Laura Merlin

Morrigan


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e fece un sorriso che mi fece accapponare la pelle. Sembrava un terribile cacciatore che godeva nel vedere la sua preda in gabbia, senza alcuna via di scampo.

      â€¹â€¹Sì, giusto, hai ragione››. Si schiarì la voce. ‹‹Mi chiamo Gabriel e sono l’angelo della morte. Per quanto possa sembrarti assurdo, ti ho baciata perché sembra che io abbia la sfortuna di far morire la gente e, in casi rari, di farla rivivere››.

      â€¹â€¹Angelo della morte? Questa sì che è bella››. Scoppiai a ridere. ‹‹Sto ancora sognando, devo assolutamente svegliarmi››.

      Cominciai a pizzicarmi il braccio ma l’effetto che ottenni non fu quello sperato. Non mi svegliai nel mio letto come quando avevo fatto quel bruttissimo incubo la sera prima.

      Quindi quello che mi aveva appena detto era vero?

      Quello era l’aldilà?

      Se ero morta, perché il pizzicotto mi aveva fatto male?

      Mi guardai attorno, spaesata. La stanza mansardata era tutta rivestita di legno. Una finestrella era ricoperta da delle tende azzurre, in tinta con le lenzuola e con i tappeti.

      Inarcai un sopracciglio e pensai che in fatto di arredamento gli mancava decisamente molta fantasia.

      Accanto al letto, alla mia sinistra, c’era un enorme specchio e fu in quel momento che vidi il mio riflesso. Il viso pallido, i capelli più lunghi e più neri. Indossavo ancora la canotta bianca con la farfalla rosa e i pantaloncini corti neri.

      E le mie All Star.

      â€¹â€¹Mi dispiace, lo so che è dura da accettare, ma sei morta davvero››, e con un gesto automatico, di circostanza, mi posò una mano sul braccio come se volesse consolarmi. Sentii un brivido lungo la schiena, un misto di paura, orrore e attrazione.

      Era come se potessi avere delle informazioni in forma di sensazioni sulla sua vita. Avrei potuto giurare che sentì anche lui quella specie di scossa perché mi guardò sgranando per una frazione di secondo gli occhi neri, quasi irritati, e ritrasse subito la mano.

      â€¹â€¹Okay, senti››, disse lui ritornando al discorso di prima, ‹‹Ti trovi in un posto chiamato Naostur. Dovrai comportarti in una certa maniera d’ora in avanti. Questo non è il mondo in cui sei abituata a vivere, anche se ci assomiglia molto››.

      â€¹â€¹Sono in paradiso?››.

      Gabriel si mise a ridere ‹‹Sofia, che stai dicendo? Sei solamente in un’altra dimensione. Naostur è una sorta di mondo parallelo. L’unica differenza è che qui il sole illumina solo una parte delle terre, il Regno di Elos. Dall’altra parte, il Regno di Tenot, è sempre notte››.

      Bene, avrei dovuto imparare a convivere con un sole che non sarebbe mai tramontato. L’idea non mi piaceva un granché.

      I pensieri cambiarono rotta all’improvviso e un campanello d’allarme si fece sentire nello stomaco. ‹‹Aspetta! Come fai a sapere il mio nome? Non ti ho mai detto come mi chiamo››.

      â€¹â€¹Tutti sanno chi sei, Sofia. O preferisci che ti chiami Neman?››

      Neman? Mi stava prendendo in giro?

      Non era affatto una cosa divertente!

      Ero appena ritornata da un viaggio negli inferi e non avevo la minima voglia di scherzare.

      â€¹â€¹Solo Sofia, grazie››, dissi nel tono più acido possibile.

      â€¹â€¹Va bene, Sofia››, disse Gabriel rivolgendomi un sorriso alquanto misterioso, ‹‹ora ascoltami, queste sono le regole. Potrai uscire di qui solo accompagnata da me o dalle tue sorelle: potresti perderti facilmente e non devi andare nella zona d’ombra per nessun motivo. Né da sola né accompagnata, ci andrai quando sarai pronta. Hai capito?›› concluse puntandomi un dito addosso.

      Trattenni una risata dopo aver ascoltato quella serie di raccomandazioni assurde. Ma capii che non stava scherzando. Anzi, era fin troppo serio.

      â€¹â€¹Ãˆ tutto chiaro. Solo che forse ti stai sbagliando: io non ho sorelle››.

      â€¹â€¹Nel mondo reale sei figlia unica, qui ne hai due. Sono Sara, la custode dei poteri di Badb, e Sonia, la custode dei poteri di Macha››.

      Mi grattai la testa confusa. ‹‹Okay, c’è altro che devo sapere?››.

      Era di sicuro una situazione surreale. Troppe cose nuove, troppe regole, troppa confusione, troppi cambiamenti.

      Le carte avevano ragione.

      Avevano maledettamente ragione!

      â€¹â€¹Sì, c’è altro›› disse in tono serio. E vedendo che i miei pensieri erano altrove, mi prese con delicatezza il mento e mi fece voltare verso di lui.

      Il cuore cominciò a battere all’impazzata, tanto mi colse di sorpresa quel gesto.

      Sul suo volto passarono una serie di emozioni: stupore, tormento e rabbia. Tolse la mano e puntò lo sguardo fisso davanti a sé, in direzione dello specchio.

      â€¹â€¹C’è una cosa che non devi fare, una regola che non potrai infrangere››. Il suo tono mi spaventò. ‹‹Non devi cercarmi e non devi fare affidamento su di me. Non sono il tuo baby sitter. Non ti seguirò passo passo nella tua transizione. Sono l’Angelo della Morte, ho un bel po’ di anime di cui nutrirmi, e devo portare a termine una missione, quindi non voglio problemi. E poi…›› si fermò. Un’ombra calò nei suoi occhi e serrò la mascella. ‹‹E poi standomi accanto ti procurerai solo guai. Io faccio del male alle persone che mi sono vicine››. Strinse i pugni e si alzò di scatto per andare ad aprire la porta.

      Non riuscii a dire nulla. Quelle ultime parole mi rimbalzarono in testa, non riuscivo a dar loro il giusto significato.

      La voce di Gabriel mi fece ritornare con i piedi per terra. Stava chiamando qualcuno che era fuori della stanza. ‹‹Sara, Sonia. Potete entrare ora, è sveglia››.

      La prima ragazza che entrò aveva i capelli rosso fuoco, lunghi fino alla vita. I suoi occhi neri sembravano quelli di un corvo.

      Mi ricordava qualcuno… L’avevo già vista, ma non riuscivo a ricordare dove.

      Guardai la seconda ragazza. Aveva i capelli lunghi fino alla vita anche lei, però i suoi erano di un biondo chiaro, così chiaro da sembrare bianchi. Più di tutto, però, colpivano lo sguardo i suoi occhi: due occhi come il ghiaccio, limpidi e sinceri. Sembravano tristi e anche lei mi ricordava qualcuno. E come con l’altra non ricordavo chi.

      La ragazza dai capelli bianchi superò quella dai capelli rossi che si era fermata a metà stanza e mi osservava con le braccia incrociate. Si fiondò sul letto e mi abbracciò come una bimba quando vede la sua mamma. ‹‹Neman! Sei qui››, gridò.

      â€¹â€¹Forse ti stai sbagliando, io mi chiamo Sofia››, dissi, tentando di sciogliere l’abbraccio con gentilezza.

      â€¹â€¹Certo, Neman, lo so che gli umani ti chiamano Sofia. Il mio nome umano è Sara, ma quando si rivolgono a me come Dea mi chiamano Badb. Sono la guardiana del pozzo sacro, custode della conoscenza infinita››. I suoi occhi si intristirono di colpo. ‹‹Sappi che mi dispiace tanto. Ho dovuto mostrarmi a te come Dea, dovevi morire per raggiungerci, ma ora sei qui, sana e salva. Non mi detesti, vero?›› Me lo stava chiedendo con il labbro inferiore sporgente e gli occhioni spalancati, talmente chiari da sembrare quasi bianchi.

      Mi