Joey Gianvincenzi

Le Regole Del Paradiso


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uomo avrebbe voluto passare una mano sul sedere tondo e sodo, toccare le gambe, o il seno, quel seno prorompente al punto giusto: le altre parti del corpo erano nude. Jane pregò di svegliarsi da quell’incubo. Il ragazzo aveva poggiato a terra la bottiglia che teneva in mano e guardandola si avvicinò slacciandosi improvvisamente i pantaloni.

      Non fece in tempo a chiedergli pietà che scattò verso di lei.

      â€œNo, ti prego, non farlo. Mio Dio, ti prego, no!” le urla della ragazza furono messe a tacere. Con la mano destra il ragazzo le tappò la bocca e con l’altro braccio la bloccò con violenza. Jane cercava in tutti i modi di divincolarsi, di scalciare o di gridare, ma quel ragazzo era veramente fuori di sé; si muoveva con foga, aveva le palpebre allargate e i denti stretti.

      â€œBocconcino, voglio scoparti!” furono le sue uniche agghiaccianti parole. Con uno scatto il ragazzo la scaraventò ferocemente contro l’armadietto di ferro e la bloccò di nuovo; con un’abile mossa si tirò del tutto giù i pantaloni e le mutande. Qualcosa di duro e lungo stava toccando le gambe di Jane. La musica del locale era alta e nessuno avrebbe potuto sentire le sue grida, Gary non c’era, quel maledetto sgabuzzino sarebbe diventato la sua trappola, quel ragazzo era il suo peggior incubo. Aveva capito che era arrivata la fine.

      Non sapeva affatto però che quello era solo l’inizio.

      * * *

      Con un movimento fulmineo, mentre la teneva ferma, il ragazzo le abbassò il top scoprendole il seno.

      Successe tutto così rapidamente. Come un maniaco sessuale perverso e ormai fuori di senno affondò la testa nel seno candido di Jane quando la porta si spalancò.

      â€œMa che cazzo stai facendo?”

      Il signor Gary però, invece di darne di santa ragione al ragazzo senza pantaloni, lo spostò come se fosse un fastidioso insetto e tirò su il top di Jane sistemandoglielo per bene, dimenticando all’istante quel che aveva appena visto.

      â€œIl momento è arrivato” il suo tono ora sembrava calmo, ma si vedeva che cercava di non perdere il controllo. Era come se fosse euforico al massimo. Era teso perché sperava di uscire da quella situazione, di riuscire a portare a termine il programma stilato per quella serata. Tutto era stato premeditato accuratamente: sua figlia sarebbe stata in grado di non fargli saltare i piani?

      â€œDai che ti sta bene questa divisa, su, sei bella”. La prese per mano e lei, scalza, lo seguì come se fosse un robot, un pupazzo, un oggetto, una prostituta.

      Ecco finalmente la vista del locale in piena attività. Decine e decine di persone eleganti parlavano tra di loro, bevevano, qualcuno era esageratamente ubriaco, ma quello che saltò subito agli occhi di Jane furono due ragazze che ballavano la pole dance sui cubi avvinghiate ai pali d’acciaio.

      Gary si rivolse a sua figlia.

      â€œVedi quelle persone che sono sedute sotto ai cubi?” Jane buttò l’occhio sui divanetti disposti proprio sotto le ragazze che ballavano, occupati da certi signori in giacca e cravatta.

      La prima fila.

      â€œSono persone di massima fiducia, tu devi stare al gioco. Ricordati una cosa: devi fargli fare quello che vogliono, non ribellarti, non rispondere in maniera offensiva e non prendere nessuna cazzo di iniziativa” spiegò la bestia con gli occhi iniettati di sangue.

      Lei annuì, ancora traumatizzata dal ragazzo di colore. Gary, stringendole il braccio, portò Jane sotto uno dei cubi vuoti.

      â€œDevi ballare su questo coso; è la prima faccenda che avevi promesso di fare” sorridendo e senza lasciarle il tempo di rispondere, la prese in braccio e la scaraventò sul cubo.

      Adesso si era trasformato: sorrideva a tutti e salutava ogni persona che gli rivolgeva la parola o un semplice cenno, si muoveva con disinvoltura e dava l’impressione di essere un uomo gentile e di gran classe.

      â€œAdesso balla e dai spettacolo” gridò Gary indicando, senza farsi notare, le persone a cui alludeva un attimo prima.

      Al centro della prima fila spiccava un personaggio molto sospetto. Avrà avuto poco meno di settant’anni, portava spessi occhiali da vista e una giacca pesante. Pantaloni grigi e scarpe nere. Era calvo, circondato da altri scagnozzi e lui, quello strano signore, doveva essere senz’altro Rütger Hoffmann. Di che affari parlava suo padre?

      Non le sembrava vero. Era su un cubo, vicino a un palo per la pole dance, davanti a un oceano di gente che le puntava gli occhi addosso. Da brava studentessa era diventata, contro la sua volontà, la nuova protagonista di un night club in cui tutti aspettavano di vederla nuda. Jane sentì girare forte la testa, ma riuscì a vedere nitidamente che la ragazza che ballava sull’altro cubo si stava scatenando e stava dando grande spettacolo. Un inquietante spettacolo: quella sarà stata una ragazzina di diciassette anni al massimo che indossava tacchi a spillo, calze nere a rete, minigonna e top. Rideva e sembrava contenta quando sentiva i fischi provenienti dal pubblico eccitato. Jane guardava quelle persone e lo schifo prevalse ferocemente su qualsiasi altro tipo di emozione; c’erano uomini vecchi che si toccavano per aumentare la loro eccitazione, ridevano mostrando denti marci, si lanciavano occhiate complici per poi tornare a guardare con lussuria le ballerine. Molti di loro erano sposati, ma c’erano uomini giovani, altri ancora giovanissimi, altri erano tristi scapoli in cerca di un po’ di movimento, di culi, di tette, di sesso; lo avrebbero trovato con le ragazze? Sì, Gary avrebbe fatto pagare una bella cifra e avrebbe spillato tanta grana a quei maiali riservando loro il suo studio. Se qualcuno avesse voluto divertirsi con Frenny, la “collega” di Jane, avrebbe accettato sicuramente e avrebbe organizzato in pochi minuti il focoso appuntamento. Tutti quei soldi facevano gola al padrone del locale; sapeva benissimo che ogni sera, tecnicamente, rischiava la galera, ma proprio chi lo poteva mettere dentro godeva più di qualsiasi altro. Gary aveva allargato incredibilmente il giro coinvolgendo persone da ogni parte degli Stati Uniti. Il suo segreto era presentare le donne più sexy alle persone che lui considerava più pericolose. Li chiamava i bastardi. Il sistema funzionava alla perfezione: fornire donne e droga a chi poteva essere tanto fastidioso da trasformarsi in un potenziale nemico.

      â€œCazzo, muovi quel culo!” Gary riprese sua figlia in visibile difficoltà. Non stava ballando; si limitava a rimanersene in piedi sul cubo, più ferma del palo d’acciaio sul quale si sarebbe dovuta avvinghiare. Gary aveva questo scenario in mente e se sua figlia non lo avesse messo in atto l’avrebbe fatta pentire d’essere nata. Doveva ballare, altrimenti i bastardi si sarebbero incazzati e solo il diavolo poteva sapere cosa avrebbero fatto.

      â€œPapà!” gridò Jane in preda al panico, “papà aiutami!”

      Un uomo di mezz’età si era alzato e si era avvicinato a lei, aveva allungato una mano e le aveva toccato la coscia. L’interno, per la precisione.

      I signori che avevano assistito alla scena ridevano di gran gusto.

      L’altra ragazza, Frenny, era scesa dal cubo e aveva cambiato il tipo di ballo: lap dance. Era alle prese con un gruppo di uomini che allungavano le mani sulle natiche, sul seno, sulle braccia. Lei sorrideva maliziosa, faceva occhiolini, tirava fuori la punta della lingua e se la passava sulle labbra, faceva smorfie erotiche con il volto fingendo continui orgasmi. Poi, finito lo spettacolo hard, saltò con gioia sul cubo e continuò a lavorare con il palo d’acciaio.

      Jane sapeva che, se non avesse fatto lo stesso, si sarebbe messa nei guai.

      * * *

      La morsa allo stomaco era fortissima.

      Mai, mai e poi mai si era sentita così sporca, così fuori luogo. Le luci tagliavano il locale in mille parti colorate e tutti si divertivano. Era salita solo da qualche minuto e gli uomini si avvicinarono improvvisamente ai cubi. La musica cambiò, segnale che annunciava l’ennesimo ballo: lo spogliarello. Jane cercò di