Olga Kvirkveliya

Una promessa rubata


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portò il corpo nella chiesa del cimitero, ma il sacerdote rifiutò di seppellirlo nella terra consacrata: Miriam non era cristiana. Il giovane, senza dire una parola, si voltò e uscì dalla chiesa. Portò sulle braccia la ragazza al ruscello e la seppellì vicino al posto del loro primo incontro.

      Da allora il suo carattere mutò notevolmente. Anche se non era mai stato un vigliacco, adesso era diventato semplicemente sconsiderato. Sembrava che cercasse la morte. In effetti era proprio così.

      Il padre, preoccupato, pregò il prete di parlare con il figlio.

      – ‐ Sì, non ho paura della morte, anzi la voglio! Perché? Perché solo così incontrerò la mia Miriam. -‐ gli disse il giovane conte Guevara Latron.

      – ‐ Mi dispiace, -‐ il prete scosse la testa -‐ quest’incontro non potrà aver luogo. Tu sai che nel regno celeste possono entrare solo i cristiani e Miriam era musulmana.

      – ‐ Ma questo non è giusto! Non è colpa sua se è stata nata in una famiglia musulmana! Lei non sapeva neanche dell’esistenza di Cristo, come avrebbe potuto essere battezzata?

      Il prete scosse la testa con commozione, alzò le spalle e stese la mano per metterla sulla testa del giovane, ma questi si scansò e uscì frettolosamente dalla chiesa.

      Da quel giorno il conte Latron è sempre cupo. Non trova consolazione e speranza né sulla terra né in cielo, né nella vita, né nella morte. Fu così che il padre, convinto che chiodo schiaccia chiodo, decise – quale ultima speranza – di fargli intraprendere un viaggio lungo e difficile verso paesi sconosciuti, incontro a nuovi pericoli, nuovi amici e forse anche un nuovo amore.

      Ecco perché Pedro adesso si trova sulla riva del fiume presso una città dallo strano nome “Vibinum”. Il loro esercito deve recarsi al santuario dell’Angelo, sul Gargano, e da lì partire per la Terra Santa.

      Si muovono solo al tramonto. Dopo un breve tragitto il conte Latron si volta indietro. Sullo sfondo del cielo color porpora, sulla cima della montagna, biancheggia la città, somigliante alla sua Calaat-‐Rava. Si sente stringere il cuore: bisogna ricordare questo nome: Vibinum. Tornerò ancora, -‐ promette a se stesso -‐ ancora libererò Calaat-‐Rava. Forse non io ma i miei figli o i figli di miei figli. Chissà! Ma per fare questo bisognerà almeno accasarsi.

      Quest’idea inaspettata lo costringe a sorridere, per la prima volta dopo quasi un anno.

      2

      Durante la spedizione il conte non ha davvero tempo per cupi pensieri. Appare subito chiaro che egli ha l’innato talento del condottiero: tutti i Guevara erano eccellenti militari. Per questo è chiamato alla pianificazione delle operazioni militari. Certamente un ruolo importante aveva avuto anche il suo glorioso nome, la gloriosa origine.

      Ma un giorno il passato lo accappia e gli assesta un duro colpo.

      I crociati già da tempo tengono in assedio una cittadina dove una settimana prima erano esaurite acqua e cibo. Ogni giorno fuori dalle porte della città si gettano i corpi dei morti per fame e per sete: di solito bambini, vecchi e donne, perché le ultime briciole di cibo e la rugiada raccolta all’alba sono riservati ai militari. I crociati osservano attentamente se qualche corpo si muove: tra i cadaveri può nascondersi una spia.

      Giusto a mezzogiorno la porta si apre e altri corpi vengono gettati fuori. Improvvisamente tra loro sguscia una giovane donna, che comincia a correre stringendo al petto un bambino.

      – ‐ Che cosa è? – si volta Latron al vecchio interprete.

      Questi alza le spalle:

      – ‐ Cerca di salvare il suo bimbo. Ma chi glielo permetterà? Lei potrebbe descrivervi la situazione nella città.

      Infatti, dopo qualche momento di sbigottimento, in direzione della donna volano prima maledizioni poi anche pietre.

      – ‐ Guarda, risparmiano le frecce, evidentemente anch’esse stanno per finire, -‐ dice il vecchio a Latron.

      Ma questi già non sente più nulla. La figura femminile che corre, le pietre… Come la sua Miriam! Monta a cavallo e corre al galoppo incontro alla donna. In quel momento volano le frecce – poche e precise. Une delle prime si conficca nella schiena della donna. Lei cade e resta immobile.

      Quando il giovane si avvicina la donna è già morta. Il neonato succhia avidamente il suo seno, dal quale già gocciola sangue, non latte. Latron prende il suo corpicino quasi senza peso e, risalito a cavallo, torna indietro. Nella sua mente balena l’immagine del suo antenato che porta via dai nemici un altro neonato, un figlio di re. Al contrario, questo bimbo che reca con sé non è affatto un figlio di re…

      – ‐ Non sopravvivrà, è troppo debole, non riusciremo a salvarlo. E poi non sopporterebbe la vita dell’esercito. E dove troveremo il latte per lui? – dice afflitta la superiora delle suore che curano i feriti.

      Il giovane mastica della mollica, l’avvolge nello straccio più pulito che ha trovato e ne mette un po’ nella bocca del bimbo; ma questi è troppo debole e piccolo per un simile cibo… Fino alla mattina Pedro siede dondolando il bambino, che all’alba cessa di vivere…

      Il conte piange senza emettere alcun suono, disperatamente. Non aveva pianto così neppure sul corpo di Miriam. Neanche il bambino entrerà nel regno celeste. E neanche sua madre…

      Accanto al giovane si mette a sedere un frate. È come se avesse letto i suoi pensieri:

      – ‐ Non disperarti così. Lassù in cielo, tra l’inferno e il purgatorio, c’è una valle verde con un castello al quale si accede attraverso sette porte. Nel castello vivono le anime dei bambini non battezzati e delle persone che durante la vita non hanno incontrato Dio ma hanno vissuto, anche senza saperlo, secondo i suoi comandamenti. Essi non

      soffrono, non patiscono, sono quasi felici. Dico “quasi”, perché non possono vedere Dio. Il fuoco dell’inferno non li brucia, la solitudine non li gela. Il fiume mormora, i fiori sbocciano, le farfalle volano. Hanno tutto tranne la possibilità di vedere Dio e questo crea in loro un’ansia eterna… Ma, anche se non vedono Dio nessuno può confermare che non vedano Sua madre. La Madonna porta nella valle verde il sollievo e la calma… Come si traduce in spagnolo “valle verde”? Val verde? Prega alla Madonna di Valverde…

      Il discorso del monaco è ritmato e quasi ninnante. Le lacrime del conte pian piano si asciugano, il dolore ardente dell’anima si placa. “La Madonna di Valverde…», ripete dentro di sé.

      – ‐ Io stesso o i miei figli, o i figli dei miei figli libereremo dai Mori Calaat-‐Rava e costruiremo presso il ruscello il santuario della Madonna bruna con gli occhi neri, la Madonna di Valverde, per la mia Miriam, per questa donna, per il suo piccolissimo bimbo…

      3

      I crociati sono accompagnati da un gruppo di suore che solitamente curano i malati e i feriti, ma cucinano anche, riparano i vestiti e aiutano come possono i militari a superare la nostalgia.

      Pedro fa amicizia con alcune di loro, in particolar modo con suor Teresa, originaria del Sud Italia, la cui comunità è venuta con Boemondo di Taranto, figlio di Roberto Guiscardo. Di solito vivace e gioiosa Teresa ultimamente è molto cambiata. Un giorno decide di rivelare a Pedro il suo tormento:

      – ‐ Mi sembra di essermi sbagliata nella vocazione. Non per ciò che riguarda il monachesimo in generale, ma nel servizio ai crociati. Non sopporto più di veder morire anziani e bambini, colpevoli soltanto di non essere cristiani. Fascio le ferite e curo i nostri militari e la mattina successiva di nuovo essi vanno all’assalto e di nuovo muoiono degli innocenti…

      – ‐ Gli innocenti muoiono non solo per colpa nostra! -‐ replica Don Pedro, poi racconta alla suora la storia di Miriam.

      Teresa ammutolisce cercando, senza successo, parole di consolazione. È Il conte stesso a rompere il silenzio:

      – ‐ Credo che questi pensieri tormentino non