Barrili Anton Giulio

L'undecimo comandamento: Romanzo


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a patto che si sia mangiato un boccone." – Il converso mi guardò con aria compassionevole. – "Non è l'opinione di tutti i filosofi; – rispose; – Anassagora pretende che si debba ber vino soltanto post pastum; Zenone invece sostiene che potum semper juvabit." – Volli mettermi anch'io all'altezza di quella erudizione burlesca e replicai: – "Ambedue s'accordano per combattere la dottrina di Talete." – "Ah sì? – ribattè egli con accento tra il burbero e il rabbonito. – E che cosa dice Talete?" – "Aqua optima rerum." – "Per risciacquarsi il viso una volta alla settimana, non nego." – "Padre, io m'inchino alla sua equanimità; il mondo fu più severo di Lei, e condannò il sistema di Talete all'oblìo." Queste parole mi fruttarono un sorriso del frate converso, il quale mi disse: – "Venga al convento e farà colazione." – In ogni altra circostanza avrei ringraziato, rifiutando; ma quella fortunata occasione di visitare un convento di matti non era da lasciarsi sfuggire, e ringraziai, accettando. Signor ricevitore, non avrebbe fatto lo stesso? Intanto, guardavo il mio uomo, così tondo e così vispo, con quella sua tonaca color tabacco, tutta strappi e frittelle. L'illusione era perfetta; avevo davanti un vero frate torzone. Sbrigatosi dal contadino e preso l'involto sulle braccia, il converso mi accennò di seguirlo. La strada era più grande che non l'avessi creduta da prima, vedendo quella macchia così fitta di cerri e di frassini. Il mio strano compagno mi domandò se fossi del paese, ed io notai l'aria di contentezza che si dipinse sulla sua faccia rubiconda, appena gli ebbi detto che ero forestiero, che mi trovavo a Castelnuovo per ragione di studio. "Il priore è gentilissimo, – mi disse, – e sarebbe anche ospitale, se le visite non fossero quasi sempre di curiosi, che vogliono sapere chi siamo, e perchè viviamo qui ritirati." – "Non vorrei essere importuno" – mi affrettai a rispondere. – "No, non ci pensi neanche; – replicò il converso! – Lei è uno studioso, dunque non è un curioso." – Mi parve che la distinzione fosse molto arbitraria, ma lasciai correre, pensando che lo studioso mascherava abbastanza bene il curioso e che sarei potuto giungere a quel benedetto convento. La strada costeggiava un rigagnolo, ma a poco a poco si alzava sul fianco della collina. Qua e là, a giuste distanze, sorgevano certi tabernacoli, che rispondevano alle stazioni della Via crucis. Dalle vette circostanti si vedevano spuntare i tetti dei romitorii. Finalmente, svoltato un angolo tra due poggi, mi si parò davanti agli occhi una valle, con qualche segno di coltivazione, e un grosso edifizio nel mezzo.

      – Il convento di San Bruno: – disse il sottoprefetto, approfittando di una pausa del narratore. – È stato venduto per ottomila lire, e un solo taglio d'alberi ne ha fruttate cento cinquantamila.

      – Ai frati nuovi?

      – No, a certi speculatori che avevano comperato l'eremo e poi lo hanno rivenduto ai frati nuovi, ai matti, come li chiamano in paese.

      – Son matti davvero! – gridò la signora Morselli. – Odiare le donne! Ma si può dar di peggio?

      – E quanti sono? – chiese Adele Ruzzani, a cui piacevano poco tutte quelle interruzioni.

      – Nove, per ora, ma se ne aspettano cinque.

      – Graziosi, quei novizi! – esclamò il sottoprefetto.

      – Avanti, coi nemici delle donne! – ripigliò la signora Morselli. – E Lei, cavaliere, non li obbliga a smettere?

      – Signora, mi dica lei come si potrebbe farlo. Sono in regola con tutte le leggi dello stato. Non sono mica una famiglia di monaci all'antica; sono una brigata d'amici che vivono in comune, e non domandano d'essere riconosciuti come ente morale.

      – Non ci mancherebbe altro! un ente morale, questo covo di celibi!

      – Covo di celibi! Ben trovato! Come a dire un covo di bricconi; – gridò il duca di Francavilla, dando la sua occhiata in giro, per comprenderci anche la signorina Adele, senza aver aria di far preferenze:

      – Bisogna disfare il covo! – ripicchiò la signora Morselli, facendo di buona voglia la sua parte di mamma. – Signor cavaliere pensiamoci.

      – Eh, pensiamoci pure; – disse il sottoprefetto con aria di condiscendenza, temperata da un sorrisetto e da una crollatina di spalle. – Se in Parlamento penseranno a votarmi una legge contro il celibato, non dubiti, mi metterò subito in campagna, con una mezza dozzina di carabinieri. Signor Prospero, Lei mi aiuterà, chiamando sotto le armi la guardia nazionale.

      – Propongo un altro metodo; – entrò a dire il ricevitore del registro. – Sono quattordici, i frati di San Bruno? Si va col sindaco e con quattordici ragazze da marito.

      – Bella trovata! – gridò la signora Morselli. – Resta a vedersi se le ragazze di Castelnuovo si degneranno di fare la strada per quei quattordici sciocchi. Già m'immagino che saranno anche brutti.

      – No, signora mia; – rispose il duca di Francavilla; – li ho veduti in refettorio e…

      – A proposito. Ella deve continuare la sua storia, signor duca. Era rimasto… Dov'era rimasto?

      – In vista del convento. Ma il resto del viaggio può esser soppresso, senza nuocere alla chiarezza del racconto.

      – No, no, vogliamo tutto, dall'a fino alla zeta.

      – Non le facciamo grazia d'una virgola.

      – Capisco, – disse il duca ridendo, – non mi permettono di far punto.

      – Incominci, la prego, a non far punto e virgola; – gridò quel capo ameno del ricevitore.

      – Obbedisco; – replicò il duca di Francavilla, inchinandosi. – Dalla svolta a cui eravamo rimasti, fino al convento, sono forse mille passi, e la strada scende insensibilmente fin là. Non si direbbe che, in un luogo alpestre come quello, si nasconda una valle, e direi quasi una conca, di così dolce declivio. Ah, non è questo che vogliono, signore mie? Accettino dunque il mio metodo; prendiamo la via più breve ed entriamo difilati in convento. È fabbricato come tutti gli altri, ha un portone, un androne, un parlatoio; certi santi dipinti a fresco lungo le pareti, e i miracoli di san Bruno nelle lunette tra i cornicioni delle mura e gli archetti della vôlta; un cortile con un porticato in giro, il pozzo nel mezzo, e gli ortaggi intorno al pozzo. Dico male; ortaggi, no; ci hanno piantato dei fiori. E questi fiori mi hanno dato da pensare. Perchè dei fiori, nel convento dei matti? Non è una comunità di odiatori delle donne? Ora, dove non si amano le donne, e che servono i fiori? Io non mi ci raccapezzo, e lascio il quesito ad ingegni più accorti del mio. Accennerò soltanto una cosa, che potrà servire come schiarimento agli studiosi. Il frate converso mi ha detto che il priore non ama l'aglio e tollera appena il prezzemolo nella frittata.

      – Avanti, signor duca, avanti!

      – Sono agli ordini delle signorie loro. Andando oltre in compagnia del converso, incontrai un frate, vestito in tutto come il mio accompagnatore, ma più pulito quel tanto. Mi parve un uomo sui quarant'anni, ma forse lo faceva più vecchio la gravità dell'aspetto. Non badò a me, tranne per rispondere al mio saluto con un cenno del capo. – "Padre Anselmo!" gli disse il converso, inchinandosi. – "Fratello Giocondo!" gli rispose quell'altro. Seppi così che il converso si chiamava Giocondo; un bel nome e bene appropriato al personaggio. – "Chi è questo padre Anselmo?" gli domandai. – "È il bibliotecario" mi rispose il converso. – "Diamine! non l'hanno in cantina, la biblioteca?" – "Che! Magari avessero più vino e meno libri! Ma già, all'esser tinozzi di quel buono, preferiscono d'esser pozzi di scienza, ed hanno fatto una biblioteca ricchissima." – Più avanti, c'incontrammo in un altro. – "Padre Bonaventura!" disse il converso, inchinandosi come prima. – "Fratello Giocondo!" rispose quell'altro, e tirò via. – "E questo chi è?" domandai. – "L'astronomo." – "Come? Avete anche un osservatorio?" – "Sicuramente, e un laboratorio di chimica, e tante altre diavolerie. Tutte le settimane i padri si radunano un giorno a capitolo, e mettono i loro studi in comune." – "Benissimo! E faranno un giornale?" – "Ci hanno pensato, – mi rispose fratello Giocondo, – ma finora non sono in numero per impiantare anche una tipografia. Presto saranno quattordici e allora stamperanno il giornale scientifico." – "Riescirà interessante e lo leggerò volentieri." – "Credo che sarà difficile; fanno