Joey Gianvincenzi

Le Regole Del Paradiso


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giravolte disordinate, precipitavano a terra.

      â€œAvevo un problema al pub” disse lui calmo, “ma tu puoi essere la soluzione”.

      Jane non riusciva davvero a capire cosa intendesse.

      â€œPapà posso spiegarti, non è come pensi…” cercò di essere convincente, ma la voce debole la tradì.

      â€œNon devi giustificarti piccola mia, possono succedere queste cose, no?” Gary era troppo calmo, pensò Jane: cosa stava tramando?

      â€œFacciamo così” concluse lui, “se stasera vieni al pub e mi aiuti a sbrigare delle semplici faccende, giuro che non ti strangolerò con la cinta dei pantaloni. Va bene, piccola bambina di papà?”

      Quel sorriso stampato in faccia e quell'aria tremendamente misteriosa terrorizzarono la ragazza.

      â€œSe potessi aiutarti, lo farei volentieri” disse lei.

      â€œPerfetto, allora adesso vai a cambiarti così da raggiungerci in macchina” disse Gary congedandosi. Poi, voltandosi, la fulminò di nuovo.

      â€œMamma Ginger ci aspetta”.

      * * *

      Il sole stava calando e il cielo si era imbrunito.

      Jane vedeva sfrecciare il paesaggio dal suo finestrino. Rifletteva guardando la gente, le case, le macchine parcheggiate.

      Dopo una silenziosissima ora di viaggio finalmente si trovarono davanti al pub di cui aveva sentito tanto parlare senza essere mai stata invitata a visitarlo.

      Jane fissò l’insegna rosa del locale ancora spenta: Gary’s Night Club. La scritta non faceva altro che confermare quello che sospettava da tempo: non era un semplice ‘pub’, come lo chiamava lui, ma si trattava di un vero night club situato in periferia, lontano da casa, dal centro e da occhi indiscreti.

      Appena entrati si notavano subito i grandi cubi dove avrebbero dovuto ballare le tre ipotetiche ballerine con tanto di pali d’acciaio per la pole dance, tavolini che sarebbero serviti per champagne, aperitivi e stuzzichini da sgranocchiare mentre ci si godeva lo spettacolo erotico. Il resto del locale era occupato da sedie in pelle scura e divanetti riservati probabilmente ai clienti abituali che pagavano il privé.

      Il locale, inoltre, era tappezzato di fotografie porno in alta definizione: donne nude su motociclette, abbracciate a uomini senza né indumenti né volti espressivi, teneri o rassicuranti. Altre rappresentazioni accattivanti e volgari erano situate su tutte le pareti.

      Jane rimase colpita dall’eleganza e dal lusso sfrenato con il quale era stato arredato il night. Suo padre era un uomo rozzo e ignorante, scontroso e sempre di malumore e si domandò come avesse fatto a rendere quel locale così chic.

      Si avvicinò a una delle tante fotografie appese alle pareti e notò che persino le cornici erano decorate alla massima potenza: addirittura, sulla testa di ogni chiodo utilizzato per reggere i quadri, era inciso un volto in miniatura di una donna con gli occhi chiusi che teneva in testa una corona di fiori.

      Le sedie, così come i divanetti, sembravano comodissime, soprattutto quelle in prima fila, che somigliavano a vere e proprie poltrone. Posti riservati a pochi eletti.

      Jane avrebbe voluto sapere molto di più su quel night, ma il padre le aveva detto che lo avrebbe dovuto aiutare solo in alcune semplici faccende e poi l’avrebbe riportata a casa, quindi non avrebbe potuto assistere al grande spettacolo che si teneva ogni sabato sera.

      O almeno così credeva.

      * * *

      Tre ragazzi e due ragazze entrano nel night.

      â€œEcco i miei figliuoli!” esclamò Gary alzando al cielo la bottiglia che aveva appena stappato. Le ragazze si scambiarono un’occhiata e abbassarono entrambe il capo. I maschi strinsero i denti e lo guardarono con occhi gelidi. I loro visi erano immobili, come paralizzati sotto lo sguardo del grande capo. Dopo averlo salutato ed essersi cambiati in quello che sembrava uno spogliatoio comune, le ragazze, armate di scopa, si accinsero a togliere tutta la sporcizia che c’era sui pavimenti mentre gli altri, muniti di stracci e disinfettanti, cominciarono a pulire i tavolini.

      â€œBravi i miei ragazzi, questo locale andrebbe a puttane senza di voi!” Scoppiò a ridere per la sua formidabile battuta. Non poteva sceglierne una migliore. Jane se ne stava in piedi vicino al bancone del bar a osservare silenziosamente quei ragazzi che lavoravano. Gary passava tra di loro, li controllava, li incitava ad andare più veloci dato che l’ora di cena si avvicinava e la clientela sarebbe arrivata poco dopo mentre lui si limitava a bere e a gironzolare come un nullafacente. Prima scambiò qualche occhiata con la figlia, poi le impose di andarsene nel suo “studio”.

      Si ritrovò in una stanzetta con un letto sfatto posizionato davanti a un megatelevisore al plasma e un comodino accanto al letto. Per il resto era vuota, non c’era nient’altro. Di fianco al televisore c’era uno specchio di quelli in cui ci si può guardare attraverso e vedere cosa succede dietro. Aprì il suo zaino e ripassò gli ultimi capitoli di filosofia.

      Erano arrivate molte persone nel locale e la musica era ormai a tutto volume. Jane era chiusa nello studio di suo padre da almeno tre ore e, nonostante il caos, riusciva perfettamente a rimanere concentrata, imprimendo nella mente i concetti chiave di ogni singolo capitolo che ripassava. Erano ormai le due passate e decise di addormentarsi, dato che ancora le semplici faccende di cui parlava Gary non le aveva svolte. Non appena si alzò per spegnere la luce e cercare di riposare, suo padre irruppe nella stanza facendola sobbalzare.

      â€œPapà!”

      In viso il signor Gary era teso, respirava affannosamente e deglutiva in continuazione. Gli occhi sembravano impazziti e si muovevano a destra e a sinistra come se cercassero urgentemente qualcosa.

      â€œSta’ zitta e vieni con me!”

      La prese per un braccio e la portò in una specie di magazzino. Dentro c’era un ragazzo di colore che sistemava bibite su alcuni scaffali d’acciaio. Il signor Gary la strattonò con forza per farla entrare dentro la stanza e si precipitò a prendere una borsa nell’armadio che era in fondo a quella topaia mal illuminata e puzzolente.

      â€œIndossa immediatamente questo e fai in fretta perché è arrivato in anticipo!” Le tirò addosso un vestitino preso da quella borsa. Più che un vestitino era una minigonna di soli dieci centimetri e un top minuscolo. Jane davvero non capiva cosa stesse succedendo.

      â€œPapà, ma questo…”

      â€œIndossalo e basta! Non avevi detto che mi avresti aiutato con semplici faccende? Questa è la prima!” gridò Gary tirandole uno schiaffo in piena faccia. Il ragazzo di colore non ci fece caso. Sembrava fosse abituato a certe cose.

      â€œTorno tra un minuto, se non ti sei cambiata giuro su tua madre morta che ti ammazzo!” e uscì come una furia scatenata. Come un animale. Come una bestia.

      A Jane, guardando quei vestiti, scesero un paio di lacrime, ma non poteva e non doveva perdere tempo. Se lo avesse fatto, suo padre l’avrebbe ammazzata sul serio. Doveva cambiarsi per forza con quel ragazzo nella stanza? Non aveva scelta. Si tolse prima la felpa, poi con molta incertezza la maglietta. Il ragazzo era ancora intento a sistemare alcune bibite e le dava le spalle. Jane aveva le mani che tremavano e sperava con tutta se stessa che non si sarebbe girato. Con un rapido gesto si tolse anche la magliettina bianca. Il top era troppo piccolo, via anche il reggiseno. Si infilò subito il minuscolo indumento e il ragazzo si girò, proprio nel momento in cui Jane coprì il seno. Il volto le andò in fiamme. Doveva togliersi anche i pantaloni.

      â€œPuoi girarti per favore?” Jane glielo chiese con il cuore in mano, si capì dal tono. Il ragazzo si girò senza dire una parola. Sfilati i pantaloni, indossò la minigonna, la