che lo sei e certamente sai di esserlo visto che non è possibile convogliare un sisma magico con una tale precisione se non si è stati istruiti alla Suprema Arte per almeno cinque o sei anni. Comunque, se non vuoi ancora rivelarti, non sono nelle condizioni di aspettare che tu lo faccia. Forza! Prendi le chiavi dal cadavere e liberami: se lo farai, avrò un debito con te e stai sicuro che ti ricompenserò appena ne avrò la possibilità, ma se deciderai di lasciarmi qui a marcire, sarai tu ad avere un debito con me e, se mai dovessi sopravvivere, stai sicuro che me la pagheresti.»
Djeek raccolse abbastanza facilmente il significato di questa nuova proposta che nei modi suonava più simile agli scambi interessati dei goblin: anche lui aveva barattato alcuni ratti per farsi curare da Griz. «D'accordo» si limitò a rispondere.
Spostò il braccio del cadavere per raggiungere la cintola e vide che nella sua mano si era infilato uno degli aghi intinti nel veleno di Corrupto. Capì tutto ed esclamò ad alta voce: «Ecco come è mort... ouch!»
«Parla piano idiota!» dissero all'unisono gli altri prigionieri. Djeek, nel frattempo, si massaggiava la nuca colpita da chissà quale oggetto. «Ecco come è morto: si è punto con uno dei miei aghi avvelenati che portavo infilati nel vestito. Non mi ero accorto di averne ancora uno con me» ripeté a bassa voce.
«Che veleno portentoso» esclamò Fargon, «che sia...»
«...il Flagello di Corrupto» completò Giro con sguardo famelico. «È un veleno rarissimo, un vero oggetto da collezione, uno splendido dono per la mia comunità.»
«Se hai intenzione di rubargli i suoi aghi presta attenzione a non pungerti» lo schernì il mago.
«Flagello? Noi lo chiamiamo Dono... comunque gli aghi li usavo per cacciare e quando tornavo la sera mi venivano confiscati: questo qui deve essersi nascosto in qualche piega del vestito; quindi non ne ho altri, almeno credo.»
«Forza! Non perdiamoci in chiacchiere! Djeek prendi le chiavi!» comandò Fagorn dissimulando la paura di essere lasciato in catene.
«Eccole!»
«Allora liberaci! Cosa aspetti?»
«Ehm, sì! Subito.»
Cominciò prima con Giro il quale, appena libero, gliele sfilò di mano dicendo: «Ora è meglio che le tenga io che sono alquanto pratico in quanto a serrature. Forza andiamo!»
Djeek rimase interdetto. «E Fagorn?»
Il mago già ardeva di rabbia tanto che il suo cranio pelato sembrava quasi incandescente. «Giusto e io? Non vorrete lasciarmi qui, razza di bastardi!»
Giro si avviò all'uscita. «Forza, seguimi! Dobbiamo trovare lo scarico delle latrine della caserma soprastante, perché è ovvio che tutte le altre uscite saranno alquanto controllate.»
Fagorn sbavava e ansava. «Sto per dare l'allarme, maledetti!»
Giro, con un cambio di direzione repentino e fluido, passò vicino al mago già madido di sudore liberandolo con una velocità tale che Djeek neanche si accorse che avesse usato la chiave. «Scherzavo! Quando ti arrabbi sei alquanto divert… ugh!»
Si ritrovò con le mani al collo e sbattuto contro il muro. «Prova un'altra volta a prenderti gioco di me e vedrai se la mia furia è così divertente!» gli sibilò digrignando i denti a mezzo pollice dalla sua faccia.
Giro stava per ribattere con un commento sul tanfo del suo alito, ma per quella volta ritenne più opportuno trattenersi, anche perché in quel momento vide l'uomo scagliargli un pugno violentissimo direzionato sul suo muso, ma che all'ultimo momento trattenne. «Ahah! Paura eh? Ahahah! Ora siamo pari.»
Uscirono dalla stanza e si incamminarono silenziosamente lungo il corridoio pressoché buio. Ogni tanto, Giro poneva l'orecchio bilobato sul muro e dava degli impercettibili colpetti con il dorso di una chiave. «Alquanto interessante. È una struttura piuttosto massiccia: la caserma di legno soprastante è stata costruita sulle fondamenta di un edificio in pietra di epoca anteriore al Regno di Faunna stesso…»
Un nuovo rivolo di sudore scorreva sulla fronte dell'uomo. «Ehi! Non siamo qui per fare un giro turistico e tu risparmiaci le tue uscite da guida da quattro soldi!»
«A volte, sei alquanto inopportuno! Volevo dire che riconosco questo tipo di architettura: doveva essere una delle torrette di guardia di una fortificazione di quei maledetti rattoidi che, prima di essere scacciati dagli imperiali, vivevano nelle lande lambite dalla Grande Palude.»
«Rattoidi? Cosa sono?» chiese Djeek
«Sono i nostri nemici giurati. Hai visto come somiglio a Khiki, allo stesso modo essi somigliano ai topi di fogna. Sono ferventi seguaci di Ovathan la dea della segretezza e del silenzio. Sono loschi rapinatori e alquanto viscidi sicari.»
«Ma non sei anche tu un ladro?»
«Sei alquanto superficiale, se non scorgi la lapalissiana differenza: se noi cavian preleviamo qualcosa lo facciamo perché non riconosciamo la proprietà privata. Inoltre, questa cosa la mettiamo subito a disposizione di chi veramente la sa apprezzare o di chi ne ha bisogno. Loro rubano per avidità, perché glielo commissionano o semplicemente perché gli va, anche quando non ne hanno bisogno. Lo fanno senza farsi nessuno scrupolo di uccidere chi eventualmente li scoprisse. A differenza nostra, adorano i loro tesori e hanno una paura folle dei ladri, tant'è vero che spendono vere fortune per acquistare i migliori sistemi di sicurezza e le più impenetrabili casseforti gnomiche. Ci odiano perché i più abili scassinatori cavian sono in grado di aprire anche quelle.»
Fagorn, ormai, tratteneva a stento i tic nervosi. «Sentite! Se volete stare qui a parlare di cretinate, fate pure… io me ne vado!»
«No, aspetta! Sei alquanto frettoloso, non si può essere buoni ladri, se non ci si intende di storia, leggende, architettura e arte. Volevo arrivare a dire che le torrette di guardia rattoidi sono sempre collegate tra loro attraverso passaggi sotterranei, quindi se riusciamo a trovare la botola potremmo evitare di uscire dagli scarichi e, inoltre, potremmo allontanarci inosservati passando per il sottosuolo.»
Fagorn era dubbioso. «E chi ti dice che ci siano altre strutture come questa collegate?»
«Alquanto semplice: dovrebbero essercene sei poste sulle punte di una stella immaginaria che rappresenta la luna a sei fuochi di Ovathan. Ora, essendo noi sulla zona Est della città, probabilmente la botola dovrebbe trovarsi nei pressi della parete Ovest.» Il cavian cambiò direzione fino ad arrivare a una piccola grata metallica sul pavimento larga solo tre pollici, sfilò Khiki dalla tasca, la legò a una cordicella e la pose su un punto dove la maglia della grata era leggermente danneggiata e la invitò a scorrazzare in quel pertugio.
La cavietta entrò nel buco emettendo i suoi tipici vocalizzi ritmati. Giro pose l'orecchio sul terreno e si mise in ascolto.
«Bingo! Rimbomba! La sua voce rimbomba alquanto: è la via di fuga che cerchiamo!» esclamò recuperando il roditore.
Il mago applaudì in modo lento e sarcastico. «Bravo! Ora che hai scoperto che sotto il pavimento c'è un passaggio come pensi di raggiungerlo?»
Il cavian assunse un'aria contrariata. «Sei alquanto pessimista e piagnucolone. Se aspettate qui, vado sopra e, quatto quatto, mi riprendo l'attrezzatura.»
Si incamminò verso le scale con passi felpati e movenze rapide.
Fagorn guardò biecamente Djeek. «E tu? Terramastro, non puoi fare nulla per aprire una falla sul pavimento?»
«Terra… che?»
«Fai ancora il finto tonto! Terramastro è il modo gergale per riferirsi a un Geomastro, cioè elementalista della terra.»
«Ma non ho il mio bastone magico? Come faccio?»
«E che te ne fai del bastone? Se come dici tu è “magico”, al massimo è un catalizzatore, cioè un semplice strumento che sostiene l'elementalista mentre accumula energia dalla natura, permettendogli di assorbirne e gestirne un po' di più. Tuttavia, il tutto è opera del mago: ma queste sono solo le basi e mi chiedo