Mario Micolucci

Il Dono Del Reietto


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uno tsunami nello stomaco e, subito dopo, scoppiarono a ridere senza ritegno.

      Djeek, risentì dello scherno più che della botta, ma alla fine prese a scherzarci su anche lui.

      I tre si inoltrarono nel tunnel ridendo: mentre procedevano, alimentavano l'ilarità con discorsi del tipo: «Ho visto goblin arrampicarsi su pareti verticali e colonne, e questo qui non sa scendere da una botola...»

      «Dicono che i goblin possano saltare da oltre dieci passi senza farsi male!»

      «Sì, ma questi ne erano solo tre, ecco perché non ha funzionato alquanto...»

      «Ehi! Djeek di faccia ci si tuffa in acqua non sulla roccia...»

      Il goblin non ce la fece più e si inacidì. «Ridete! Ridete! Ma se non era per me, ora stavate ancora a vedere come far saltare tutto in aria con il sarnito.»

      Fagorn ormai con le lacrime agli occhi deglutì. «Scusa, ma sei stato troppo divertente!»

      «Alquanto buffo, direi! E poi, si dice salnitro.» Giro si passò il braccio sugli occhi bagnati di lacrime.

      Almeno smisero di ridere.

      

      Estratto registrazioni codice: rg.501.014.342.5:10/06/11522

      (Sociale Congregazione di Granpatria. Soggetti itineranti con priorità medio»bassa. Horidon. Dharta di sesta generazione: decimo giorno del mese sesto nell'anno 11522)

      «Per Tempèra! Sembrava non finire mai!» esclamò Fagorn reggendosi un lembo di stoffa lurida sul naso sanguinante.

      «In fombo e sctata una mbella sgambagnata» intervenne Djeek con in bocca la succosa carne di un ratto catturato poc'anzi.

      «Forse per te che vedi in questo buio pesto! Potevi almeno avvertirmi della trave di sostegno! A quanto pare, eri troppo impegnato con le tue puzzolenti prede!»

      «Venite a vedere!» Girolamo de Bartolommei IV aveva steso una vecchia mappa sotto il flebile fascio di luce che filtrava dalla grata di una massiccia porta metallica. «Sono alquanto sicuro di sapere dove siamo.»

      Djeek ingoiò alla svelta il boccone succhiando la coda del roditore che gli penzolava ancora dalla bocca, ruttò e si mise a sedere.

      «Sto per vomitare!» si lamentò l'umano mentre si chinava sulla mappa.

      «La prigione è qui, a Sud-Ovest della città, noi abbiamo proceduto per circa novecentoventi passi in questa direzione.» Il cavian fece scorrere una delle sue dita oblunghe sulla mappa. «E quindi, è alquanto probabile che siamo qui, cioè sotto la residenza dell'alchimista.»

      «Aaron Mansil» disse Djeek.

      «Non sapevo che i goblin raccogliessero informazioni sulle persone più rilevanti. Da quel che so, essi depredano e basta» osservò, il mago guardandolo con sospetto.

      «I goblin, no! Ma Aliah, sì!»

      «Aliah la Signora della Palude?» esclamò Girolamo.

      «Quante Aliah conosci, stupido topo?» scattò Fagorn con inaspettata ferocia. Il lato destro della sua bocca gli si increspò in una strana smorfia.

      Girolamo stava per ribattere, ma la sua innata capacità di interpretare con prontezza le situazioni gli suggerì di tacere.

      Poco dopo, il mago si ricompose e chiese con malcelata disinvoltura: «Così, Djeek, tu conosci quella strana creatura di persona?»

      «Sì. È lei che mi ha mandato.»

      «Se è per questo, anch'io ero qui per svolgere una commissione per suo conto, ma questi umani sono alquanto gelosi dei loro oggettini che non gli servono, poi, tanto» disse Girolamo con finta innocenza.

      «So bene con quale perizia voi cavian scegliate questi “inutili oggettini”» replicò sarcastico Fagorn. Nel farlo controllò, con un gesto istintivo, se i suoi preziosi anelli catalizzatori fossero ancora al loro posto.

      Il ladro colse prontamente l'impercettibile reazione. «No, quelli penso che siano alquanto utili per i nostri scopi se li tieni tu» osservò stizzito lasciando il mago imbarazzato.

      «Tornando a noi. Ora, dobbiamo trovare il modo di penetrare nella residenza dell'alchimista e sgusciarne fuori. Da quel che so, è una struttura alquanto vigilata: pare che in essa sia accumulato un tesoro di considerevole valore» continuò.

      «Se quello che dicevi sulla forma a stella di questi tunnel è vero, qui potrebbe esserci un altro passaggio che conduce altrove» ipotizzò il mago.

      «È alquanto probabile, ma condurrebbe qui.» Girolamo punto il dito sulla mappa in corrispondenza di una struttura contrassegnata con il simbolo della freccia incoccata del Regno di Faunna.

      «Il centro addestramento degli arcieri» rilevò l'altro.

      «E se da lì prendessimo l'altro tunnel, passerebbe troppo tempo, aumentando il rischio che qualcuno si accorga della nostra scomparsa. A quel punto, le probabilità di fuggire dalla città si ridurrebbero alquanto.» Il giovane der Bartolommei ripose la mappa sentenziando: «Dobbiamo uscire da qui.»

      «Però, prima dobbiamo aprire quella porta: non credo si possa sfondare» obiettò Djeek che fino a quel momento era rimasto a contemplare affascinato le miniature rappresentate sulla pergamena.

      «Ah, questa? Alquanto rudimentale» replicò spavaldo lo scassinatore. Prese a sferragliare con la grossa serratura: un paio di secondi dopo, aveva finito. Aprì la massiccia e cigolante porta a mo' di maggiordomo, si voltò verso i compagni e proclamò: «La via è libera signori. Potete accomoda... Khiki dove scappi?»

      La reazione che vide impressa sulle facce dei compagni non era quella che si aspettava. Il gorgoglio sinistro che udì provenire dalla stanza alle sue spalle, lo portò istintivamente a sbattere ripetutamente gli incisivi producendo un ticchettio che, nella sua razza, è l'equivalente di un grido di battaglia. Con un gesto repentino, sfrecciò via dall'accesso lateralmente, poco prima che, con un balzo, la belva gli lacerasse la schiena. «Presto, fate di tutto per contrastarlo! Non fatevi ghermire: la saliva del rattopardo è infetta, i suoi morsi sono alquanto difficili da curare!»

      Fagorn scagliò un innocuo dardo di fuoco testimone del fatto che sia il tempo che le fonti erano del tutto insufficienti in quel contesto. Il proietto gli bruciò moderatamente la pelliccia unticcia sul garrese ottenendo l'unico effetto di aizzarne la ferocia.

      La fiera contrasse i muscoli felini e balzò sfrecciando al fianco del cavian. Il suo obiettivo era di artigliare il mago con le unghie oblunghe da ratto, per poi finirlo con gli incisivi larghi e affilati come le lame di una ghigliottina.

      Proprio in quel momento, Djeek poggiò i palmi a terra facendo schizzare dal soffitto e dalle pareti della stanza piccoli frammenti di roccia e mattoni che, alzarono un gran polverone. I detriti andarono a colpire in parte il rattopardo, ma soprattutto il goblin stesso e Fagorn atterrandoli in un cumulo di calcinacci. Sottoterra, la fonte era eccellente, ma sia il tempo che il controllo del giovane geomastro non erano stati sufficienti. La belva, appena infastidita da quell'attacco, si passò una zampa sugli occhi rossi e luminescenti e si scrollò il pelo. Come fece per muoversi, pronta a divorare le due prede inermi, venne colpita da qualcosa di molto duro sulla nuca.

      «È contro di me che morirai, alquanto orrida creatura di Ovathan!» gli sibilò Girolamo. Lo aveva colpito con un grosso yo-yo metallico legato a dei fili sottilissimi, ma robusti.

      La belva riconobbe nell'avversario la sua preda geneticamente designata e ringhiò con rinnovata furia. L'altro non si fece pregare e gli scagliò contro lo yo-yo. Questa volta, con un movimento fulmineo, l'animale lo intercettò al volo trattenendolo nella bocca. Stava per dare uno strattone volto a sbilanciare il cavian, ma crollò a terrà privo di vita: sottili punte metalliche fuoriuscivano radialmente da vari punti del suo cranio. Il cavian operò un'impercettibile trazione su uno dei fili dell'arma e le punte rientrarono nella sfera con suono meccanico: così, poté estrarla dalla bocca della