Emilio Salgari

I minatori dell' Alaska


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ci siano altri agguati?

      – Io non lo so; apriremo bene gli occhi e devieremo.

      – Come hanno fatto quei due a precederci?… Ciò mi sorprende.

      – Forse erano partiti molto prima degli altri. Ah!… Non vedete i loro cavalli fuggire attraverso la prateria?… Li avevano nascosti facendoli coricare fra le erbe. Su, spronate senza riguardo, ora, e cerchiamo di prendere il largo piegando verso le rive del lago.

      I due mustani, che fino allora li avevano seguiti in piena libertà, spronati vivamente, partirono ventre a terra, guadagnando in pochi minuti più di cinquecento passi sui cavalli già esausti degli inseguitori. Gli altri due li seguivano sempre, pronti a sostituirli correndo ora dinanzi e ora ai fianchi dei due fuggiaschi. Percorso un altro miglio. Bennie si voltò.

      Dei quaranta e più indiani, solamente dieci o dodici resistevano ancora; tutti gli altri avevano dovuto arrestarsi e si vedevano dispersi per la prateria, a una distanza tale da far loro perdere ogni speranza di poter dare la caccia alle due capigliature degli uomini bianchi.

      – Benissimo!… – esclamò il cow-boy, allegramente. – Ora sono una dozzina ancora, e fra un quarto d’ora saranno due o tre, e allora faremo parlare un’ultima volta i fucili. Siete stanco, giovanotto?

      – Un poco, lo confesso, – rispose Armando.

      – Vi domando mezz’ora, poi vi riposerete, amico.

      – Guadagnamo sempre?…

      – Siamo già a mille metri.

      – Che bravi cavalli sono i vostri.

      – Sono stati scelti con grande cura. Diavolo! Nella prateria dalle gambe di un cavallo dipende la salvezza del cow-boy. Che disgrazia aver perduto il mio Caribou! Era un cavallo impareggiabile che non potrò mai più sostituire. Al diavolo quei dannati indiani!. Coda Screziata me la pagherà, però, parola di Bennie Blight!…

      I quattro cavalli, eccitati dai due cavalieri, divoravano intanto lo spazio salendo e scendendo le ondulazioni della pianura. La prateria tendeva allora a cambiare. Alle alte graminacee, alle macchie di erba salvia, di assenzio, di semprevivi campestri, di opunzie nane, alle saponacee e ai buffalo-grass, succedevano boschetti di nocciuoli selvatici, di girasoli splendidi coi loro grandi fiori gialli rivolti al sole, di sommacchi, di salici rossi e di pioppi bianchi del Canada.

      – Siamo vicini al lago, – disse Bennie. – Involontariamente abbiamo descritto un ampio semicerchio che ci ha portati verso le rive orientali del Piccolo lago.

      Si voltò e guardò gli indiani. Non ce n’erano che tre; tutti gli altri erano rimasti indietro e molto probabilmente avevano raggiunto il grosso della banda, rinunciando alle due capigliature dei bianchi.

      – Ah!… Ah!… – esclamò il cow-boy. – Si sono finalmente decisi a tornarsene indietro.

      – E quei tre? – chiese Armando,

      – Ora penseremo a loro, tanto più che vedo Coda Screziata. Quel dannato indiano non rinuncerà alla sua vendetta, ne sono certo, ma siamo abili tiratori, è vero. Armando?… Saliamo quel poggio e li attenderemo nella pianura. Coraggio, ancora uno sforzo, povere bestie.

      I quattro cavalli salirono una collinetta cosparsa di cespugli, poi discesero il versante opposto, arrestandosi presso un gruppo di quercie nere che crescevano sulle rive di un piccolo stagno. Bennie e Armando balzarono a terra coi fucili in mano e attesero la comparsa degli indiani.

      – Devo abbattere gli uomini o i cavalli? – chiese Armando.

      – Gli uomini, giovanotto. Bisogna sopprimerli tutti e tre o seguiranno più tardi le nostre tracce e verranno ad assalirci nel nostro nascondiglio. Ah!… Eccoli!…

      Un indiano era comparso sulla cima della collinetta, seguito subito da Coda Screziata e da un altro. I loro cavalli, bianchi di schiuma, non erano più capaci di reggersi poiché di tratto in tratto incespicavano col pericolo, in caso di una caduta, di non più rialzarsi. Vedendo i due bianchi a terra, i tre indiani mandarono grida di trionfo, credendo che fossero stati costretti a fermarsi per la stanchezza dei mustani. Coda Screziata afferrò il winchester, mentre gli altri due, che erano armati di lance e parevano possedere i migliori cavalli della tribù, si lanciavano giù dalla collina, sterzando furiosamente i loro destrieri. Bennie era balzato fuori dal boschetto seguito dal giovane Armando. Puntò rapidamente il fucile mirando il primo indiano che si trovava a soli trecento passi, poi fece fuoco. Cavallo e cavaliere, colpiti forse contemporaneamente, caddero, scomparendo fra le alte erbe, Un istante dopo, il primo s’alzò fuggendo a gran galoppo, lasciando a terra il padrone.

      – A voi, Armando!… – gridò Bennie.

      Il giovanotto mirava già il secondo indiano che si era arrestato a mezza via, titubante. Lo sparo tu seguito da un urlo di dolore e l’uomo cadde. Coda Screziata fermò il proprio cavallo e aprì un vero fuoco di fila contro i due bianchi, ma al quinto sparo lo si vide vacillare, poi cadere assieme alla cavalcatura. Bennie, che aveva introdotta una nuova cartuccia nel fucile, aveva fatto fuoco, e, come sempre, non aveva mancato il colpo.

      Balzarono sui loro cavalli e si allontanarono a spron battuto, senza udire una voce minacciosa che gridava loro:

      – Avrò le vostre capigliature!…

      IX – SULLE RIVE DEL PICCOLO SCHIAVO

      Mezz’ora dopo quell’inseguimento ostinato, a cui erano sfuggiti per miracolo, Bennie e il suo compagno giungevano sulle rive del lago, in un luogo riparato da grandi pini e da abeti neri che lanciavano arditamente le loro punte a cinquanta e perfino a sessanta metri d’altezza. Essendo stanchi, decisero di fermarsi qualche ora anche per lasciare tempo agli indiani di ritirarsi, temendo d’incontrare qualche altra banda sulle rive del lago. Bennie e Armando fecero raccolta di lamponi, si divisero fraternamente tre biscotti che fortunatamente avevano trovati nelle tasche, poi si coricarono in mezzo alle erbe, sorvegliando i cavalli che si erano messi a pascolare. Il luogo pareva assolutamente deserto. Nessuna capanna, nè alcun wigwam si vedeva alzarsi su quelle sponde, nè alcun canotto solcare le placide acque del lago. Anche la selvaggina mancava. Solamente sugli alberi gracchiavano alcuni corvi e si vedevano volare sui rami alcuni colombi selvatici, mentre presso i canneti si udivano strepitare delle coppie d’uccelli acquatici. Bennie e il suo giovane compagno sostarono una mezz’ora, tendendo l’orecchio per raccogliere i più piccoli rumori che potevano annunciare un ritorno offensivo degli indiani, poi risalirono in sella, riprendendo la corsa.

      – Andiamo a raggiungere i compagni – disse il cow-boy ad Armando. – Dovranno essere assai inquieti per la nostra assenza e chi sa, forse ci crederanno già uccisi e scotennati.

      – Credete che abbiano potuto raggiungere il rifugio?…

      – Non abbiamo sentito alcuna detonazione echeggiare verso quelle rive, buon segno dunque. Ma…

      – Che cosa avete?…

      – Sapete che mi tormenta un pensiero?

      – E quale?…

      – Che ho avuto torto a non risalire il colle per vedere se Coda Screziata fosse stato proprio ucciso. Ordinariamente non manco mai i miei colpi di fucile però non sono interamente sicuro della morte di quel furfante

      – Anche se non l’avete ucciso, credo che nessuna speranza gli rimarrebbe di riprendervi.

      – Eh!… Giovanotto voi non sapete quanto gli indiani sono cocciuti nelle loro vendette.

      – Volete un consiglio, signor Bennie?

      – Parlate.

      – Venite con noi nell’Alaska.

      – Il viaggio non mi spaventa, ve lo assicuro quantunque quella regione sia un pò troppo lontana, vorrei però sapere che cosa andremo a fare laggiù.

      – Ve lo dirà mio zio.

      – Vedete, per me vecchio scorridore delle praterie cacciatore e cercatore d’oro, poco mi importa essere qua o a casa del diavolo purché ci sia da guadagnare un pò