Luigi Pirandello

In Silenzio


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allora tra sé Maragrazia, premendosi più forte la lettera sul seno. – Con che cuore potete partire? Promettete di ritornare; poi non ritornate più… Ah, povere vecchie, non credete alle loro promesse! I vostri figliuoli, come i miei, non ritorneranno più… non ritorneranno piu…

      A un tratto, si fermò sotto un lampioncino, sentendo romor di passi per la viuzza Chi era?

      Ah, era il nuovo medico condotto, quel giovine venuto da poco, ma che presto – a quanto dicevano – sarebbe andato via, non perché avesse fatto cattiva prova, ma perché malvisto dai pochi signorotti del paese. Tutti i poveri, invece, avevano preso subito a volergli bene. Sembrava un ragazzo, a vederlo; eppure era proprio vecchio di senno, e dotto: faceva restar tutti a bocca aperta, quando parlava. Dicevano che anche lui voleva partire per l’America Ma non aveva più la mamma, lui: era solo!

      – Signor dottore, – pregò Maragrazia vorrebbe farmi una carità?

      Il giovane dottore si fermò sotto il lampioncino, frastornato. Pensava, andando, e non s’era accorto della vecchia.

      – Chi siete? Ah, voi..

      Si ricordò d’aver veduto più volte quel mucchio di cenci davanti alle porte delle casupole.

      – Vorrebbe farmi la carità, – ripeté Maragrazia, – di leggermi questa letterina che debbo mandare ai miei figliuoli?

      – Se ci vedo… – disse il dottore, ch’era miope, rassettandosi sul naso le lenti.

      Maragrazia trasse dal seno la lettera; gliela porse e restò in attesa ch’egli cominciasse a leggerle le parole dettate a Ninfarosa: – Cari figli… – Ma che! Il medico, o non ci vedeva, o non riusciva a decifrare la scrittura: accostava agli occhi il foglietto, lo allontanava per vederlo meglio al lume del lampioncino, lo rovesciava di qua, di là… Alla fine, disse:

      – Ma che è?

      – Non si legge? – domandò timidamente Maragrazia.

      Il dottore si mise a ridere.

      – Ma qua non c’è scritto nulla, – disse. – Quattro sgorbii, tirati giù con la penna, a zig-zag. Guardate.

      – Come! – esclamò la vecchia, restando.

      – Ma sì, guardate. Nulla. Non c’è scritto proprio nulla.

      – Possibile? – fece la vecchia. – Ma come? Se gliel’ho dettata io, a Ninfarosa, parola per parola! E l’ho vista che scriveva…

      – Avrà finto, – disse il medico stringendosi nelle spalle.

      Maragrazia rimase come un ceppo; poi si diede un gran pugno sul petto:

      – Ah, infamaccia! – proruppe. – E perché m’ha ingannata così? Ah, per questo, dunque, i miei figli non mi rispondono! Dunque, nulla! Mai nulla ha scritto loro di tutto quello che io le ho dettato… Per questo! Dunque non ne sanno niente i figli miei, del mio stato? Che io sto morendo per loro? E io li incolpavo, signor dottore, mentr’era lei, quest’infamaccia qua, che si è sempre burlata di me… Oh Dio! Oh Dio! E come si può fare un simile tradimento a una povera madre, a una povera vecchia come me? O oh, che cosa! Oh…

      Il giovane dottore, commosso e indignato, si provò dapprima a quietarla un poco; si fece dire chi fosse quella Ninfarosa, dove stesse di casa, per farle il giorno dopo una strapazzata, come si meritava. Ma la vecchia badava ancora a scusare i figliuoli lontani del lungo silenzio, straziata dal rimorso d’averli incolpati per tanti anni dell’abbandono, sicurissima ora ch’essi sarebbero ritornati, volati a lei se una sola di quelle tante lettere, ch’ella aveva creduto di mandar loro, fosse stata scritta veramente e fosse loro pervenuta.

      Per troncare quella scena, il dottore dovette prometterle che la mattina seguente avrebbe scritto lui una lunga lettera per quei figliuoli:

      – Su, su, non vi disperate così! Verrete domattina d Me. A dormire, adesso! Andate a dormire.

      Ma che dormire! Circa due ore dopo, il dottore, ripassando per quella straducola, la ritrovò ancora lì, che piangeva, inconsolabile, accosciata sotto il lampioncino. La rimproverò, la fece levare, le ingiunse d’andar subito a casa, subito, perché era notte.

      – Dove state?

      – Ah, signor dottore… Ho un casalino, qua sotto, all’uscita del paese. Avevo detto a quell’infamaccia di scrivere ai figli miei che lo avrei loro ceduto in vita, se volevano ritornare. S’è messa a ridere, svergognata! Perché sono quattro muretti di creta e canne. Ma io…

      – Va bene, va bene, – troncò di nuovo il dottore . – Andate a dormire! Domani scriveremo anche del casalino. Su venite, v’accompagno.

      – Dio La benedica, signor dottore! Ma che dice? Accompagnarmi, vossignoria! Vada, vada avanti; io sono vecchierella e vado piano.

      Il dottore le diede la buona notte, e s’avviò. Maragrazia gli tenne dietro, a distanza; poi, arrivata al portoncino in cui lo vide entrare, si fermò, si tirò sul capo lo scialle s’avvolse bene, e sedette su lo scalino lì davanti la porta per passarvi la notte, in attesa.

      All’alba, dormiva, quando il dottore, ch’era mattiniero uscì per le prime visite. Essendo il portoncino a un solo battente, nell’aprirlo, si vide cadere ai piedi la vecchia dormente, che vi stava appoggiata.

      – Ohé! Voi! Vi siete fatta male?

      – Vo… vossignoria mi perdoni, – balbettò Maragrazia, ajutandosi, con ambo le mani, avviluppate nello scialle, a rizzarsi.

      – Avete passato qua la notte?

      – Sissignore… È niente, ci sono avvezza, – si scusò la vecchia. – Che vuole, signorino mio? Non mi so dar pace… non mi so dar pace del tradimento di quella scellerata! Mi verrebbe d’ammazzarla, signor dottore! Poteva dirmi che le seccava scrivere, sarei andata da un altro; sarei venuta da vossignoria, che è tanto buono…

      – Sì, aspettate un po’ qua, – disse il dottore. – Ora passerò io da questa buona femmina. Poi scriveremo la lettera, aspettate.

      E andò di fretta dove la vecchia la sera avanti gli aveva indicato. Gli avvenne per caso di domandare proprio a Ninfarosa, che si trovava già in istrada, l’indirizzo di colei a cui voleva parlare.

      – Eccomi qua, sono io, signor dottore, – gli rispose, ridendo e arrossendo, Ninfarosa; e lo invitò a entrare.

      Aveva veduto passare più volte per la stradetta quel giovane medico dall’aspetto quasi infantile, e com’era sempre sana, e non avrebbe saputo finger di star male per chiamarlo, ora si mostrò contenta, pur nella sorpresa, che egli fosse venuto da sé per parlare con lei. Appena seppe di che si trattava, e lo vide turbato e severo, si piegò, procace, verso di lui, col volto dolente, per il dispiacere ch’egli si prendeva senza ragione, via! E, appena poté, senza commettere la sconvenienza d’interromperlo:

      – Ma scusi tanto, signor dottore, – disse, socchiudendo i begli occhi neri, – lei s’affligge sul serio per quella vecchia matta? Qua in paese la conoscono tutti, signor dottore, e non le bada più nessuno. Lei domandi a chi vuole, e tutti le diranno che è matta, da quattordici anni, sa? Da che le sono partiti quei due figliuoli per l’America. Non vuole ammettere che essi si siano scordati di lei, com’è la verità, e s’ostina a scrivere, a scrivere… Ora, tanto per contentarla, capisce? Io fingo… così, di farle la lettera; quelli che partono, poi, fingono di prendersela per recapitarla. E lei, poveraccia, s’illude. Ma se tutti dovessimo far come lei, a quest’ora, signor dottore mio, non ci sarebbe più mondo. Guardi, anch’io che le parlo sono stata abbandonata da mio marito… Sissignore! E sa che coraggio ha avuto questo bel galantuomo? Di mandarmi un ritratto di lui e della sua bella di laggiù! Glielo posso far vedere. Stanno tutti e due con le teste, l’una appoggiata all’altra e le mani afferrate così, permette? Mi dia la mano… così! E ridono, ridono in faccia a chi li guarda: in faccia a me vuol dire. Ah, signor dottore, tutta la pietà è per chi parte e per chi resta niente! Ho pianto anch’io, si sa, nei primi tempi; ma poi mi sono fatta una ragione, e ora… ora tiro a campare e a spassarmela anche, se mi capita, visto che il mondo è fatto così!

      Turbato