Alek's Books

La colpa è sua


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vuoi ringraziarmi, sarebbe un piacere poterti invitare a bere qualcosa un giorno. Decidi tu quando.”

      Presi un foglietto di carta e una biro dalla mia borsa a tracolla, segnai il mio numero di cellulare e glielo porsi. J mi guardò negli occhi, un grande punto di domanda stampato in faccia, non sicuro se accettare la proposta. Alla fine prese il biglietto. Gli sorrisi e lasciai l’appartamento senza aggiungere altro.

      Che serata. Mentre tornavo alla mia macchina non mi guardai più in giro. Il buio e l’atmosfera criminosa di quel posto non mi facevano più paura. Avevo impresso in mente solo quel viso, bagnato da lacrime di disperazione e dolore. Mi leccai le labbra. Riuscivo a sentire ancora il suo sapore in bocca. Non avessi saputo che la saliva era più o meno insapore, avrei giurato che fosse dolce. Avevo una sensazione strana nello stomaco. Molto strana. E nuova. Dormirci sopra avrebbe aiutato per digerire tutto quanto.

      Ormai erano passate due settimane da quando avevo trovato J. La speranza di rivederlo diminuiva ogni giorno che passava. Nessun sms. Nessuna chiamata. Nulla. Avrei potuto farmi trovare davanti a casa sua, ma non volevo fare la figura dello stalker di turno. Tutta la settimana avevo avuto difficoltà a concentrarmi sul lavoro. Emma era in ferie, e quindi ero da solo pure sul lavoro, in preda a paranoie e pensieri irrazionali. Mi ero abituato a non sentire più i ragazzi delle mie scappatelle e sinceramente non me ne era fregato mai niente. Certo, ogni tanto capitava quello che mi avrebbe fatto piacere rivedere, ma se non era così non l’avevo mai considerato un problema. J invece non mi passava più dalla testa. Forse era meglio così. Il ragazzo aveva già troppo a cui pensare.

      Mamma poi non credo avrebbe gradito l’idea di sapermi legato ad un personaggio così bizzarro. Mi aveva sempre immaginato insieme ad un bravo ragazzo, magari un giovane medico in carriera. Uno a gestire le faccende casalinghe, l’altro a portare a casa i soldi. La classica versione eterosessuale della coppia, insomma. Il fatto di essersi separata da papà quando avevo quindici anni, l’aveva portata a sognare un futuro diverso per suo figlio. Uno nella situazione di J non sarebbe rientrato nel suo quadro felice di famiglia alternativa.

      Per fortuna c'era tanto da fare nel centro, altrimenti le giornate non mi sarebbero più passate. E comunque non aiutava a diminuire le seghe mentali che mi facevo sui perché non si era ancora fatto vivo. Davanti a me c’era tutto un weekend, quindi o avrei preso in ostaggio Emma, o me ne sarei stato a casa, da solo, a sfasciarmi la testa sui motivi della mia sfortuna in amore.

      Ero appena tornato a casa e mi stavo preparando per la serata con Emma e il suo futuro marito Phil. Per fortuna avevano chiamato per chiedermi se avessi avuto voglia di mangiarci una pizza insieme.

      Uscito dalla doccia mi ero fermato davanti all’armadio per almeno quindici minuti per scegliere l’abbigliamento giusto. Anche se non c’era niente da scegliere. Non vi era motivo per tirarmi a lucido, tanto eravamo solo noi tre. Quindi scelsi una tuta comoda. Appena indossati i pantaloni, sentii vibrare il cellulare sul comodino. Numero sconosciuto.

       EHI BELLO. STASERA SAREI LIBERO PER QUEL DRINK. J

      Guardai l’sms per non so quanti minuti. Mi sembrava quasi irreale. Sentivo un galoppare strano. Era il mio cuore. Niente tuta! Era ora di sfoggiare il massimo di me, di dare la miglior impressione di sempre, ovviamente senza alcun secondo fine. Volevo solo offrirgli qualcosa da bere. Giusto per vederci e fare due chiacchiere. Forse. Beh, vedremo, pensai.

      EHILÀ. STASERA VA BENE. VENGO A PRENDERTI ALLE 8:30???

      Troppi punti di domanda, troppo entusiasmo palese.

      Devo chiamare Emma, pensai, sicuramente avrebbe capito. Se le avessi detto che sarei andato a bermi qualcosa con uno, non avrebbe potuto fare altrimenti che essere felice per me. In particolare modo perché sarebbe stata un’uscita pre-trombata come l’aveva sempre desiderata. Aveva aspettato una chiamata così da anni. Ma prima volevo essere sicuro che l’appuntamento, cioè, il drink, fosse cosa certa. Quindi aspettai la conferma da parte di J. Tirai fuori dei jeans strappati, una T-shirt aderente, ma non troppo, scarpe da ginnastica e un giubbotto leggero in pelle. Mentre mi stavo allacciando le scarpe, il cellulare vibrò di nuovo.

       OK. A DOPO

      E vai!

      Non avevo fatto in tempo a cercare il numero di Emma nella rubrica che mi suonò il cellulare.

      “Ciao tesoro! Sei già pronto? Noi siamo appena arrivati.”

      “Ciao Emma, senti... per stasera...”

      “Non dirmi che ci stai tirando un bidone? Come osi! Come si chiama?” scherzò.

      “Non ti posso dire ancora niente perché non siamo ancora usciti. Stasera volevamo andare a prenderci qualcosa da bere. È che mi ha appena scritto, sennò ti avrei avvertita prima.”

      Il silenzio dall’altra parte era la conferma che la notizia era stata una novità gradita per Emma. Almeno lo speravo.

      “E non avete ancora trombato???” Quasi non ci credette.

      “No.”

      “FINALMENTE!!! Giura: appena torni a casa mi devi chiamare e raccontarmi tutto!”

      “Sarà fatto!”

      Sapevo che sarei tornato a casa con assoluta certezza. Non avevo alcuna intenzione di fare con J le cose nel modo in cui le facevo sempre. Non stasera. Volevo provare a iniziare una conoscenza sì oralmente, ma senza membri in bocca. Solo a parole. Avrei chiamato Emma al massimo il giorno dopo. Non vedevo l'ora di raccontarle tutto.

      “Ok tesoro, buona serata allora! E mi raccomando, cuciti la chiusura dei pantaloni.”

      “E se devo andare in bagno?”

      “Mettiti il catetere, che ne so io, ma NON aprire quella lampo! Bacio."

      “Bacio.”

      Agganciai sorridendo. Era andata meglio di quanto avessi previsto. Erano le sette e mezza e avevo ancora abbastanza tempo per decidere dove portare J. Pensavo che posti troppo eleganti lo avrebbero messo a disagio e quindi ‘da Toni’ sarebbe stato perfetto con la sua atmosfera rilassante. O sarebbe stato forse meglio andare a prenderlo e far decidere direttamente a lui?

      Mi fermai davanti allo specchio per controllarmi. Look normale, casual. Da bad-boy. La T-shirt mi metteva in risalto le spalle e i bicipiti, mentre i jeans morbidi e strappati mi davano l'aria di uno che se ne fregava del proprio aspetto. In più mi facevano un fondoschiena da paura. Tutte quelle ore in palestra avevano dato dei risultati piacevoli. Mi feci l’occhiolino da solo per caricarmi l’autostima, quando mi resi conto dell’ansia piacevole, anche se leggermente fastidiosa, che mi stava salendo. Era come tornare ragazzino e uscire per la prima volta con qualcuno che ti piace da tanto tempo. Mi ero promesso, cuore sulla mano, di non aspettarmi nulla dalla serata. Promessa che però era destinata a perdersi velocemente e volontariamente. Avevo delle aspettative, eccome, anche se non sapevo minimamente quali. Probabilmente non volevo ammetterlo a me stesso. Era passato troppo tempo dall’ultima volta che mi ero sentito così stupido. Non riuscivo nemmeno a ricordarmela. Finito il mio monologo cerebrale diedi un’ultima occhiata al ragazzo nervoso che mi guardava dallo specchio, presi le chiavi della macchina e partii.

      Eccomi di nuovo nel nido del crimine, pensai mentre parcheggiavo la macchina. Scesi e m’incamminai a passo spedito con la testa bassa verso il palazzo nel quale abitava J. Senza compagnia, quel posto era ancora più inquietante. Non guardavo nessuno, cercando di sembrare il più disinvolto possibile. J mi venne incontro proprio quando stavo per aprire il portone. Un sorriso smagliante mi rubò il respiro.

      “Ehi”, dissi, sorridendo come un ebete. Appena J mi guardava con quegli occhi chiarissimi, di un azzurro ghiaccio diverso da tutti quelli mai visti prima, e quel suo sorriso perfetto, sentivo le mie ginocchia minacciare di cedere. Cosa mi stava facendo? Voodoo? Sarebbe stata una spiegazione quantomeno plausibile.

      “Ehi. Pronto per qualche bicchiere? Offro io”, disse, non staccando i suoi occhi dai miei.

      “Gli