non s'atutasse per dimostramento,
eo non lo celeraggio in tal mainera
ch'io n'aggia riprendensa per ragione,
ma sí che 'n allegransa lo meo dire
si possa convertire. 10
celando per l'autrui riprensione,
canteragio de la mia gioia intera.
Acciò, se in allegransa
e 'n gran conforto e in gioi' mi rimuto,
non è contra diritto insegnamento; 15
ché l'omo fòr d'eransa,
sentendosi di gran guiza arriccuto,
ben dé' portar gioiozo lo talento.
E io porto gioiozo core e cèra,
e corpo e mente e tutta pensagione 20
per quella ch'amorozo mi fa gire,
in cui si pòn gradire
bellesse di sí gran divizione, como l'oscuro in verso la lumera. Cosí la disiansa 25 verrá compíta, e non será smarruto lo mio acquistar per folle pensamento, ché la dismizuransa (ed ha lo core tanto combatuto) non mi dará gravozo movimento. 30 E se la gioia non torna guerrera, faraggio ricca la mia intensione e tutto tempo giammai non partire: cosí sensa fallire seraggio fòre de la condissione, 35 ch'a li amadori è forte crudera. Ed è la sua plagensa forte e fèra di gran guiza, che fra la pensagione ne nasce erransa e fálla dismarrire, vedendola partire, 40 e me medesmo dá per istagione una semblansa, che mi pare spera.
III
Sulla natura dell'onore e del piacere.
Similemente onore
como 'l piacere,
al meo parere,
s'acquista e si mantene;
e ambur hano un core 5
e un volere,
como savere
a li bon si convene.
Donqua dirá l'on: — Come
amburo han piú d'un nome, 10
da poi che 'nsieme
son d'una speme
e d'un volere e d'uno intendimento? —
Però che son du' cose
in un voler conchiose: 15
dal piacer vène
in prima 'l bene,
und'onor cresce, ch'è suo compimento.
In prima che 'l piacere
è l'obedire, 20
unde 'l servire
si move ogna stagione;
e non è alcun savere
da piú saglire
sensa 'l sufrire 25
per nessuna cagione.
Che 'l sofferire è tale,
e tanto monta e vale,
che fa compire
ogni volire 30
e d'ogni bene è somma e sentensa.
Chi non è sofferente
non può esser piacente,
né può montare
in grande affare. 35
Cotanto vien da fina canoscensa!
Cannoscensa si move
da senno intero,
corno dal cero,
quand'arde, lo sprendore, 40
e tutte cose nòve
di stato altèro
di le' nascêro
e nasceno a tutt'ore.
A la sua signoria 45
si regge cortezia,
tutta larghessa,
tutta prodessa,
pregio e leansa e tutto valimento.
Quel corpo lá u' si cria 50
giammai non falleria
né per ricchessa,
né per grandessa,
tanto lo guida fino insegnamento.
Tant'è l'om da pregiare 55
di canoscensa
e di valensa
quant'opra per ragione;
e tant'è da blasmare
quant'ha potensa 60
e intendensa
e non fa messione
per venire in orransa,
in lontana contansa,
e per potere 65
tra i bon capére
e conquistar l'onor, che s'abandona
per la dismizuransa
de la malvagia uzansa,
che fa valere 70
poco d'avere
piú che bontá u pregio di persona.
Se l'onor vi parlasse,
signor, ch'andate
e cavalcate 75
a guiza di maggiori,
non sría chi l'aspettasse,
se ben guardate
quel ch'operate
ver' lui nei vostri cori. 80
. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
IV
Si consola per aver ottenuto ciò che desiderava.
Fin amor mi conforta
e lo cor m'intalenta,
madonna, ch'io non penta,
di voi s'io innamorai.
Membrando ciò che porta, 5
la vita n'è contenta,
avegna ch'io ne senta
tormenti pur asai.
Ca primamente amai
per ben piacere al vostro signoragio 10
d'aver fermo coragio,
a ciò ch'io per fermeze non dottasse
che'l meo lavor falsasse;
ché ch'incomenza mez'ha compimento,
se sa perseverare lo suo adoperamento. 15
Ed io perseverando
la ricca incuminzanza,
condutt'ho la speranza,
al giorno ch'io sperava.
Non credo dispresiando 20
che voi contra onoranza
cometesse fallanza,
ch'io no la domandava;
ca ciò ch'io disiava
non era fòr di bono intendimento, 25
ma vostro acrescimento.
Né a bona donna non si disconvene,
s'amor la sforza bene;
ché tal val molto che nulla varia,
per innamoramento di donna, che golía. 30
Und'eo no mi dispero di ciò ch'amor mi face, ca guerra no ha