Prima che gli uomini fossero chiamati alle armi, Ian aveva cercato di scappare, prendendo tutto quello che poteva dalla residenza di suo padre per mantenersi, ma Munro e Parlan l'avevano fermato. L'avevano tenuto rinchiuso sotto chiave, fino a quando non erano partiti anche loro, con l'accusa di tradimento che pendeva sulla sua testa, nel caso di un'ulteriore fuga da parte sua. La sera prima della partenza, Ian aveva giurato che sarebbe tornato e che Davina avrebbe rimpianto di essere nata. Kehr aveva promesso a Davina, quando si erano detti addio in privato, che Ian non sarebbe tornato.
Il 9 settembre 1513, la battaglia di Flodden Field aveva travolto i patrioti scozzesi- portando via persino il loro re coraggioso- ed aveva lasciato una scia di donne dal cuore spezzato, incluse Davina e sua madre. La guerra non aveva trascinato soltanto suo marito sul campo di battaglia, ma anche suo fratello Kehr e suo padre Parlan, e si era rivelata una vittoria dolce-amara. Come aveva detto Kehr, Ian non era tornato. La sua morte l'aveva resa libera, ma le era costata la perdita dei suoi amati padre e fratello. Lo zio Tammus- che era uno dei pochi ad essersi salvato- aveva arrancato fino a casa, portando con sé i corpi di Parlan e Kehr. In mezzo agli altri numerosi uomini massacrati, il corpo di Ian non era stato trovato, visto che c'erano state così tante perdite. Avevano sepolto Kehr e Parlan nella loro terra e vederli scendere nel terreno freddo aveva dato un senso di finalità alle loro vite. Comunque, con la morte di Ian, il bambino che lei portava in grembo- da tre mesi allora- avrebbe avuto la possibilità di vivere una vita pacifica.
Anche Munro era caduto in battaglia, lasciando a Davina l'eredità delle sue proprietà e dei suoi fondi. Visto che lei non sopportava l'idea di tornare nel posto in cui Ian l'aveva terrorizzata, era tornata a casa. Ormai quel capitolo della sua vita era chiuso e la attendevano nuove responsabilità, come aiutare sua madre ad amministrare Stewart Glen. Inoltre, Tammus aveva assunto il ruolo di loro tutore e passava metà del tempo a Stewart Glen e metà nelle sue proprietà. Visto che anche suo figlio era morto in battaglia e sua moglie di parto, Tammus era stato felice di assumersi la responsabilità della famiglia.
Quindi, se i tormenti di Davina erano finiti, se Ian era morto e sepolto da tempo, come diceva sua madre... perché lui perseguitava ancora i suoi sogni? Perché lei non riusciva a sfuggire al timore del suo ritorno? Forse gli incubi erano dovuti al fatto che il suo corpo non era mai stato trovato e Ian era ancora una minaccia sospesa. Forse Davina aveva solo bisogno di perdonarlo e di smettere di odiarlo, alla fine.
Myrna entrò nella stanza, cullando un neonato che piangeva. “Vi chiama, padrona Davina.”
Davina avvertì il latte spingere in avanti nel suo seno e gocciolare sulla camicia da notte, al suono del pianto della bambina, quindi trasalì a disagio. Allungò le braccia a prendere la figlia di otto mesi dalla cameriera di sua madre. “Sì, amore,” tubò e calmò la neonata con baci e carezze sul suo piccolo viso. “Grazie, Myrna.” Davina notò che Myrna aveva perso molto peso nell'ultimo anno: la morte di Parlan e Kehr sembrava costare cara anche a lei. Davina si voltò verso sua madre. “Starò bene, madre. Cailin può stare con me per il resto della notte.”
Lilias diede a madre e bambina un bacio sulla fronte e le lasciò sole, alla luce della candela. Myrna la seguì immediatamente. Il bagliore della fiamma tremolava e danzava nel silenzio, gettando una luce soffusa sul viso della neonata. Le labbra di Davina si posarono sulla guancia di Cailin e la giovane si asciugò le lacrime. Tenere la neonata tra le braccia le fece dimenticare facilmente i suoi incubi. Sistemandosi la bimba su un fianco, aprì la camicia da notte bagnata e la bocca avida si chiuse sul suo capezzolo. Cailin smise di piangere ed emise dei soffi lievi e caldi contro la pelle di Davina.
Davina osservò la neonata che poppava- il suo nasino, le ciglia morbide sulle guance paffute, i capelli color cannella, folti e ricci, intorno al suo viso angelico. Nascose il viso tra i riccioli setosi della figlia e lasciò sgorgare lacrime silenziose tra i soffici boccoli. “Che benedizione da una maledizione,” sussurrò. Giurò a se stessa, come aveva fatto centinaia di volte dalla morte di Ian, che non si sarebbe mai più lasciata brutalizzare da un uomo.
* * * * *
La luce del sole mattutino baciò il viso di Davina e lei distese le membra in quel calore. Osservò la cameriera che apriva le tende e canticchiava una melodia, mentre prendeva i vestiti di Davina dall'armadio.
“Buongiorno, Davina.”
Davina sorrise. “Buongiorno, Rosselyn.” Si alzò dal letto, tenendo Cailin tra le braccia, e portò la figlia semi-addormentata oltre la porta-finestra, sul ballatoio esterno. Inalò a fondo l'aria fredda e sospirò. Con i mesi invernali ormai imminenti, il cielo era ancora in ombra e non era ancora illuminato dal sole che sorgeva tardi. Appoggiò la mano sul muro gelido in pietra a vista. L'orgoglio le gonfiava il petto per l'ingenuità di suo padre. Aveva usato i resti del camminamento sul muro di cinta della struttura più antica, per creare una terrazza. Quello era l'aspetto della sua camera da letto che Davina preferiva, perché offriva la vista sul cortile, sulla fitta foresta alla sua sinistra e sul villaggio in lontananza. Senza alcuna ragione apparente, sentì lo stomaco sfarfallare dall'eccitazione, come se aspettasse un dono atteso da molto tempo. Strano.
Davina sorrise e rientrò, andando a sedersi su una sedia ricamata, dove cullò la neonata; quindi aprì la vestaglia e la camicia da notte ed offrì uno dei seni turgidi alla figlia. Con avido entusiasmo, Cailin succhiò, afferrò una manciata dei capelli di Davina e chiuse gli occhi. Una balia che vivesse con loro era costosa e, anche se aveva ricevuto un'eredità sostanziosa dalla famiglia del marito, Davina faceva molta attenzione nel conservare quei fondi. Lei e la sua famiglia non possedevano titoli e il loro legami con la Corona attraverso la nascita illegittima del padre erano troppo distanti per quei lussi. Tuttavia, se la passavano abbastanza bene da possedere delle terre ed avere un rapporto reciproco con la comunità crescente di Stewart Glen. Quella sistemazione andava molto bene a Davina: la sua età e la sua posizione le permettevano di tenere un basso profilo, quindi non si preoccupava di trovare pretendenti. In ogni caso, non avrebbe mai mandato sua figlia lontano, presso una balia, ed era contenta dei seni prosperosi che le procurava l'allattamento di Cailin.
Dopo un po', Cailin smise di poppare e Davina si voltò per offrirle l'altro seno. Lilias entrò nella stanza e baciò Davina sul capo. “Vorrei che oggi aiutassi Caitrina e le sue ragazze con il bucato, Davina. Io, Rosselyn e Myrna ci faremo aiutare da Anna a spazzare e a cambiare i pagliericci.”
“Certo, madre,” disse Davina alzandosi e passando Cailin a Myrna, che portò la neonata nella nursery. “Andrete di nuovo al mercato, oggi?”
“Come previsto!” disse Lilias con finto stupore. “Devo continuare la mia eterna ricerca di nastri!” Ridacchiarono, poi Lilias uscì per dedicarsi alle proprie faccende.
Rosselyn sorrise. “Devo sbrigarmi con il nostro pasto.” Spezzò il digiuno insieme a Davina, quando ritornò con un vassoio, poi aiutò Davina a finire di vestirsi. Per prepararla al bucato di quella mattina, raccolse i lunghi capelli ramati che le ricadevano sulla schiena in una treccia stretta, che legò sotto la cuffia.
Come posso affrontare l'argomento? si chiese Davina mentre Rosselyn cercava di sistemarle le ultime ciocche. Come faceva negli ultimi tempi, Davina aveva voglia di parlare del fratello e del padre. Quale può essere il modo più adatto per introdurre l'argomento, senza farlo spuntare all'improvviso dal nulla? Guardò il vassoio, fissando il miele.
“A cosa pensi, Davina?”
Fu travolta dal sollievo, visto che Rosselyn aveva fornito una perfetta opportunità. “Stavo pensando a mio fratello, Roz. Il miele del nostro pasto mi ha ricordato che io e Kehr abbiamo fatto delle piccole incursioni di mezzanotte per molti anni.”
Rosselyn non fece alcun commento, mentre aiutava Davina a indossare la sottoveste. Allacciò la tunica di lana marrone, evitando il contatto visivo, con le lacrime che le salivano agli occhi e l'angoscia che le corrugava la fronte.
Le guance di Davina avvamparono per il silenzio di Rosselyn, ma lei continuò imperterrita. “Fino al giorno del mio matrimonio, io e Kehr sgattaiolavamo lungo i corridoi bui fino alla dispensa, ridacchiando come neonati nella nursery.”
Rosselyn non distolse mai lo sguardo