loro producendo un ticchettio minaccioso e, dietro a essi, un'enorme testa di roditore facente capo a un corpo peloso, ma… bipede e abbigliato. Che fosse in preda alle allucinazioni? Oppure, il dio dei topi era giunto a divorarlo per vendicarsi di tutte le sue vittime?
«Immonda e alquanto infima creatura delle putride paludi! Ti consiglio con vivo risentimento di lasciar stare la mia piccola Khiki, se non vuoi provare il lancinante e alquanto letale morso dei miei incisivi sulle tue luride carni corrotte!» lo minacciò l'essere con voce acuta, ma dal tono altisonante, quasi teatrale.
«Pa... pa... parla?» balbettò Djeek senza smettere di arretrare.
«Anche tu o quasi, visto che ti odo farfugliar alquanto!»
«No... deve essere qualche intruglio che mi ha somministrato la strega Aliah nel sonno... oppure la botta in testa: devo riposare!»
«Ecco bravo! Tornatene con vile strisciare nel tuo pertugio e cerca di fare in modo che le ombre ottenebrino al mio sguardo il tuo ghigno alquanto sgradevole!» Poi, con affetto si rivolse al piccolo roditore dal pelo lungo a ciuffi. «Vieni Khiki. Se stai con me, non corri alcun pericolo: quel tipo può essere alquanto pericoloso per la tua incolumità.»
Di risposta, l'animaletto emettendo fischi di entusiasmo gli salì sulla mano e, procedendo per braccio, gli si pose sulla spalla. In segno di affetto prese a leccargli delicatamente la nuca.
Il grosso roditore parlante si alzò dimostrandosi di oltre un palmo più alto di lui, all'incirca quanto un goblin adulto. Poi, camminò fino al limite consentitogli dalla catena e si rivolse nuovamente a Djeek, stavolta con voce meno minacciosa. «Sei stato fortunato: la piccola nonché misteriosa scossa sismica di poco fa, a quanto pare, ha crepato la roccia da cui eri coercizzato permettendoti di liberarti con facili manovre anche se goffe alquanto.»
«...» rispose, o meglio non rispose Djeek la cui mente faticava a concepire che potesse instaurare un dialogo con quello che aveva la parvenza e l'odore del suo pasto usuale anche se in formato gigante.
«Dobbiamo essere lesti nel cogliere l'occasione ghiotta ed escogitare un valido piano di fuga che ci permetta di menar le nostre stanche e alquanto provate membra sotto la volta celeste» continuò lo strano essere.
«... ehm... uhm...» cercò di ribattere il goblin ancora in stato di shock confusionale.
«Ti sembro alquanto bizzarro, vero? Non hai mai visto un cavian? A Granpatria, da dove vengo io, mi conoscono come Messer Girolamo Zopito Alexandre der Bartolommei IV, ma qui nell'Impero gli umani solgono chiamarmi, alquanto villanamente, Giro. E questa è Khiki cioè il mio inseparabile famiglio: mi è stato regalato per la maggiore età. La sua specie in Arsantis è classificata volgarmente come porcellino dei cavian, per noi invece è un tesorino di Givedon: il supremo e alquanto prezioso dono che il grande Dio della Generosità ci fece quando la nostra civiltà conosceva i suoi albori. Un regalo per rinfrancare i nostri cuori negli inevitabili e bui momenti tristi che, ahimè, infestano la vita di ogni essere senziente.»
«...Giro... IV… Khiki... famiglio?»
«Non è gentile per non dire alquanto scortese, che tu non abbia ancora adempiuto al tuo dovere di presentarti, non pensi che non sia più rinviabile il momento di farlo?»
«Ehm... Djeek a Grande Palude. Fetido Goblin qui nell'Impero...credo.»
La risposta fece ridere il cavian con un suono molto simile allo squittio del suo roditore. «Il primo nome mi sembra migliore e userò quello, per quanto il secondo mi appaia calzarti alquanto.»
Alla risata di Giro, fece eco quella asmatica di un uomo che finì per tossire nello sforzo. Djeek, che non si era accorto di lui, trasalì, ma poi si rassicurò nel vederlo incatenato. L'umano indossava un lurido abito bianco lacerato e il corpo slanciato era martoriato da numerose tumefazioni. Il volto era ricoperto da una ricrescita lordata da sangue raggrumato; la testa era pelata, mentre il colore appena brizzolato della barba, ne rivelava l'età matura, ma non ancora avanzata. Aveva diverse cicatrici, ma la più vistosa era sul collo.
«Devo dire che hanno messo su un bel teatrino per intrattenere i prigionieri: un cavian che socializza con goblin» disse prima ricominciare a tossire. Poi, riprese con voce afona. «Un ladruncolo e un razziatore di polli. Voglio proprio vedere che piano sarete in grado di concepire voi due!»
Djeek stentò a rispondergli: non riusciva a capire se le parole rivoltegli erano un insulto o una lode. Razziatore, d'altra parte, suonava come complimento. Giro, invece, intese perfettamente e impettito, replicò: «Per tua solerte e alquanto necessaria informazione, Girolamo Zopito Alexandre der Bartolommei IV non è un ladruncolo, ma un mastro scassinatore, infiltratore discretissimo, storico nonché esperto senza eguali di cimeli rari, gran musico di corte e alquanto abile schermidore. Mi preme metterti al corrente dei miei nobili natali e che la mia antica e onorata casata può annoverare nella Confederazione di Granpatria ben tre Granmaestri dei Doni. Inoltre, se riuscirò nella mia missione ardita, anche la mia persona potrà rivestire questa venerabile carica! Bada a come favelli, bandito da strapazzo e ringrazia il tuo dio, se ce l'hai, che non ho con me il mio fioretto che in mano mia è arma alquanto letale.»
«A quanto pare, ho alquanto urtato la tua sensibilità, ladruncolo alquanto permaloso. Meglio essere alquanto miserabile tra gli uomini che un nobile tra i topi di fogn... argh!»
Non fece in tempo a ribattere che Giro, con rapida e furente determinazione, gli lanciò la scodella della razione d'acqua colpendolo sul naso, laddove era presente già una grossa tumefazione. Khiki, nel frattempo, si era lanciata giù dal padrone per andarsi a nascondere in un angolo buio. «Sei un umano alquanto ostile e scostante: sei riuscito a lordare i miei flemmatici modi con i fumi dell'ira che in me hai indotto. Onta su di me! Ti aborro per avermi spinto a un gesto così volgare e alquanto inelegante.»
Qualche istante dopo, appena l'uomo si riebbe, la tenue luce che illuminava il corridoio adiacente alla cella si spense, mentre prese ad ardere la schiena del cavian che con un acuto urlo di strazio si rotolò a terra per spegnere le fiamme.
Djeek si divertì molto ad assistere a quella scena vagamente violenta che lo faceva sentire quasi a casa, anche se, d'altra parte, un po' temeva anche per la sua incolumità.
Poi, pensò: “Come avrà fatto a incendiarlo? Non ho visto partire nessun proietto infuocato. Che sia magia simile a quella del mio bastone? Impossibile, non ha con sé nessun oggetto magico.”
«Essere alquanto malevolo e vigliacco!» urlò furente Giro mentre cercava di raggiungere con le mani la zona della schiena, fortunatamente non più grande di un palmo, dove le fiamme avevano lasciato una lieve ustione e il pelo bruciacchiato e fumante. L'odore stimolò l'appetito di Djeek, perché gli ricordava quello dei grandi banchetti rituali: tra il rullo dei tamburi, venivano arrostite in un enorme falò centinaia di prede senza curarsi di scotennarle; poi, nell'euforia generale, decine di femmine venivano montate e altrettante risse scoppiavano con la conseguenza che nel grande fuoco finivano arrostiti anche diversi goblin suscitando divertite risate di giubilo degli altri.
Superata la fase acuta del dolore, il cavian osservò sottovoce: «Ti sei palesato in maniera alquanto inequivocabile, sei un elementalista del fuoco.»
«Un elementalista del fuoco?» fece eco stupito Djeek ad alta voce.
«Shh! Silenzio idiota! Non voglio che le guardie lo sappiano… il fattore sorpresa può essere fondamentale per la fuga» si allarmò l'uomo.
Quindi, rivolgendosi al cavian, stavolta con tono più complice disse: «Mi dispiace per quello che ti ho detto prima e anche per quello che ti ho fatto, ma tu mi hai colpito e io, Fargon dell'Isola del Fuoco pareggio sempre i conti... sempre!»
«Allora, volendo ragionare a norma delle tue alquanto perentorie regole, siamo pari per quanto riguarda i danni fisici che ci siamo inferti, tuttavia, per quanto riguarda gli insulti che mi hai rivolto, come la mettiamo?»
«Quelli pareggiano il tuo sguardo: ho visto come puntavi i tuoi occhi su di me, mi guardavi come un volgare fuorilegge.»
«Come poteva essere altrimenti? So che facevi parte