Almeno, finsero di credere… Non avrebbero potuto trovar prove contro di noi… Avevamo sepolto la cassetta in una foresta… Soltanto noi due sapevamo sotto quale albero…
— Voi due e Jeremiah Shanahan… Il colosso mandò un sospiro.
— Fui io a rivelargli il luogo… Lui era stato l’unico che non aveva creduto alla mia storia e me lo aveva detto… Io, allora, dovetti promettergli una parte dei brillanti…
De Vincenzi lo ascoltava, senza guardarlo, per timore che egli si interrompesse e che non fosse possibile poi farlo proseguire. Beniamino era scosso da un tremito convulso. Soltanto la paura di qualcosa di terribile lo induceva a raccontare tutte quelle brutture.
— Avanti!
— Dopo un anno, lasciammo Pretoria e ci stabilimmo a Detroit… Fu qui che Jeremiah prese moglie…
— Ed ebbe una figlia…
— No. La figlia c’era già… Sposò una vedova…
Dunque, Lolly Down era la figlia di Dorotea soltanto.
Quasi macchinalmente, De Vincenzi ripeté:
— Vedova…
Allora Beniamino si turbò e lo guardò smarrito, come indagando.
— Che avete?
Non rispose.
— Siete proprio sicuro di avermi detto tutta la verità?
Ebbe un lampo improvviso: se questa appunto che gli era apparsa con un lampo d’intuizione fosse la verità? Non attese la risposta dell’uomo.
— Il marito di Dorotea Winckers come si chiamava?
— Non ricordo.
— Sì, che lo ricordate! Provate a dirmi che non si chiamava Olivier O’Brien!…
Il colosso sospirò profondamente. E di nuovo gli apparve sul volto quella espressione di terror panico. Aveva colto nel segno e Olivier O’Brien era vivo o per lo meno tutti lo credevano vivo. Questo doveva essere il centro del dramma. Ma in tal caso che cosa c’entrava Giorgio Crestansen e perché lo avevano ucciso? No, decisamente non avanzava. Una matassa accidentata, che si aggrovigliava sempre più.
Un caso di bigamia? Poteva darsi. Ma tutto l’odio di Dorotea per Giobbe Tuama? Perché quell’odio deciso, inflessibile, freddamente crudele?
Si alzò di scatto.
— Aspettatemi qui, Beniamino O’Garrich… L’altro era rassegnato. Soltanto, aveva sempre paura.
— Mi lasciate qui? – e guardò le pareti attorno a sé e poi la porta.
— Chiuderò la porta a chiave dal di fuori.
E la chiuse. E discese in fretta. Si fermò sulla soglia della sala. Il Pastore s’era riavuto. Sempre disteso sul divano, aveva gli occhi aperti e uno strano sguardo febbrile, brillante come fuoco, che girava attorno e che subito posò su di lui.
Il dottore stava in piedi in mezzo alla stanza e fissava il Cristo. Si voltò e vide il commissario. Ebbe un gesto di sollievo. Era lo stesso medico del mattino, quello accorso in Piazza Mercanti. Ma il suo colorito malsano si era incupito e le guance grassottelle gli ricadevano flaccide.
— Sono sempre io! Tutte in un giorno capitano! Avevo appena ripreso servizio e mi fate venir qui… Meno male che questa volta…
De Vincenzi alzò la mano per farlo tacere ed ebbe uno sguardo così severamente eloquente, che l’altro capì.
— Sta bene, dottore. Mi darà poi il suo rapporto. Può essere interrogato, vero?
— Ma certo! – e c’era molta meraviglia nella sua voce. Guardò il ferito quasi con sarcasmo. Il Pastore si sollevò a sedere sul divano.
— Che cosa vuol sapere? È stato uno stordimento e null’altro. Non so neppur io perché sia rimasto per tanto tempo nell’incoscienza.
De Vincenzí fece qualche passo verso di lui. Aveva assunto il suo aspetto più cordiale.
— Un brutto colpo! Avete ricevuto un colpo, che avrebbe potuto uccidervi!
— Naturalmente! Ma non mi ha ucciso!
— Avete veduto il vostro aggressore?
— Appena un istante. Ero entrato in Chiesa, per raccogliermi… Ogni sera, lo faccio… Stavo avvicinandomi al mio scanno, avevo messo il piede sul primo gradino, quando ho sentito nettamente la presenza di qualcuno presso di me, dietro la colonna… Mi sono voltato e ho fatto appena a tempo a scorgere un uomo. Mi stava accosto. Sollevò il braccio e mi colpì in testa… Sono caduto e non ho compreso più nulla…
— Ma lo avete veduto?
— Vagamente. Aveva gli occhiali cerchiati di nero e una gran barba bionda…
— E un cappello di paglia con un nastro azzurro!
— Come lo sapete?!
— Già…
L’uomo dell’Hôtel d’Inghilterra!
— Bene, dottore. Non c’è più altro da fare qui, per lei, vero?… Lo ha medicato?
— Sì…
Il Pastore aveva la testa bendata. Si toccò la larga fascia.
— Altro che medicato!… Non vede come mi ha avvoltolato la testa!? Debbo sembrare ferito sul serio…
— E lo siete! Una bastonata è sempre una bastonata.
— Avete potuto vedere con che cosa vi colpisse?
— Una mazza… piuttosto corta…
— Già…
Sani fece un passo verso De Vincenzi. Il nano e Virginia stavano in un angolo.
— Bisognerà telefonare in Questura perché si mettano alla ricerca…
De Vincenzi lo guardò e l’altro si interruppe.
Non capiva perché il commissario avesse quella fredda limpidezza negli occhi, quel volto ermetico.
— È indispensabile – rispose lentamente, scandendo le sillabe. – Ma vado io… a rivederci, dottore…
— A rivederci?! – esclamò quello, con accento disperato e scandolezzato.
De Vincenzi rise.
— Non si spaventi! Volevo dire che sarà pur necessario rivederci. Ma stia tranquillo! Credo proprio che la serie dei morti sia terminata.
Si volse a Sani.
— Non ti muovere da qui, tu – e si diresse alla porta.
Il Pastore s’era alzato.
— Intende dire che tornerà? Che ha ancora bisogno di me?
— Eh! certamente
— Ma di che cosa ha bisogno? Le ho detto tutto quello che potevo dirle…
— Non si sa mai… La cosa è più seria di quel che lei non voglia credere… Un’aggressione in una Chiesa… E quell’uomo che ha colpito lei aveva già ucciso due persone, in ventiquattr’ore!…
— Come lo sa, lei, che sia lo stesso uomo?
— Non lo so. Lo suppongo… ma ho le mie ragioni per farlo… Non aveva la barba bionda e gli occhiali di tartaruga?
Il Pastore tacque. Abbassò le ciglia e velò le pupille. Poi si diresse verso la sua immensa scrivania, che il Cristo sanguinante sovrastava.
De Vincenzi uscì in fretta.
Non richiuse il portone, ma ne accostò soltanto i battenti. Traversò la piazza, entrò nel caffè. Aveva