quello era un volto che non poteva dimenticare. Si rese conto che si trattava del figlio del re, uno dei gemelli, quello con i capelli che aveva parlato contro di lei.
“Sei i figlio del re,” disse pensando ad alta voce. “Il terzogenito.”
Lui sorrise, un sorrisetto subdolo che non le piacque. Quindi fece un altro passo avanti.
“Il secondogenito in realtà,” la corresse. “Siamo gemelli, ma io sono nato per primo.”
Gwen lo guardava mentre si avvicinava sempre di più e notò che era vestito in maniera impeccabile, con la barba rasata e i capelli ben pettinati e acconciati. Sapeva di profumo e olio e aveva addosso gli abiti più belli che avesse mai visto. Mostrava un atteggiamento spavaldo e trasudava arroganza e sicurezza di sé.
“Preferisco che non si alluda a me come al gemello,” continuò. “Sono un uomo che sa pensare con la sua testa. Mi chiamo Mardig. È solo un caso che sia nato gemello, un caso che non potevo controllare. Un caso di corone si potrebbe dire,” concluse filosoficamente.
A Gwen non piaceva trovarsi insieme a lui, ancora punta dal trattamento che le aveva riservato la notte precedente. Percepiva anche la tensione di Krohn al suo fianco, il pelo ritto sul collo mentre stava appoggiato contro la sua gamba. Era impaziente di sapere cosa volesse da lei.
“Te ne stai sempre in agguato all’ombra nei corridoi?” gli chiese.
Mardig ridacchiò facendosi ancora più vicino, troppo vicino per lei.
“È il mio castello del resto,” rispose con fare territoriale. “Si sa che ci vado attorno.”
“Il tuo castello?” chiese lei. “Non è di tuo padre?”
La sua espressione si fece più cupa.
“Tutto a suo tempo,” rispose cripticamente facendo un altro passo avanti.
Gwendolyn si ritrovò involontariamente a fare un passo indietro: non le piaceva la sensazione che le dava la sua presenza e Krohn iniziò a ringhiare.
Mardig guardò Krohn con sprezzo.
“Lo sai che gli animali non sono ammessi nel nostro castello?” rispose.
Gwen si accigliò seccata.
“Tuo padre non aveva nulla in contrario.”
“Mio padre non bada alle regole,” rispose. “Io sì. E la guardia del re è sotto il mio comando.”
Gwen si accigliò frustrata.
“È per questo che mi hai fermata qui?” gli chiese seccata. “Per far rispettare il controllo sugli animali?”
Il giovane si accigliò a sua volta rendendosi forse conto di aver trovato pane per i suoi denti. La guardò fissa negli occhi come se la stesse studiando.
“Non c’è donna nel Crinale che non mi desideri,” disse. “Eppure non vedo passione nei tuoi occhi.”
Gwen lo guardò inorridita rendendosi finalmente conto di dove stesse andando a parare.
“Passione?” ripeté umiliata. “E perché dovrei dimostrarne? Sono sposata e l’amore della mia vita tornerà presto al mio fianco.”
Mardig rise ad alta voce.
“Davvero?” chiese. “Da quello che sento è morto da tempo. O talmente perduto da non tornare mai più.”
Gwendolyn si accigliò sentendo la rabbia che montava in lei.
“Anche se non dovesse mai più tornare” disse, “non starei mai con nessun altro. E sicuramente non con te.”
Lui si fece cupo in volto.
Gwen si voltò per andarsene ma lui le afferrò un braccio. Krohn ringhiò.
“Non chiedo quello che voglio, qui,” disse. “Me lo prendo. Ti trovi in un regno straniero e alla mercé di chi ti ospita. Sarebbe meglio per te obbedire a chi ti accoglie. Dopotutto, senza la nostra ospitalità saresti destinata alla desolazione. E ci sono circostanze molto più sfortunate che possono capitare a un ospite, anche con i padroni di casa meglio intenzionati.”
Lei si accigliò, avendo visto fin troppe vere minacce nella sua vita per avere paura dei suoi insignificanti avvertimenti.
“Ci reputi prigionieri?” gli chiese. “Io sono una donna libera nel caso tu non l’abbia notato. Posso andarmene da qui anche in questo istante se lo voglio.”
Il giovane rise, un suono orribile.
“E dove andresti? Te ne torneresti nella Grande Desolazione?”
Le sorrise e scosse la testa.
“Sarai anche tecnicamente libera di andare,” aggiunse, “ma lascia che ti chieda: quando il mondo è un posto ostile, dove ti abbandona?”
Krohn ringhiò minacciosamente e Gwen sentì che era pronto a saltare. Si scosse di dosso la mano di Mardig con indignazione e accarezzò Krohn sulla testa trattenendolo. Poi, mentre guardava Mardig negli occhi, ebbe un’improvvisa intuizione.
“Dimmi una cosa, Mardig,” disse con voce dura e fredda. “Com’è che non ti trovi là fuori a combattere con i tuoi fratelli nel deserto? Come mai sei l’unico rimasto qui? È la paura a trattenerti?”
Lui sorrise, ma dietro al suo sorriso Gwen poté scorgere la codardia.
“La cavalleria è per gli sciocchi,” le rispose. “Sciocchi veri e propri che ci preparano la strada in modo che possiamo avere quello che vogliamo. Fai sentire a qualcuno la parola ‘cavalleria’ e potrai usare quelle persone come dei burattini. Io stesso non posso essere utilizzato così facilmente.”
Lei lo guardò disgustata.
“Mio marito e il nostro Argento riderebbero di un uomo come te,” gli disse. “Non dureresti due minuti nell’Anello.”
Gwen spostò lo sguardo da lui all’ingresso che le stava bloccando.
“Hai due opzioni,” gli disse. “Puoi levarti di torno o Krohn qui può avere la colazione che tanto desidera. Penso che tu sia della misura giusta.”
Mardig guardò Krohn e Gwen vide che gli tremava il labbro. Si fece da parte.
Ma lei non si limitò ad andare. Gli si fece invece vicino, ghignando, volendo chiarirgli per bene il fatto suo.
“Sarai anche al comando del tuo piccolo castello,” gli disse con tono cupo, “ma non dimenticarti che stai parlando con una regina. Una regina libera. Non risponderò mai a te, non risponderò mai a nessuno fintanto che vivrò. E questo mi rende molto pericolosa, molto più pericolosa di te.”
Il principe la guardò sorpreso e sorrise.
“Mi piaci, regina Gwendolyn,” le rispose. “Molto più di quanto pensassi.”
Gwendolyn, con il cuore che le batteva forte lo vide voltarsi e andarsene, riscivolando nell’ombra e scomparendo in fondo al corridoio. Mentre i suoi passi si facevano sempre più distanti, si chiese: quali pericoli c’erano in agguato in quella corte?
CAPITOLO TRE
Kendrick galoppava percorrendo l’arido deserto con Brandt e Atme al suo fianco oltre a mezza dozzina di soldati dell’Argento, tutto ciò che era rimasto della compagnia dell’Anello. Erano di nuovo insieme come ai vecchi tempi. Mentre galoppavano addentrandosi sempre più nella Grande Desolazione, Kendrick sentiva il peso della nostalgia e della tristezza: gli tornarono alla mente i giorni migliori nell’Anello, quando era circondato dall’Argento, dai suoi fratelli d’armi e andava in battaglia insieme a migliaia di uomini. Aveva sempre combattuto insieme ai migliori cavalieri che il regno avesse da offrire, un guerriero migliore dell’altro e ovunque fosse andato le trombe avevano suonato e la gente era accorsa ad accoglierli. Lui e i suoi uomini erano sempre stati ben accetti ovunque ed erano