Domenico Petrilli

Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.


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Domenico Petrilli

       Principi della conoscenza dell’interno e dell’esterno.

       Autore: Domenico Petrilli

       2020 Domenico Petrilli – Titolare dei diritti.

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       Autore: Domenico Petrilli.

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       9783969872772 Isbn

       Prefazione.

       Introduzione.

       Principi di conoscenza dell’interno e dell’esterno.

       (Nella loro relazione e nella loro individualità)

       ETERNO RITORNO , SUO COLLEGAMENTO CON LA REALTA’ MATERIALE, E LE DIFFICOLTA’ DI UNA RICOSTRUZIONE DELLA ATTIVITA’ RAZIONALE PURA.

       Sul necessario legarsi di sensi , materia e ragione.

       I processi della volizione

      Parlare di materia e forma parte da un presupposto sbagliato, ovvero si potrebbe benissimo parlare solo di forma come forma del materiale, ovvero geometria, e il luogo della geometria è il contingente come spaziale, ovvero ciò chi vi è dietro è la relazione di grandezze o di forme, ovvero la loro combinazione quale possibilità della stessa è geometria ma la loro misurazione è numerica. Dunque parlare di forma equivale a parlare di spazio , ovvero di geometria ma parlare del numero, ovvero del numero di una misurazione equivale ancora ad altro, ovvero presenta una astrazione riduttiva maggiore e differente dal termine che tende a misurare, ovvero è una rappresentazione della parimenti rappresentazione spaziale o geometrica euclidea in quanto correlata al rappresentativo della visione, ovvero la non euclidea è immaginata e ciò ci riconduce al concetto di rappresentativo del rappresentativo stesso come visione. Il numero rientra maggiormente nell’astrarre data la distanza del numero dal rappresentativo e la sua variazione necessaria e continua, ovvero la rappresentazione della idea per la quale si può pensare alla rappresentazione della sua definizione quale scritta ha una dinamica correlata alla astrazione minore del numero e ciò forse è dovuto all’essere gli stessi fonte di due conoscenze, ovvero logiche, la logica del concetto e la logica della idea. Ma ciò non vale per la rappresentazione immaginata ovvero per la rappresentazione della rappresentazione della idea, il suo continuum, la deduzione, ovvero l’allontanarsi della rappresentazione nella catena delle rappresentazioni che possono essere connesse ,ovvero significanti, o meno, immaginarie. E se si parla di immaginario ha un senso ove si tratti della visione della rappresentazione quale geometrica o quale astratta, secondo un processo per cui la immagine è nominata ed individuata, ovvero per cui quella nominazione è visualizzata dalla idea del nome, ovvero il nome scritto, ovvero ancora altro trattandosi di un alternarsi ed una interdipendenza, ovvero una continuità tra rappresentazione visiva e scrittura. Partire dalla forma per arrivare a questo significa intendere anche la materia psicologica e significa proseguire su un terreno non tanto differente da quello della Gestalt non solo a livello della immagine ma anche del concetto, e ciò rende sostanziale la relazione del settore cognitivo al resto del settore di quella che i Greci chiamavano Psiche. Senza soffermarci qua se lo spazio quale Einstein lo concepì ovvero quale relativo, ovvero relativo al tempo e allo spazio, deve essere relativo, la idea è parimenti relativa e spaziale e ciò conduce al concetto di autonomia della idea in chiave e direzione platonica. Ovvero tale è la filosofia la cui branca che meglio si occupa della dinamica rappresentativa è quella kantiana ovvero quella che parla della rappresentazione della rappresentazione, ovvero la critica al materialismo e il fondamento dell’idealismo fino a giungere al mal inteso materialismo di Hegel, ovvero parlando di esistenzialismo della rappresentazione occorre distinguere tra un indirizzo contemplativo ed un altro conoscitivo, l’uno passivo e partecipativo, l’altro attivo e penetrativo, ovvero occorre partire rispetto ad ulteriori del gioco rappresentativo che da un lato collocano le emozione e che da altre angolazioni non collocano nel gioco del rappresentativo le emozioni e ciò ultimo fa parte del razionalismo e del determinismo stesso anche come positivismo, ovvero essendo tale ultimo non solo quello logico ,ma anche etico e scientifico, e si sa che Freud era un determinista e si sa della sua associazione al Padre simbolico, fino a sconfinare in una differente dinamica tra desiderio di sapere, e follia, onnipotenza se non fosse per la formulazione di quel simbolico di Lacan, ovvero che parte dal ruolo del significante del fallo nel linguaggio, e il fallo è la potenza, ovvero la Legge del parlare, ed ancora simbolico come significante ed arte di inserirsi nel significante con la parola, ovvero in ciò deve essere inquadrata la affermazione lacaniana sull’essere Padre simbolico di Freud secondo una affermazione che deriva dal Piccolo Hans. In una terapia e in una cura si pone sempre una divergenza tra il paterno e il possesso patologico del paterno e il terapeuta, ovvero la reazione negativa investe anche tale aspetto, ovvero la sostituzione al padre per via di una necessaria inettitudine o inattitudine del genitore, e su tale linea corre la distinzione tra l’essere del simbolico nella cura e l’essere automaticamente il fallo ovvero il genitore. Ebbene in tal caso si instaura il linguaggio, articolato sul significante del Fallo, e sul suo riconoscimento o sulla sua invidia. A testimonianza di come Lacan non limitasse quello che Freud affermava alla invidia del pene ma alla invidia del Fallo, ovvero nessun segno di maschilismo freudiano ma la necessità di dichiararlo al volgere della vita da parte di Freud.

       Il discorso della spazialità ideativa, ovvero quanto corrispondente al generico di materia e forma, conchiusione, definizione, circoscrizione, e finitezza si deve tenere presente quanto afferma Russell in realtà con ciò allacciandosi ad una definizione di un universale introdotto da Hegel, che

      poi verrà usato addirittura da Heidegger, e differentemente, ovvero l’ubi hegeliano, il dove, la collocazione , il posto che è il posto della prospettiva e il posto del razionale, il suo trovarsi in un luogo rispetto cui cambia la forma del conoscere a seconda della prospettiva prescelta, ovvero tale può anche essere la articolazione delle premesse e delle conseguenze, ovvero la logica, e tale è la spazialità ideativa per chi riesce ad intendere la concatenazione differente dalla profondità e dunque dalla modalità visiva, la sua profondità, la differenza di un modo di intendere lo spazio in modo meno astratto ed attaccato al reale. La visione è condizionata dal materiale e sempre se il materiale esiste, ovvero se esiste il materiale la stessa architettura dei componenti un paesaggio incide sulla modalità in cui eserciteremo la vista nella sua funzione ricostruttiva del reale e nel suo essere plastica, quanto avviene nella invenzione di un paesaggio, ovvero la manipolazione della forma. Ovvero se il materiale non esiste esiste comunque uno strutturale,ovvero lo strutturale come determinativo dell’esterno a livello dello strutturale interno, e ciò è vero a prescindere, ovvero anche nel caso della presenza della materia, ma accanto tale strutturale vi sono da porsi i due termini che sono o piccolezza o grandezza o misura, ovvero rapporto, dato che in entrambi i casi la vista non consente l’andare al di là di un dato grado del finitamente piccolo e del finitamente grande, ed in esso risiede quello spazio geometrico quale indefinizione in cui si inserisce il parallelo alla astrazione. La migliore delle ipotesi che esista sia lo spazio inteso come l’oggettivo, ma comunque e necessariamente un oggettivo che non è un oggettivo, per svariate ragioni, ovvero non è l’oggettivo reale, sia il tempo, ovvero la altra è dire la materia non esiste o è uno e immutabile, e ciò risulta dalla necessità del grado di piccolezza o grandezza onde percepire, ovvero fa parte dello strutturale all’essere il dividere in un ottica spaziale, rappresentativa o meno.