Federico Montuschi

Due. Dispari


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una comunità ristretta come quella di Burgos non era facile ricoprire l’incarico d’ispettore privato, soprattutto per uno come Castillo che aveva deciso di rifiutare, a prescindere, qualsiasi tipo di indagine legata a possibili infedeltà coniugali.

      Per questo, in nome della propria coscienza deontologica, o, che dir si voglia, dell’amor proprio che sempre lo aveva guidato nei momenti di decisione, negli ultimi mesi non aveva trovato neanche un incarico, eccezion fatta per un’indagine su una truffa ai danni di una nonnina che si era vista sparire dalla notte alla mattina i risparmi di una vita dal conto corrente.

      Una bazzecola, per uno come lui.

      Aveva risolto il caso in meno di tre giorni, grazie anche ai propri amici di San José, vecchi compagni del comando di polizia nazionale, che, tramite analisi incrociate sui movimenti bancari dei parenti della signora, avevano individuato facilmente la mela marcia della famiglia, un nipote dal curriculum apparentemente immacolato ma noto alle forze dell’ordine locali per il consumo smodato di droghe sintetiche.

      Non era la prima volta che la polizia gli passava delle indagini; succedeva soprattutto quando, come nel caso della nonnina, il comando di San José era impegnato su operazioni ben più importanti - quella volta si era trattato di narcotraffico internazionale - non sapendo che farsene di banalità di quel tipo.

      In quelle circostanze la polizia si rivolgeva a lui, con una sorta di subappalto, sapendo di andare sempre a colpo sicuro.

      Incarico consulenziale, con clausola di pagamento ex post, a caso risolto; il tutto senza alcuna formalizzazione, fra persone di fiducia ci si intende così e lui, dopotutto, era un ex collega che, dopo anni di onorato servizio, si era messo in proprio, ma aveva mantenuto tutti i contatti importanti che si era creato soprattutto nei tre anni in cui aveva ricoperto il ruolo di capo della polizia nazionale.

      Era stato un periodo duro, con quel ruolo così importante, di un’intensità mai provata prima: tre anni di sfide professionali da responsabile della polizia della capitale.

      Un sogno, da bambino.

      Ma poi la signora Conchita era stata malamente investita sulle strisce pedonali di un incrocio a San José da un povero ubriaco che cercava nella bottiglia un’improbabile consolazione alle proprie pene d’amore, e i dottori avevano detto a Castillo che la moglie, operata d’urgenza, sarebbe dovuta rimanere a riposo per almeno sei mesi.

      E Castillo aveva avuto l’occasione per rivalutare a freddo la propria situazione, riconsiderandola alla luce della nuova emergenza.

      Pura vida era stato il tema ispiratore nei momenti chiave della sua esistenza.

      Era un’espressione la cui semplicità era inversamente proporzionale alla rilevanza del messaggio che trasmetteva.

      Si era reso conto che, in quel particolare momento, pura vida significava poter lavorare a cinque minuti da casa, poter affiancare anche tutti i giorni, se necessario, la signora Conchita nella faticosa riabilitazione, poter seguire da vicino la crescita delle figlie, al tempo in piena adolescenza.

       Pura vida.

      La decisione fu presto assunta: il poliziotto Castillo, capo del comando di polizia nazionale a San José, riconsegnò la stella argentata al responsabile dell’ufficio del personale, accompagnata da una lettera di dimissioni irrevocabili per motivi familiari; affittò un bilocale sfitto nel centro di Burgos, proprio di fianco alla locanda Hermosa, e vi attaccò all’ingresso una vecchia placca dorata recuperata nel solaio di casa, regalo di qualche Natale precedente dei colleghi del comando per la risoluzione di un intricato caso di sfruttamento della prostituzione minorile, sulla quale con un punteruolo d’acciaio cancellò, con lavoro certosino, la parola «Grazie», sovrascrivendola con «Isp.».

      Gli sarebbe piaciuto completare l’opera, scrivendo per intero «Ispettore», ma la fatica esagerata che gli era costata incidere le prime tre lettere lo fece desistere.

      «Isp. Castillo», recitava la nuova targa.

      Artigianale, ma efficace.

      Lui si sentì rinascere.

      Il paese di Burgos aveva finalmente un ispettore privato e lui, ancora una volta, aveva seguito il suo cuore per una decisione importante.

       Pura vida.

      

      

      Una festa

       The walls started shaking,

       The earth was quaking,

       My mind was aching.

       (ACDC)

      

      

      

      

      Carmen non stava nella pelle per l’eccitazione.

      Era una splendida domenica di sole e rientrava da San José, dove il giorno precedente aveva superato con il massimo dei voti il suo primo esame universitario.

      Si era iscritta alla facoltà di Filosofia più per non deludere suo padre che per reale convinzione, ma riconosceva che i primi mesi di corso si erano rivelati una piacevole sorpresa.

      Le materie, tutto sommato, erano interessanti ma era soprattutto dalle persone conosciute che aveva tratto i giusti stimoli per non pentirsi della scelta.

      Le tornavano spesso in mente le parole di mamma Conchita che, pur non avendo viaggiato molto nella sua vita, amava ripetere che gli aghi della bilancia per valutare le situazioni sono sempre le persone, a prescindere dalla bellezza dell’ambiente circostante.

      Passò il viaggio di rientro verso casa sull’autobus che collegava San José a Burgos inviando messaggi alle amiche e postando selfie allegri su Facebook.

      Scese alla fermata della stazione ferroviaria di Burgos e, per sfruttare al meglio il primo giorno di sole dopo più di due settimane di pioggia, decise di allungare il percorso a piedi verso casa, passeggiando in totale relax sul lungo fiume, accompagnata dalla musica dolce e coccolante di Bon Iver: l’album For Emma, forever ago le era stato consigliato da Ronald, uno dei nuovi amici della facoltà, un ragazzo di San Josè decisamente interessante, con il quale fin dall’inizio si era creata una particolare sintonia.

      Sia verso l’album di Bon Iver, sia verso il nuovo amico Ronald, Carmen provava le medesime intriganti sensazioni: non aveva ancora terminato di scoprirne le diverse sfumature e tonalità, e in ogni occasione trovava diverse chiavi interpretative della musica e della persona, scoprendo nuove intense emozioni.

      Con l’auricolare nelle orecchie e lo sguardo fisso sul display del telefono per verificare in tempo reale i like dei suoi amici ai precedenti post su Facebook, s’incamminò sul sentiero sterrato che affiancava il fiume, costeggiando il bosco di pini di Burgos, noto per la sua aria balsamica.

      Respirò a pieni polmoni e, per meglio godersi il momento bucolico, decise di staccarsi dallo smartphone, riponendolo alla bell’e meglio nella tasca anteriore della borsa a tracolla, già zeppa di quaderni e libri universitari.

      L’erba umida attutiva i suoi passi.

      Adorava quella sensazione di passeggiata sulle nuvole, amplificata dall’impatto cromatico del tramonto rosa e dall’aria fresca che, dopo le giornate di pioggia, le accarezzava la pelle del viso.

      Camminava spensierata, con spirito leggero e occhi sognanti, e forse proprio per questo non si accorse della caduta del telefono nel prato, proprio accanto a una panchina sulla quale sonnecchiava a pancia in su un uomo, con un cappello da baseball calato sugli occhi e coperto sull’addome e sulle gambe da un foglio di giornale aperto.

      Arrivò a casa dopo una mezz’ora di passeggiata, durante la quale lasciò correre i suoi pensieri senza redini e senza meta, giusto in tempo per la cena; ma, accortasi dello smarrimento del telefono dopo aver sistemato la borsa in camera, non riuscì a gustarsi il