quando gli fia noto!...—Ascolta.
Per or, non digliel. Ma tu, sappi... ch'io
Non tornerò più in Rimini: il cordoglio
M'ucciderà. Quando al mio sposo noto
Ciò fia, tu lo consola: e tu... per lui...
Tu pur versa una lagrima.
PAOLO.
Francesca,
Se tu m'abborri che mi cale? e il chiedi?
E l'odio tuo la mia vita non turba?
E questi tuoi detti funesti?...—Bella
Come un angiol, che Dio crea nel più ardente
Suo trasporto d'amor... cara ad ognuno...
Sposa felice... e osi parlar di morte?
A me s'aspetta, che per vani onori
Fui strascinato da mia patria lunge,
E perdei...—Lasso! un genitor perdei.
Rïabbracciarlo ognor sperava. Ei fatto
Non m'avrebbe infelice, ove il mio cuore
Discoperto gli avessi... e colei data
M'avria... colei, che per sempre ho perduta.
FRANCESCA.
Che vuoi tu dir? Della tua donna parli...
E senza lei sì misero tu vivi?
Sì prepotente è nel tuo petto amore?
Unica fiamma esser non dee nel petto
Di valoroso cavaliere, amore.
Caro gli è il brando e la sua fama; egregi
Affetti son. Tu seguili; non fia
Che t'avvilisca amor.
PAOLO.
Quai detti? Avresti
Di me pietà? Cessar d'odiarmi alquanto
Potresti, se col brando io m'acquistassi
Fama maggior? Un tuo comando basta.
Prescrivi il luogo e gli anni. A' più remoti
Lidi mi recherò; quanto più gravi
E perigliose troverò le imprese,
Vie più dolci mi fien, poichè Francesca
Imposte me l'avrà. L'onore assai
E l'ardimento mi fan prode il braccio;
Più il farà prode il tuo adorato nome.
Contaminate non saran mie glorie
Da tirannico intento. Altra corona,
Fuorchè d'alloro, ma da te intrecciata,
Non bramerò, solo un tuo applauso, un detto,
Un sorriso, uno sguardo...
FRANCESCA.
Eterno Iddio!
Che è questo mai?
PAOLO.
T'amo, Francesca, t'amo,
E disperato è l'amor mio!
FRANCESCA.
Che intendo?
Deliro io forse? che dicesti?
PAOLO.
Io t'amo!
FRANCESCA.
Che ardisci? Ah taci! Udir potrian... Tu m'ami!
Sì repentina è la tua fiamma? Ignori
Che tua cognata io son? Porre in obblìo
Sì tosto puoi la tua perduta amante?...
Misera me! questa mia man, deh, lascia!
Delitto sono i baci tuoi!
PAOLO.
Repente
Non è, non è la fiamma mia. Perduta
Ho una donna, e sei tu; di te parlava
Di te piangea; te amava; te sempre amo;
Te amerò sino all'ultim'ora! e s'anco
Dell'empio amor soffrir dovessi eterno
Il castigo sotterra, eternamente
Più e più sempre t'amerò!
FRANCESCA.
Fia vero?
M'amavi?
PAOLO.
Il giorno che a Ravenna io giunsi
Ambasciator del padre mio, ti vidi
Varcare un atrio col feral corteggio
Di meste donne, ed arrestarti a' piedi
D'un recente sepolcro, e ossequïosa
Ivi prostrarti, e le man giunte al cielo
Alzar con muto ma dirotto pianto.
Chi è colei? dissi a talun.—La figlia
Di Guido, mi rispose.—E quel sepolcro?—
Di sua madre il sepolcro.—Oh, quanta al core
Pietà sentii di quell'afflitta figlia!
Oh qual confuso palpitar!... Velata
Eri, o Francesca: gli occhi tuoi non vidi
Quel giorno, ma t'amai fin da quel giorno.
FRANCESCA.
Tu... deh, cessa!... m'amavi?
PAOLO.
Io questa fiamma
Alcun tempo celai, ma un dì mi parve
Che tu nel cor letto m'avessi. Il piede
Dalle virginee tue stanze volgevi
Al secreto giardino. E presso al lago
In mezzo ai fior prosteso, io sospirando
Le tue stanze guardava: e al venir tuo
Tremando sorsi.—Sopra un libro attenti
Non mi vedeano gli occhi tuoi; sul libro
Ti cadeva una lagrima... Commosso
Mi t'accostai. Perplessi eran miei detti,
Perplessi pure erano i tuoi. Quel libro
Mi porgesti e leggemmo. Insiem leggemmo
«Di Lancillotto come amor lo strinse.
«Soli eravamo e senza alcun sospetto...
Gli sguardi nostri s'incontraro... il viso
Mio scolorossi... tu tremavi... e ratta
Ti dileguasti.
FRANCESCA.
Oh giorno! A te quel libro
Restava.
PAOLO.
Ei posa sul mio cuor. Felice
Nella mia lontananza egli mi fea.
Ecco: vedi le carte che leggemmo.
Ecco: vedi, la lagrima qui cadde
Dagli occhi tuoi quel dì.
FRANCESCA.
Va' ti scongiuro,
Altra