Domenico Petrilli

Principi della conoscenza dell'interno e dell'esterno.


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nell’esistenza dell’Io dalla totalità esterna ,ma separandosi dalla totalità esterna si pone esso stesso come totalità, più o meno marcata, dalla volontà di affermazione o potenza che contraddistingue soggettivamente il flusso che va dal senso interno all’appropriazione- conoscenza dell’esterno, ponendosi paradossalmente come una sintesi in cui da un lato la molteplicità si acquieta in un ideale , tranne gli aspetti nutritivi e sessuali, e come insegna Freud anche quelli, e da cui dall’altro sgorga da quella fonte che è l’Io la molteplicità idealistica o delle idee che si scinde in fantastica e obiettiva, caratteristiche queste ultime che vanno a connotare la soggettività, e la personalità del soggetto che incontriamo. Dalla scissione che porta alla formazione dell’Io, attraverso la separazione dall’esterno ,che l’istinto di conservazione stesso pone ,deriva la percezione della coscienza come specchio di tale separazione, la scissione hegeliana nel senso della dialettica del materialismo dialettico. La coscienza forse non si strutturerebbe se non vi fosse tale separazione per lo meno ideale tra essere e non essere , tra tutto e parte ,in quanto è attraverso il non essere che si pone l’essere, e attraverso la parte che si ha la percezione del tutto, finitamente e finalisticamente. L’istinto di conservazione ponendo la separazione tra l’Io che l’istinto medesimo afferma, e lo spazio ideale esterno, pone l’Io stesso come totalità ideale cui l’Io stesso aspira come ideale, attraverso lo sviluppo della coscienza ,che si narcisizza nella proiezione io sono io ,che è il punto per lo affermarsi della volontà di potenza, che si esplica nell’operato della libido ,che caratterizza il prorompimento e la penetrazione dell’esterno. Vi è molto del concetto della sanità del patologico a livello del mentale. Ed è questa la ragione per cui l’istinto di conservazione confluisce a realizzare la affermazione con la libido, in quanto i prorompimenti di questa ultima che vanno a caratterizzare tutte le pulsioni, ma in particolare la pulsione sessuale ,sono una conseguenza e il completamento della volontà di affermazione di tale istinto ,che attraverso il processo appropriativo libidico, pone la sua affermazione ,che deriva come un riflesso dalla appropriazione ,ossia dalla demarcazione-opposizione io-spazio esterno, la cui conseguenza è l’autoerotismo dell’istinto di conservazione ,che gode di sé proprio in tale separazione che gli rimanda la sua esistenza, come scisso. Tale procedimento di scissione determina la infelicità della coscienza hegeliana, scissa in un rapporto servo- padrone soggetto-oggetto, il cui superamento è la coscienza universale ,che mira senza riuscirci

      a superare le scissioni ,che la distinzione radica nella innata e necessaria scissione tra io e lo spazio esterno ,

      da cui deriva la scissione che determina e struttura la percezione ,con l’apporto della sensibilità. La coscienza infelice deriva anche dalla constatazione della impossibilità di superamento nella fusione logica della totalità delle caratteristiche come del concetto che determinano la possibilità di fusione, ovvero la sintesi e la dialettica attraverso la determinabilità dei termini ,che si oppongono comunque prima di fondersi. Da tale incontro con lo spazio ideale esterno ,e con la non necessità- contingenza della materia a seconda della soggettività del soggetto si esplicano due atteggiamenti contraddittori, contraddittori ed altamente soggettivi ,che possiamo enucleare come voglia di annullamento e voglia di dipendenza dall’altro. Dalla voglia di dipendenza deriva l’influenzamento che l’altro esercita nello sviluppo del nostro io, nelle sue modalità e centralità appropriative dello spazio esterno, nostro e non solo, e voglia di dipendenza che connota e legittima una situazione di potere nei confronti del soggetto da cui si dipende, ovvero si potrebbe parlare di forme del rispecchiamento, interiorizzazioni e successive tendenze anche sociali, le dialettiche del potere e della dipendenza. Una caratteristica dell’Io è la sua plasmabilità, in assonanza alla sua capacità di comprensione o presunta comprensione, posto che una comprensione quando anche presunta ,implica per lo meno la coscienza della possibilità di non fallibilità. La modificazione dell’Io rispetto alla posizione posta da una comprensione presunta rivelatasi errata determina un conflitto con l’Io ,da cui consegue una instabilità ,che rallenta e rafforza , in opposto e contemporaneamente a livello intero-soggettivo, la sintesi posta dall’Io penso ,che governa lo stato di coscienza. Una situazione di dipendenza implica un divario tra il soggetto che dipende, e il soggetto che esercita il potere, anche in virtù di un dialogo linguistico incentrato sulla capacità di comprensione dell’esterno, e dell’interno, come anche entrambi, includendo nella qualifica e nell’aggettivo sostantivizzato interno ,anche l’altro, inteso come sintesi di molteplicità ideale, difficilmente carpibile ,in quanto non esprimentesi in dinamica figurativa, o non solo in essa ,e tale è la posizione sadica dell’analista fermo restando la dialettica sadica e forse reattiva dell’analizzando, e tale ancora tutto il teorema sulla identificazione al luogo, psichico, ideale anche come formativo e conformativo il carattere, analisi. Paradossalmente la possibilità dell’ annullamento proprio della posizione di dipendenza è esplicita nella psiche del soggetto, ed è derivante dalla innata suzione, e mercè la morte, anche come fuga, come resistenza. La dipendenza stante la attuale cognizione, e la modalità di conservazione del soggetto, che è di materia postula la materia stessa unita alla forza appropriativa che ci determina alla ingestione di tale materia attraverso la assunzione di cibo, e perdura nella esplorazione ponendo un interrogativo sul ruolo della cura del curante come colui che ci autorizza ad una esplorazione che non è esplorazione ma dipendenza, ovvero è totalmente differente dalla capacità di ritrovare la rotta senza bussola, significazioni e critiche. La dipendenza del saggio, quella materiale, è intimamente connessa alla sola soddisfazione di bisogni materiali di vita ,e quindi detto esplicitamente ciò per quanto riguarda la materia, ovvero è distacco e fuga dalla dipendenza materiale fermo restando la dipendenza assoluta che è vita ma nella Legge, e con ciò riprendo Lacan anche a proposito del significante. Tale discorso tende ad escludere finora il sentimento del bello. E’ il sentimento del bello che struttura perdizione e morale allo stesso tempo. Ma se il bello come giustamente definito è soggettivo ,la morale finisce per diventare altrettanto soggettiva, e la oggettività deriva dalla condivisione del mos che implica relazioni io - l’altro che strutturano l’ulteriore dipendenza del soggetto da colui che sa. L’ignoranza che caratterizza lo stato dell’uomo secondo Kierkegaard prima che egli peccasse, e dunque prima dell’incontro del tempo con l’eternità ,è altrettanto caratterizzato dalla perdizione, che insidia la possibilità di vita. E’ la possibilità per Kierkegaard che ci schiude la infinità ,o la sua vista, che è un proseguimento dell’eternità. Il sentimento del bello dunque infinitizza la esistenza, dando impulso alla sua ricerca al pari del brutto secondo la logica della soggettività del bello, e si dischiude dunque al pari del bello e del bene la possibilità del male e della perdizione, trascendenza trascendente o ascesi nel primo caso e materialistica nel secondo in cui la perdizione indica l’essere legato alla terra , il dionisiaco, e alla sua vicenda secondo Nietzsche. Con la classificazione sentimento del bello ,che va al di là della fisicità per contestualizzarsi in simbiosi con la bellezza fisica ,che si esplica in forma e colore, anche il bello espresso dalla virtù, che sostanzializza l’etica, che come precisato è una elaborazione e sostanzializzazione di quella espressione interna dell’anima, che sgorga dal sentimento prodotto da relazione e contatto , anche il bello del virtuoso culmina promuovendolo e sollecitandolo ( in ciò trovano completamento le mie teorie sulla importanza della libido, che prescinderebbe dai connotati sessuali che assume materialmente) nella elaborazione razionale, da cui deriva il parto della idea, appropriazione ed estroiezione in relazione alla nutrizione .

      L’idea del parto implica una scissione, e una separazione dall’idea, che sostanzializza ciò che Platone

       chiamò Iper- Uranio, di cui il soggetto può anche appropriarsi ed anche per immedesimazione, e ciò indica una possibilità, ed è ciò che è poi sintetizzato nella reminiscenza che implica il ricordo sia di ciò che si è creato sia di ciò che si è udito o visto. La simbologia dell’inconscio poi racchiude la probabilità di espressione linguistica nel senso palesato dalla geometria ,come una forma delle forme ,e dunque visiva, in condizioni non esclusivamente materiali, e non parlo di genetica del linguaggio come concetto ma come rappresentazione. Di qui il mio riferirmi in un senso che esula dalla materialità quale figurativa per concentrarsi in una qualifica ideale e ideativa che determina ,da un lato ,la confutazione aristotelica alla vista , quale organo materiale ,della qualifica di organo dell’intelletto (affermazione aristotelica che sicuramente Platone non condivideva) e la fondazione della geometria, come connotante anche il procedimento di elaborazione pura, in quanto