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Rimatori siculo-toscani del dugento. Serie prima - Pistoiesi-Lucchesi-Pisani


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non s'atutasse per dimostramento,

       eo non lo celeraggio in tal mainera

       ch'io n'aggia riprendensa per ragione,

       ma sí che 'n allegransa lo meo dire

       si possa convertire. 10

       celando per l'autrui riprensione,

       canteragio de la mia gioia intera.

       Acciò, se in allegransa

       e 'n gran conforto e in gioi' mi rimuto,

       non è contra diritto insegnamento; 15

       ché l'omo fòr d'eransa,

       sentendosi di gran guiza arriccuto,

       ben dé' portar gioiozo lo talento.

       E io porto gioiozo core e cèra,

       e corpo e mente e tutta pensagione 20

       per quella ch'amorozo mi fa gire,

       in cui si pòn gradire

       bellesse di sí gran divizione, como l'oscuro in verso la lumera. Cosí la disiansa 25 verrá compíta, e non será smarruto lo mio acquistar per folle pensamento, ché la dismizuransa (ed ha lo core tanto combatuto) non mi dará gravozo movimento. 30 E se la gioia non torna guerrera, faraggio ricca la mia intensione e tutto tempo giammai non partire: cosí sensa fallire seraggio fòre de la condissione, 35 ch'a li amadori è forte crudera. Ed è la sua plagensa forte e fèra di gran guiza, che fra la pensagione ne nasce erransa e fálla dismarrire, vedendola partire, 40 e me medesmo dá per istagione una semblansa, che mi pare spera.

      III

      Sulla natura dell'onore e del piacere.

      Similemente onore

       como 'l piacere,

       al meo parere,

       s'acquista e si mantene;

       e ambur hano un core 5

       e un volere,

       como savere

       a li bon si convene.

       Donqua dirá l'on: — Come

       amburo han piú d'un nome, 10

       da poi che 'nsieme

       son d'una speme

       e d'un volere e d'uno intendimento? —

       Però che son du' cose

       in un voler conchiose: 15

       dal piacer vène

       in prima 'l bene,

       und'onor cresce, ch'è suo compimento.

       In prima che 'l piacere

       è l'obedire, 20

       unde 'l servire

       si move ogna stagione;

       e non è alcun savere

       da piú saglire

       sensa 'l sufrire 25

       per nessuna cagione.

       Che 'l sofferire è tale,

       e tanto monta e vale,

       che fa compire

       ogni volire 30

       e d'ogni bene è somma e sentensa.

       Chi non è sofferente

       non può esser piacente,

       né può montare

       in grande affare. 35

       Cotanto vien da fina canoscensa!

       Cannoscensa si move

       da senno intero,

       corno dal cero,

       quand'arde, lo sprendore, 40

       e tutte cose nòve

       di stato altèro

       di le' nascêro

       e nasceno a tutt'ore.

       A la sua signoria 45

       si regge cortezia,

       tutta larghessa,

       tutta prodessa,

       pregio e leansa e tutto valimento.

       Quel corpo lá u' si cria 50

       giammai non falleria

       né per ricchessa,

       né per grandessa,

       tanto lo guida fino insegnamento.

       Tant'è l'om da pregiare 55

       di canoscensa

       e di valensa

       quant'opra per ragione;

       e tant'è da blasmare

       quant'ha potensa 60

       e intendensa

       e non fa messione

       per venire in orransa,

       in lontana contansa,

       e per potere 65

       tra i bon capére

       e conquistar l'onor, che s'abandona

       per la dismizuransa

       de la malvagia uzansa,

       che fa valere 70

       poco d'avere

       piú che bontá u pregio di persona.

       Se l'onor vi parlasse,

       signor, ch'andate

       e cavalcate 75

       a guiza di maggiori,

       non sría chi l'aspettasse,

       se ben guardate

       quel ch'operate

       ver' lui nei vostri cori. 80

       . . . . . . . . .

       . . . . . . . . .

      IV

      Si consola per aver ottenuto ciò che desiderava.

      Fin amor mi conforta

       e lo cor m'intalenta,

       madonna, ch'io non penta,

       di voi s'io innamorai.

       Membrando ciò che porta, 5

       la vita n'è contenta,

       avegna ch'io ne senta

       tormenti pur asai.

       Ca primamente amai

       per ben piacere al vostro signoragio 10

       d'aver fermo coragio,

       a ciò ch'io per fermeze non dottasse

       che'l meo lavor falsasse;

       ché ch'incomenza mez'ha compimento,

       se sa perseverare lo suo adoperamento. 15

       Ed io perseverando

       la ricca incuminzanza,

       condutt'ho la speranza,

       al giorno ch'io sperava.

       Non credo dispresiando 20

       che voi contra onoranza

       cometesse fallanza,

       ch'io no la domandava;

       ca ciò ch'io disiava

       non era fòr di bono intendimento, 25

       ma vostro acrescimento.

       Né a bona donna non si disconvene,

       s'amor la sforza bene;

       ché tal val molto che nulla varia,

       per innamoramento di donna, che golía. 30

       Und'eo no mi dispero di ciò ch'amor mi face, ca guerra no ha