maggiore riuscirà il diletto che il vostro romanzo procaccerà; son poi vietati dalle prefate leggi i lunghi episodi, i parlari dell'autore, quand'anche sien posti in bocca de' personaggi, i brani di morale, e siffatte cose, sotto pena che il romanzo cada di mano al lettore addormentato: questo prescrivono le leggi del romanzo, piene d'equità, ma contro a quelle stanno molti fatti dove elle non ebbero alcun potere, e, per tacere d'altri esempi, parlerò adesso dei Promessi Sposi. Il romanzo del Manzoni va contro tutti gli ordinamenti prefati; lascio stare l'oscurità de' personaggi che fanno da protagonisti, e dico degli episodi, che son tanti e sì lunghi, che in essi la storia de' Promessi Sposi si perde, e per poco non diventa una cosa accessoria: che è mai infatti la storia, che sopra ho descritta, rispetto alle tante altre cose che ingrossano questo libro; in cui troviamo trattati di economia pubblica, disquisizioni storiche, tirate di morale, omelie di vescovi, prediche di cappuccini, ecc.? Per le quali cose, che altro dovrebbe accadere, stando alle leggi dell'arte, se non istanchezza infinita nel lettore, sbadigli, sonno; eppure la faccenda cammina diversamente, e ognun può vedere che il romanzo del Manzoni corre rapidamente per tutte le mani ed è letto con avidità. Qual cosa concludano poi tanti leggitori come son giunti in fine, io non lo so, ma per il fatto mio affermo che questa lettura m'ha trattenuto piacevolmente assai, e che m'è doluto quando col libro vidi toccare il termine il mio diletto. Fenomeni! casi strani! Ma vediamo un po' se ne venisse fatto di porre innanzi alcuna ragione ad intendere il caso strano. Non togliamo più a ragionare delle leggi onde si governa il romanzo, nè vogliasi inquisire se il Manzoni le abbia osservate, e se questo sia quindi vero romanzo, o che altro sia; da chi volesse contendere su questo punto io mi spiccerei con dire: amico, se nol vuoi romanzo, sarà storia, sarà trattato, sarà un saggio, qualcosa sarà: e per isfuggire anzi affatto ogni questione di titolo, lo chiamo libro. Ora, in questo libro, l'autore deviando ad ogni tratto dalla storia de' Promessi Sposi, scorre, come sopra io diceva, a ragionare d'altre cose, che hanno bensì una relazione stretta col soggetto principale, ma non era forse mestiere che vi si spendessero tante parole. Pur non ostante, tutte coteste cose, che sembrano scucite, le stanno bene insieme, e non mandano suoni discordi, e non isviano punto l'animo del leggitore. Da qual movente può egli derivar questo? Sarebbe egli mai che la condotta e il legame dell'affetto suppliscono a quella condotta e a quel legame che mancano apparentemente nell'opera? Veggo di vero che essa è tutta intuonata a un modo. L'ingegno sommo e il cuor candido di chi dettò son le corde che risuonano da per tutto, son quelle che mantengono una soave consonanza, che formano una reale unità, una verace condotta; quella condotta appunto e quell'unità che ammiriamo nelle odi di Pindaro, le quali pur toccano tante corde e così disparate da parer cose strambe chi non sentisse che le stanno tutte come a dire entro lo stesso accordo: e appunto d'un sì fatto genere sono le opere del Manzoni; ma non ci discostiamo dai Promessi Sposi. In questo libro l'A. ci dispiega un bel tratto di storia patria con accurata fedeltà, con nitido ordine, con sottile e sana critica. In questo libro abbiamo una viva pittura de' costumi del secolo XVII. In questo libro troviamo rappresentati colle vere loro tinte caratteri d'ogni maniera, d'ogni cognizione, d'ogni stato. Abbiamo dipinte orrende scelleratezze, che son toccate con pennello sì gagliardo da scuotere il cinico più gelato; poi t'imbatti in certe scene gioconde, dove la forza comica è accompagnata ad una morale che ti consola; poi siam trasportati in situazioni pietose, commoventissime. Il pensiero dell'A. scorre leggerissimo sui vari soggetti, nè il seguirlo riesce cosa grave alla nostra mente, poichè o penetri acutissimo, e sul fare di Sterne, fin ne' più profondi recessi del cuore umano, o si levi sublime con alti e luminosi concetti, o rapido voli a raggiungere idee lontanissime e disparate onde farne ingegnoso ed inaspettato confronto, tu travedi sempre la mente dell'A. tutta intesa con costante perseveranza a dei casi veri, interamente, liberamente, e non con altro animo, tranne quello che ne abbia l'umanità giovamento e diletto. Io potrei avvalorare le cose sopraddette, trascrivendo qui dal libro alcuni luoghi, belli in sommo grado e immaginosi. I vari quadri della pestilenza; certi gruppi del sollevamento popolare; i passi drammatici dove fa sì bello spicco quella grande anima di fra Cristoforo; il sogno di Don Rodrigo, che pare uscito dal cervello di Shakespeare, tanto è cosa caldamente immaginata; potrei trascrivere la descrizione dei dintorni di Lecco, che la è felice e magnifica quanto un quadro del Lorenese, e molti altri passi potrei allegare (se la legge della brevità me lo concedesse) per li quali si verrebbe a mostrare quanta energia, quale elevatezza, qual fonte d'affetto e di voluttà squisita si contenga nel libro dei Promessi Sposi, comunque alcuni abbiano affermato, nè io vo' negarlo, ch'e' sappia d'ascetico… Sì, signori, d'ascetico: e ne tornerà per questo meno piacevole la lettura? Ma siamo anime forti, e queste debolezze, che ponno intertenere i pusilli, non entrano punto nei nostri spassi, se non quando le divengono soggetto d'allegro ed ingegnoso motteggio nelle amene brigate. V'intendo, o signori, e capisco che vorrete per conseguente essere anche persone di carattere, n'è vero? In questo caso v'è sicuramente interdetto il gusto di questa lettura. Poichè fra le vostre mani un libro mezzo ascetico potrebbe farvi scadere da quella reputazione di gagliardia… pensava per la soddisfazion vostra a un ripiego… Uditemi; e se vi procacciaste questo libro di cheto e ve lo leggeste segretamente?»39.
Nella Gazzetta di Milano così ne scrisse Francesco Pezzi: «L'autore è chiaro per molti conti. Nepote dal lato materno del gran Beccaria, egli non si ristette al lustro che gli deriva da questa affinità. Giovane ancora, il Manzoni alzò grido di facile ingegno. Più tardo, salì i gioghi di Pindo con fausto successo. Il carme in morte dell'Imbonati sta presso ai Sepolcri del Pindemonte, del Foscolo, del Torti. Gli inni in onor di Maria spirano la soavità della grazia terrestre. In altri lirici componimenti la sua musa si spinse a nobile altezza. Trattosi quindi nel sentiero in cui quel d'Asti raccolse il retaggio della Greca Melpomene, il Manzoni volle trattare argomenti semplici sulle norme della scuola romantica. Delle due tragedie ch'ei scrisse non rimangono nella memoria che alcuni concetti ed isolate bellezze di stile. In fine egli attese alla prosa. Il Manzoni può dirsi il primo che abbia ora compiuto un vacuo fra noi in un ramo di letteratura, nel quale gli stranieri peccano d'abbondanza. Sia storia o romanzo, il suo libro mancava all'Italia. Da lungo tempo non facciam che discutere sul modo di concepire e di scrivere. Il Manzoni frattanto non discuteva, ma concepiva e scriveva. Il nuovo parto della sua mente incatena l'attenzione del leggitore: crediamo con queste parole averlo definito abbastanza. La ragione della voga di quest'opera salta agli occhi immediatamente. Varietà ed importanza di avvenimenti; pittura energica d'usi e di costumanze, di cui non si è perduta la traccia; caratteri vivamente tratteggiati; passioni poste in contrasto, le vie dell'animo ricercate, e tutto ciò senza sforzo, senza l'orpello dell'esagerazioni, senza sussidio di mezzi incomprensibili; ecco l'origine prima da cui deriva quell'allettamento che infondesi alla lettura dei Promessi Sposi. Se a questo s'aggiunga un bel calcolato riparto di tanti episodi, che presi isolatamente parrebbe a prima giunta non potersi unire al soggetto fondamentale, ma che vi si combinano come tanti raggi nel centro d'un disco, e si avrà ragione dell'aura ond'è onorato il lavoro del Manzoni. L'autore non attinse la principal vicenda narratavi a fonte luminosa, in quanto che i veri protagonisti dell'azione non sono illustri per alcun conto. Ma s'egli non comincia a intertenerci che della promessa fede di due amanti poveri e oscuri, mano a mano che va tessendo la loro istoria, da semplice che era, s'avviluppa con grande artificio, collegandosi ad avvenimenti ed a persone di grande importanza; locchè addoppia la sollecitudine del leggitore nel momento in cui crederebbesi che dovesse scemare». Il Pezzi piglia poi a riassumere «le cose esposte, sviluppate e condotte con finissimo accorgimento nel primo e nel secondo volume dell'opera del Manzoni»; promette di parlare «quanto prima del terzo e ultimo»; e di ragionare anche, «colla guida d'onesta critica», della lingua e dello stile usati dall'autore, «non senza provare com'egli, tutto pieno del suo soggetto, siasi mostrato ad un tempo filosofo, moralista, uom di mondo e pittore»40.
Curioso è il giudizio che ne dette il Corriere delle Dame: «Appena uscita l'opera, ognuno si fece a dire: è uscito un Romanzo storico di Manzoni. La celebrità del nome trasse tosto numerosissimi ammiratori all'acquisto, ed alcuni, sempre fermi nel volerlo battezzare Romanzo, lo trovarono, sotto questo aspetto, sterile e poco interessante. Trattasi, dicono quelli, di due paesani (Renzo e Lucia) che s'hanno a sposare e che un feudatario prepotente glielo impedisce con ogni sorta di mezzi; dopo gran traversie si sposano, e lì finisce la dolorosa istoria, poichè tutti gli altri fatti e narrazioni s'hanno