Emilio Salgari

I minatori dell' Alaska


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Gli indiani hanno ancora la brutta abitudine di ornarsi con i capelli dei vinti. Suvvia, al galoppo!…

      I quattro cavalli partirono ventre a terra, seguendo la riva del lago. Bennie, che non si fidava completamente dei due guerrieri di Nube Rossa, percorsi cinquanta passi, aveva cominciato a trattenere il suo mustano, lasciandosi sorpassare dagli altri tre per mettersi in coda.

      Gli premeva guardarsi alle spalle e sorvegliare contemporaneamente Corno Vuoto e Vitello Bianco, poiché non si fidava affatto dell’amicizia di Nube Rossa e delle sue proteste di amicizia verso il Gran Cacciatore. Conosceva troppo bene gli indiani per contare sulle loro parole, e per illudersi sulla loro generosità. Anzi, pur galoppando, continuava a voltarsi indietro e guardava specialmente il bosco, temendo di vedersi inseguito o di cadere in qualche imboscata abilmente preparata.

      – Uhm! – mormorò, crollando il capo. – Se riesco a giungere al campo, senza perdere la capigliatura, domani mi affretterò ad andarmene molto lontano, assieme a Back e al bestiame. Qui non spira più buon’aria per noi e me lo saprà dire presto Coda Screziata.

      Fortunatamente le sue pessimistiche previsioni, almeno per il momento, non s’avverarono. Il drappello potè attraversare tranquillamente tutta la parte boscosa della riva del lago senza fare brutti incontri e arrivare nella prateria. Al margine dell’ultimo lembo della foresta, i cavalieri accordarono ai mustani un breve riposo, poi verso la mezzanotte ripartirono di buon trotto, inoltrandosi attraverso le alte erbe. Bennie cominciava a rassicurarsi, non avendo notato nulla di sospetto nel contegno dei due indiani. Se Nube Rossa non aveva tentato il colpo fra le macchie, dove un’imboscata era facile, era da sperare che nulla accadesse nella prateria, tanto più che una splendida luna piena brillava in cielo, permettendo di scorgere un cavaliere a grande distanza. Ormai tranquillo, Bennie si era messo alla testa e spronava il corsiero, impaziente di arrivare all’accampamento. Doveva essere l’una, quando sulla sconfinata prateria distinse la coperta del carro, che spiccava come una grande macchia bianca sul verde cupo delle alte erbe. Un lungo respiro gli uscì dal petto, un vero respiro di sollievo.

      – Finalmente!… – esclamò. – Speriamo che nulla sia accaduto.

      Galoppò fino a un centinaio di passi dal carro, poi s’arrestò, dicendo ai due indiani: – Voi aspetterete qui il ritorno di Coda Screziata. Laggiù ci sono gli uomini della Grande Madre e voi non dovete entrare nel loro campo.

      – Il Gran Cacciatore diffida di noi?… – chiese Corno Vuoto, non dissimulando un gesto di malumore.

      – No, ma così è stato convenuto fra me e Nube Rossa.

      – Sia, però noi non affideremo il prigioniero al Gran Cacciatore se prima non giungerà qui Coda Screziata, – disse Vitello Bianco.

      – È giusto: aspettatemi.

      Bennie avanzò al passo verso il carro, attorno al quale si scorgevano, sdraiati confusamente, i buoi e i cavalli. Non ne distava che pochi metri, quando vide alzarsi fra le erbe una forma umana, la quale gli spianò contro un fucile, gridando:

      – Chi vive?…

      – Sono io. Back – rispose il cow-boy.

      – Tu, Bennie?

      – In carne ed ossa.

      – E il prigioniero?…

      – È salvo; dorme ancora Coda Screziata?

      – Lo credo.

      – Va a svegliarlo e conducilo qui, e avverti lo scotennato che gli conduco suo nipote.

      – Fra due minuti sarò da te.

      – Una parola ancora: hai notato nulla di sospetto?…

      – Assolutamente nulla, ma…

      – Ah!… C’è un ma?…

      – Io non so, ma due ore or sono ho udito dei lupi urlare verso il bosco, poi ne ho veduti quindici o venti fuggire attraverso la prateria.

      – Diavolo!.. – esclamò Bennie aggrottando la fronte e lanciando verso nord un lungo sguardo. – Chi avrà spaventati quei lupi?… Uhm!… C’è odore di tradimento… Back, affrettati; poi attacca i cavalli al carro e sveglia il bestiame.

      – Vuoi partire?

      – Di corsa, mio caro, o lasceremo qui le nostre capigliature.

      Il messicano ne sapeva abbastanza. Si lanciò di gran fretta verso il carro, tagliò le corde che imprigionavano l’indiano e lo svegliò con una brusca scossa, dicendogli:

      – Ehi, amico, in piedi; ci sono dei tuoi camerati che ti aspettano.

      L’indiano, che era ancora mezzo addormentato, si stropicciò gli occhi, poi la fronte; si alzò lentamente in piedi senza manifestare nè sorpresa, nè gioia a quelle parole, e scorgendo quel gruppo di cavalieri immobili fra le alte erbe, se ne andò tranquillamente, limitandosi a dire: – A’hu!

      Corno Vuoto e Vitello Bianco, vedendo avanzare Coda Screziata, lasciarono andare il prigioniero dalla pelle bianca, il quale si affrettò a scendere dal mustano e raggiungere Bennie. Coda Screziata passò dinanzi a loro, salì con la sua solita calma sul mustano nero di Nube Rossa, poi volgendosi verso il cow-boy e tendendo verso di lui la destra, con un gesto pieno di minaccia, gli disse:

      – Avrò la tua capigliatura.

      Poi allentò le briglie e s’allontanò a corsa sfrenata, seguito da Vitello Bianco e da Corno Vuoto, mentre Bennie alzava le spalle, dicendo:

      – Sì, se mi troverai!…

      VII – LA FUGA

      Quando Bennie giunse al campo, Back aveva già fatto alzare il bestiame a gran colpi di frusta, e stava attaccando i cavalli al carro monumentale, avendo l’abitudine di obbedire prontamente al vecchio scorridore di prateria, che sapeva molto prudente e molto pratico in fatto di pericoli. Bennie lasciò che il giovane prigioniero si occupasse dello scotennato, e si mise ad aiutare febbrilmente il compagno, essendo ansioso di prendere il largo al più presto, presentendo, col suo infallibile istinto di cacciatore, una imminente sorpresa. La minaccia di Coda Screziata, la fuga dei lupi e la rapace avidità nonché lo spirito vendicativo degli indiani, erano motivi sufficienti per fargli sospettare un improvviso ritorno di Nube Rossa, il quale non doveva essersi così facilmente rassegnato a perdere il prigioniero che aveva votato alla morte. A quei due uomini bastarono dieci minuti per attaccare i cavalli e per radunare il bestiame. Stavano per dare il segnale della partenza, quando il giovane prigioniero, che aveva avuto un colloquio, con lo scotennato, comparve dicendo:

      – Vedo che vi preparate a lasciare questo posto.

      – È vero, – rispose Bennie. – Bisogna premunirsi contro un nuovo attacco da parte degli indiani.

      – Dove andate?

      – Sulle rive occidentali del lago, per ora.

      – Passerete accanto al nostro carro?

      – Vi preme?…

      – C’è là una cassa che gli indiani non hanno forse potuto sfondare e che potrebbe più tardi essere per noi, e anche per voi, d’immensa utilità, nel caso vi decideste a seguirci.

      – Che cosa diavolo può contenere?… – chiese Bennie. – Ho sentito vostro zio parlare di tesori favolosi.

      – Che cosa ci sia dentro, lo ignoro, ma mio zio vi pregherebbe di non abbandonarla nella prateria.

      – Se lo desidera, passeremo vicino al carro e cercheremo di caricarla sul nostro. Come sta vostro zio?…

      – Si lamenta di acuti dolori, però è un uomo forte, di una robustezza eccezionale, e mi ha detto che in caso di pericolo potrete contare su di lui.

      – Ecco una buona promessa, giovanotto.

      – Corriamo qualche pericolo?

      – Lo temo.

      – Disponete della mia vita.

      – No, giovanotto, cercheremo di risparmiarla, –