinco io? Sparirai dalla mia vista per una settimana?» vedo Jake in tensione vicino a me, ma non dice nulla perché io lo anticipo.
«È una sfida.»
Ci stringiamo le mani e ringrazio quel topo molesto di mio cugino Kevin, che in un pomeriggio di noia mi aveva insegnato come giocare con la sua Xbox, e da allora ogni volta che andavo a casa sua passavamo il tempo a stordirci il cervello fino a non poterne più, e lo strascinavo con me a prendere un po’ di sole.
«Che diavolo!» grida Byan, quando taglio il traguardo prima di lui. Molto prima, devo aggiungere.
«Una sfida è una sfida.»
«Non hai detto che sapevi giocare» mi accusa.
«Non me lo hai chiesto» rispondo con tono innocente e vedo Jake trattenere una risata.
«Va bene … per questa volta hai vinto tu, Jocelyn» pronuncia il mio nome così lentamente che riesco ad assaporare ancora di più la mia vittoria.
«Ragazzi, mettete via la roba da bere e venite giù a cena» è Scott che apre la porta di colpo.
«Non stiamo bevendo, Scott.»
«Sì, mi aspetto che continui a dirlo per tutte le superiori, fratellino.»
Scendiamo al piano di sotto e trovo un paio di suoi zii e zie che nemmeno mi riconoscono. “Ci risiamo”, penso. Ci sediamo a tavola e dopo il brindisi del padre di Jake al compleanno di suo figlio minore e un’esaltazione del ritorno del primogenito, procediamo a mangiare. Scott è seduto a fianco di suo padre, poi ci sono Jake, Bryan ed io. Lo osservo, ignorando quel noioso di Bryan e anche lui mi osserva, c’è una specie di complicità tra noi, sono molto contenta che continui dopo tutti questi anni.
Quando sua madre ci serve il dessert che ho portato, un sorbetto alla mela verde, lo vedo gesticolare un “grazie” verso di me e so che ne è valsa la pena.
«Credo che chiamerò a casa per farmi venire a prendere» dico in salotto, dove stiamo tutti parlando dopo la cena.
«Ti posso accompagnare io» si offre Jake.
«Assolutamente no» interviene Scott. «Ti porterò io Jocelyn, andiamo.»
Si alza senza lasciare spazio a dubbi. Alzo le spalle verso Jake e poi saluto tutti.
Lui ci accompagna fino al portico davanti a casa con le mani in tasca. Indosso la mia giacca nera e lo abbraccio forte.
«Di nuovo auguri e grazie per avermi invitata.»
«Grazie a te per essere venuta e per il dessert, era delizioso.
«Grazie. Ci vediamo lunedì?»
«Sì, buona notte.»
Mi dirigo alla macchina di Scott, lui mi aspetta con la portiera aperta e un gesto cavalleresco, rende tutto così comico che è impossibile non ridere. Guida piano e si ferma ad un paio di case di distanza dalla mia.
«Mmm, credo che forse non ti ricordi che casa mia è più in là» gli faccio notare.
«Mi ricordo, non sono così vecchio come sembro.» non posso fare a meno di ridere di nuovo. Sì, certo, Scott vecchio «Voglio solo dirti una cosa.»
«Va bene» divento nervosa.
Lui spegne il motore e si volta il più possibile per stare di fronte a me, cerco di fare la stessa cosa in attesa delle sue parole.
«Ascolta, Lyn. Davvero sono molto contento che tu sia tornata, nonostante le circostanze che ti hanno riportata qui. Ma sono preoccupato per mio fratello» fa una pausa troppo prolungata. «Per favore non dirgli che te l’ho detto, ma quando te ne sei andata lui ha sofferto molto, forse penserai che era un bambino affezionato a te, ma forse tu eri e sei molto importante per lui e non so se sopporterebbe di perderti un’altra volta. Non mi piacerebbe vedere la sua faccia da bambino piagnone.»
«Io … non sono andata via di mia volontà ed anch’io ho sofferto nel separarmi da lui.»
«Lo so, ma adesso che entrambi siete un po’ cresciuti, restate uniti, okay?»
«Okay.»
«Ma non tanto, non voglio ancora diventare zio» e torna sull’argomento.
«Scott! Basta. Jake è il mio migliore amico.»
«Ricorda solo quello che ti ho detto “piccola” Jocelyn.»
«Basta» rido di fronte al suo tono sardonico.
Non