Carolina, una volta rimaste sole.
– Posso darti qualche vestito.
– Mi accompagni domani a un negozio di abbigliamento?
– Abbiamo tanto da fare – disse Keysi con le braccia aperte.
– Ho bisogno di te, tu hai stile. Non ti farebbe male prenderti una mattina libera. Quando è stata l’ultima volta che non hai lavorato?
– Carolina, oggi ho dormito tutto il pomeriggio.
– È normale, non dormi quasi mai.
– D’accordo, ti accompagnerò – cedette Keysi, che si avvicinò al computer, collocò il suo dito sul lettore di musica e premette su Le fate di Wagner.
Arrivarono a un negozio di abbigliamento, aperto ventiquattro ore al giorno, verso le otto di mattina. Il personale del negozio era costituito da due ologrammi intelligenti che si attivavano con la voce. Keysi e Carolina entrarono nel negozio di abbigliamento facendo passare i loro braccialetti davanti allo schermo di identificazione.
I braccialetti che indossavano creavano un avatar personalizzato molto realistico per tutti i negozi, visibile tramite il cellulare. Avvicinando il braccialetto al codice di identificazione di ogni capo l’avatar indossava il capo automaticamente per vedere meglio come ti stava con un’alta affidabilità, senza bisogno di provartelo. Pochi negozi avevano ancora dei camerini.
La porta di uscita era diversa da quella di entrata. Se volevi uscire, dovevi passare da uno scanner che rivelava se indossavi capi che non avevi pagato. In questo caso la porta non si apriva e ti proibiva di uscire. All’inizio l’introduzione nel commercio del sistema con gli scanner ebbe dei problemi: a molta gente non venivano rivelati correttamente i diversi codici, quindi non poteva uscire.
– Non mi piace niente – Carolina guardava i vestiti poco convinta.
– Che ne dici di questa? – Keysi le mostrò una maglietta gialla con scollatura a becco e spalle a forma di dodecaedro.
– Cerco qualcosa di più vistoso.
La ragazza inglese approfittò del momento per parlarle di Jacinto.
– Perché non dai un’opportunità a Jacinto?
– Non me l’ha chiesto.
– Sai cosa sente per te.
– So cosa pensi.
La ragazza britannica si concentrò su un abito messo da parte in un angolo. Aveva la parte in basso più chiara, adornata con palline argentate.
– Dovresti prendertelo, ti starebbe bene – le disse Carolina avvicinandosi da dietro.
– Costa settecento simeoni, è troppo.
– D’accordo, se non te lo compri tu, te lo compro io.
– No, Carolina, sono molti soldi.
– Keysi, sono i miei soldi, e se voglio regalarti un abito, te lo regalo. Trascorri tutto il giorno nel laboratorio, non c’è niente di male se qualcuno ti regala qualche capriccio. A proposito, hai già trovato casa? Perché dover continuare a vivere con il tuo ex… Insomma, dev’essere complicato.
– Non lo è, andiamo d’accordo. E no, non ho trovato niente che mi piaccia, sono tutte case vecchie.
– Adesso sono di moda le case vecchie, io stessa vivo in una di quelle.
– Io non ho mai vissuto in una di quelle. A Birmingham vivevo in una casa stile cottage, abbastanza moderna. Anche in Germania avevo un Centro di Controllo, come qui.
– Non ti interesserebbe provare? Lo dico perché nel mio appartamento c’è una stanza libera.
– Non mi immagino con compagne di stanza.
– Credi che sopravviveresti senza che ti accendessero le luci o dovendo tirare l’acqua tu stessa?
– Sono progressi, ci facilitano la vita.
– Creano anche disoccupazione. Sotto casa mia c’è un ristorante all’antica, non ci entra nessuno. Alla fine finirà per chiudere.
– A me piacciono di più quelli all’antica che quelli moderni, ma ammetto che vado molto di più a quelli moderni perché sono più rapidi.
– Sì, questo è vero, ma il cibo fa schifo.
– Non in tutti.
– D’accordo, forse in tutta Maiorca ce ne saranno due o tre che servano buon cibo, ma neanche negli altri è così male. Ma il cibo dei robot da cucina personale è buonissimo.
– Questo è vero, immagino perché esistevano già da secoli e li hanno perfezionati, e dato che nei ristoranti moderni la gente non si lamenta e ci va sempre di più, non li perfezionano.
– Molta gente si lamenta, ma a bocca stretta.
– Guarda! – Keysi indicò emozionata un abito lungo e rosso scuro con le maniche lunghe —. Prenditelo, sono sicura che ti starà benissimo.
Carolina si avvicinò e passò il polso sul codice del capo. Automaticamente il suo avatar personale indossò il capo, convincendola del risultato.
– Lo adoro, Keysi. Grazie mille per averlo trovato. Se fosse stato per me, non l’avrei neanche visto.
– Non c’è di che. Ma se tu mi regali l’abito verde, io ti regalo quello rosso.
– Mi pare giusto.
Due giorni dopo Carolina credette di aver trovato un antigene per il virus australiano.
– Credo di avercelo – disse Carolina dopo aver messo in pausa il lettore di musica.
– Lasciami dare un’occhiata – Keysi controllò i dati dall’alto —. Speriamo che funzioni.
– Vado a chiamare Clara.
Prima che la ragazza maiorchina uscisse dalla porta, comparve Norberto.
– Dove volevi andare?
– Ad avvertire Clara che ho un possibile antigene per il virus australiano.
– Novità magnifiche, ma ricorda che puoi avvertirla da qui – Norberto indicò il teledoro, uno strumento che metteva in contatto tutto il laboratorio tramite chiamate o videochiamate.
– Pensavo che, data l’importanza della novità, dovessi dirglielo di persona.
– Va bene. Devo dirvi una cosa e non vi piacerà – Norberto divenne serio —. La prossima settimana verrà a trovarci un gruppo di virologhi cinesi del prestigioso laboratorio Albero Alto. Non si tratta di una visita di cortesia, vogliono vedere come lavoriamo e naturalmente vogliono lavorare con voi per tutto il tempo che rimarranno qui.
– Ma questo potrebbe ritardare il nostro lavoro – si lamentò la ragazza inglese.
– In effetti questo è il mio timore più grande. Se invece di andare avanti con la ricerca dovrete fargli vedere le tecniche, come funzionano i nostri aggeggi e via dicendo, mi preoccupa che ci mettiate troppo tempo per trovare degli antigeni. Farò il possibile perché vi lascino in pace. Keysi, a che punto sei con i possibili antigeni che mi avevi detto?
– C’è qualcosa che non va. Quando applico il virus sulle cellule sintetiche e poi inietto i miei antigeni, il virus cresce. Non so come, ma lo massimizzo, quando in realtà cerco di fare il contrario.
– È chiaro che hai una o più variabili al contrario – disse Carolina.
– È quello che ho pensato. Ho fatto altre combinazioni coerenti, ma continua a non funzionare.
– A volte essere incoerente è la cosa più coerente – disse Norberto.
– Come vanno i ProHu del virus indiano? – chiese Keysi, preoccupata se per caso il suo antigene avesse fallito.
– Stanno tutti benissimo e senza effetti secondari, non devi preoccuparti di niente. L’antigene è stato un