Silvio Pellico

Poesie scelte


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cavaliero.—Ah, infausti

      M'erano que' trionfi! il valor mio

      Infausto m'era!

      FRANCESCA.

      Dunque tu in remote

      Contrade combattendo... ai vinti usavi

      Spesso pietà? Le vergini e le spose

      Salvavi? Là colei forse vedesti

      Che nell'anima tua regna.—Che parlo?

      Oh insana.—Vanne. Io t'odio, sì!

      PAOLO.

      (Risolutamente.)

      Lanciotto,

      Addio.—Francesca!...

      FRANCESCA.

      (Udendo ch'egli parte, gli getta involontariamente uno sguardo.)

      PAOLO.

      (Vorrebbe parlare; è in una convulsione terribile, e temendo di tradirsi fugge.)

      LANCIOTTO.

      Paolo: deh, ti ferma!

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      LANCIOTTO e FRANCESCA.

      FRANCESCA.

      Paolo... Misera me!

      LANCIOTTO.

      Pietà di lui

      Senti, barbara, o fingi? A che ti stempri

      In lagrime or, se noi tutti infelici

      Render vuoi tu? Favella; io ragion chieggo

      De' tuoi strani pensieri; alfin son stanco

      Di sofferirli.

      FRANCESCA.

      E sono pure io stanca

      Di tue ingiuste rampogne; ed avrò pace

      Sol quando fia ch'io più non veggia... il mondo!

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      PAOLO.

      Vederla... sì, l'ultima volta. Amore

      Mi fa sordo al dover. Sacro dovere

      Saria il partir, più non vederla mai!...

      Nol posso. Oh! come mi guardò! Più bella

      La fa il dolor: più bella, sì, mi parve;

      Più sovrumana! E la perdei? Lanciotto

      Me l'ha rapita? oh rabbia! oh!.. il fratel mio

      Non amo? Egli è felice... ei lungamente

      Lo sia... Ma che? per farsi egli felice

      Squarciar doveva ei d'un fratello il core?

       Indice

      FRANCESCA s'avanza senza veder PAOLO.

      FRANCESCA.

      Ov'è mio padre? almen da lui sapessi

      Se ancor qui alberga... il mio... cognato!—Io queste

      Mura avrò care sempre... Ah, sì, lo spirto

      Esalerò su questo sacro suolo

      Ch'egli asperse di pianto!... Empia, discaccia

      Sì rei pensieri: io son moglie!...

      PAOLO.

      —Favella

      Seco medesma, e geme.

      FRANCESCA.

      Ah, questo loco

      Lasciar io deggio: di lui pieno è troppo!

      Al domestico altar ritrarmi io deggio...

      E giorno e notte innanzi a Dio prostrata

      Chieder mercè de' falli miei; che tutta

      Non m'abbandoni, degli afflitti cuori

      Refugio unico, Iddio.(Per partire.)

      PAOLO.

      (Avanzandosi.)

      Francesca...

      FRANCESCA.

      Oh vista!—

      Signor... che vuoi?

      PAOLO.

      Parlarti ancor.

      FRANCESCA.

      Parlarmi?—

      Ahi, sola io son!... Sola mi lasci, o padre?

      Padre, ove sei? la tua figlia soccorri!—

      Di fuggir forza avrò.

      PAOLO.

      Dove?

      FRANCESCA.

      Signore...

      Deh, non seguirmi! il voler mio rispetta;

      Al domestico altar qui mi ritraggo:

      Del cielo han d'uopo gl'infelici.

      PAOLO.

      A' piedi

      De' miei paterni altar teco verronne.

      Chi di me più infelice? Ivi frammisti

      I sospir nostri s'alzeranno. Oh donna!

      Tu invocherai la morte mia, la morte

      Dell'uom che abborri... io pregherò che il cielo

      Tuoi voti ascolti e all'odio tuo perdoni,

      E letizia t'infonda, e lunga serbi

      Giovinezza e beltà sul tuo sembiante,

      E a te dia tutto che desiri!... tutto!...

      Anche... l'amor del tuo consorte... e figli

      Da lui beati!

      FRANCESCA.

      Paolo, deh!—Che dico?—

      Deh, non pianger. La tua morte non chieggo.

      PAOLO.

      Pur tu m'abborri...

      FRANCESCA.

      E che ten cal, s'io deggio

      Abborrirti?... La tua vita non turbo.

      Diman io qui più non sarò. Pietosa

      Al tuo germano compagnia farai.

      Della perdita mia tu lo consola:

      Piangerà ei certo... Ah, in Rimini,