Loretta Candelaresi

Ti Presento Francesca


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vuoi dire mi spaventi””.

      “”No tranquilla tutto sotto controllo, ci sono stati grandi avvenimenti e te ne parlerò con calma.

      Ti propongo di cominciare a scriverci, come facevamo quando eravamo ragazze Ti ricordi?

      Aspettavamo ogni settimana che arrivasse la lettera con il francobollo espresso, con gli ultimi pettegolezzi e le ultime novità.

      Eppure siamo cresciute anche grazie a quelle lettere!

      Ognuna metteva sul tappeto i problemi del suo cuore e riuscivamo a tranquillizzarci e a reagire.

      Lo faremo parzialmente con le lettere come facevamo una volta, ma anche inviandoci delle e-mail.

      Ormai ci siamo rincontrate e non voglio perdere l'opportunità della nostra importante amicizia.”””

      Rassicurata dalla mia promessa, ci godiamo la serata che per Alessandra è stato un vero bagno di folla. L'entusiasmo trasmesso da tutte noi le ha dato una iniezione di fiducia e di ottimismo.

      In fondo lei da brava emiliana, di energie ne ha da vendere, è piena di risorse e questo è parte del suo fascino.

      “Ciao bella! ti voglio bene! Allora aspetto tue notizie, a scrivere comincia tu; io aspetterò e ti prometto che sarò paziente e capace di ascoltarti. “””

      Un abbraccio forte da far male e poi alla fine della serata Alessandra si allontana insieme a Emanuela che ha promesso di accompagnarla.

      I sentimenti si aggrovigliano, ho faticato per non farle percepire le mie emozioni più profonde, ma volevo tempo, per trasmettergliele.

      Due persone che si conoscono da così tanto tempo non possono che avere un legame profondo e vero. La verità ha bisogno di tempo per essere rivelata, e metabolizzata.

      Domani comincerò il mio racconto.

      1^ parte

      CAPITOLO 1

      “Ciao Alessandra,

      allora sei emozionata a tornare indietro di 30 anni? Anch'io lo sono ma sono felice di ritrovarti.

      Da dove cominciamo? Ti parlerò delle mie vicissitudini degli ultimi anni. Il racconto si snoderà intorno alla figura di mia figlia Francesca.

      Mi prenderò del tempo per immergerti totalmente in questa storia, ascolterai le vibrazioni del cuore e ci vorrà tutto il tempo che ci vorrà.

      Allora cominciamo dal nome Francesca,

      Il nome ha origine tedesca e significa 'libera'.

      Per Francesca la libertà è un'esigenza, una necessità, non è un capriccio.

      In suo nome, Francesca è pronta ad usare tutte le armi possibili, eloquenza, forza, dialogo.

      Questa è la definizione che ho trovato e che illustra il significato del suo nome.

      Credo che ritratto più appropriato del suo modo di essere non possa esistere.

      E pensare che il nome l'avevo già scelto quando è nato suo fratello.

      Nel 1989 quando è nato Gabriele, il mio primo figlio, io ero assolutamente sicura che si trattasse di una femmina. Fino alla sera prima di partorire, asserivo con orgoglio che si trattasse di una figlia femmina e per lei avevo già scelto il nome di Francesca.

      Solenne come una promessa. Ed invece il giorno dopo allo svelarsi del mistero ci siamo trovati davanti ad un bel maschietto, e mentre papà Raffaele sceglieva il nome per lui, Gabriele– mia madre annunciava ai partenti canticchiando la canzone

      “

      C'era voluto tanto tempo perché restassi incinta del primo figlio e quanto è successo quasi non ci credevamo più. Però qualche anno dopo....quando cominciai a pensare di provare ad avere un altro figlio, ero terrorizzata da tutti gli esami che avrei dovuto ripetere, compresa l'isterosalpingografia, di cui avevo un pessimo ricordo.

      Avevo comunque prenotato le visite a giugno ,del 1993, volevo provare a farmi coraggio.

      Però alla fine dell'estate decisi che avrei disdetto tutto, quell'intrusione nel mio corpo per riprovare a diventare mamma, proprio non mi andava giù. Se deve venire un altro figlio verrà sentenziai.

      A fine ottobre avemmo la notizia che mia cognata era incinta e che avrebbe partorito a giugno.

      Ricordo che tornai a casa quasi trasognante pensando all'eventualità che potesse succedere ancora anche a noi. Poi però continuai nel mio atteggiamento fatalista.

      A fine novembre ero indecisa se fare il test di gravidanza, poiché avevo un ritardo imponente. Incredula, viste le mie irregolarità, aspettai ancora un po' .

      A metà dicembre la sicurezza, aspettavo un figlio ed ero già al secondo mese, il parto previsto per luglio.

      Incredula e gioiosa avevo una gran voglia di ballare! Ed invece dovetti adottare molta prudenza, la mia ginecologa me lo impose. E così da subito, passai molto tempo della mia gravidanza a letto, a farmi compagnia mio figlio Gabriele, che a cinque anni, come un ometto, mi coccolava e mi rassicurava.

      In effetti la mia tranquillità vacillava, man mano che andavo avanti con i mesi.

      Come ben sai non avevo più la mia mamma- come invece accadde quando ero incinta di Gabriele.

      Mi sentivo molto più responsabile per la vita della creatura che avevo in grembo.

      A 35 anni sei una mamma un po' più timorosa. Nelle lunghe giornate passate a letto, mentre leggevo o lavoravo a maglia, mi trovavo spesso il viso bagnato di lacrime.

      E più volevo distrarmi e più mi ritrovavo preoccupata, sola, coi miei pensieri.

      La malinconia per mia madre che non poteva proteggermi . Arrivata agli otto mesi, mi consigliarono di avvicinarmi all'ospedale Sant'Eugenio perché potevo partorire in anticipo. Così mi recai a casa di mia suocera. Il 19 giugno è il suo compleanno- e il 20 giugno è nata Francesca.

      Gioia pura, mi sentivo come se avessi fatto un giro sull'otto volante, la guardavo quella creaturina piccola, ma dolcissima. Ricordo ancora la sensazione mentre andavamo via dall'ospedale, mi sono girata e, sul sedile posteriore la culla, con lei dentro, un batuffolo rosa, mi sentivo esplodere dalla gioia.

      I mesi successivi avevo ripreso a cantare, mi sentivo serena. Mi portavo la mia creatura a passeggio con la carrozzina in mezzo ai viali alberati.

      Mi sembrava di essere piena di armonia e letizia.

      Anche bambina piccola, Francesca aveva sempre quell'aria paffuta e tranquilla, sempre di buon umore, sempre pronta dovunque volessimo andare e a qualsiasi ora.

      Sempre quel sorriso stampato sulla faccia che a guardarla ti tranquillizzavi.

      Qualunque cosa ti facesse essere di cattivo umore bastava tuffarti nei suoi occhi splendenti e ti faceva cambiare atteggiamento.

      Incredula, forse, dei continui passaggi di consegna tra me e il padre, quando ci alternavamo con i turni di lavoro; qualche volta sotto lo sguardo vigile e severo di suo fratello – lei emanava fiducia a piene mani.

      A un anno e mezzo, a malincuore ci apprestammo a mandarla all'asilo nido.

      Mi immaginavo pianti o quanto meno contrarietà, da parte di una bimba così piccola: pensi di vedertela attaccare ai vestiti, intimorita e invece lei ti sorprende ancora una volta.

      Con la manina saluta e si avvia verso le assistenti con assoluta serenità.

      Meravigliata, ma contenta, mi chiedevo come avevamo fatto a meritarci questo premio!

      Chiedevo continuamente, quando la accompagnavo la mattina, ma l'assistente mi rassicurava, ““Signora stia tranquilla si tratta di una bambina dolcissima, ma determinata,