sarà tempo ormai, quando ti piaccia,
ch'io dia licenza all'ombre e ch'io mi taccia. —
Così con voluntà de la donzella
la dotta incantatrice il libro chiuse.
Tutti gli spirti allora ne la cella
spariro in fretta, ove eran l'ossa chiuse.
Qui Bradamante, poi che la favella
le fu concessa usar, la bocca schiuse,
e domandò: – Chi son li dua sì tristi,
che tra Ippolito e Alfonso abbiamo visti?
Veniano sospirando, e gli occhi bassi
parean tener d'ogni baldanza privi;
e gir lontan da loro io vedea i passi
dei frati sì, che ne pareano schivi. —
Parve ch'a tal domanda si cangiassi
la maga in viso, e fe' degli occhi rivi,
e gridò: – Ah sfortunati, a quanta pena
lungo istigar d'uomini rei vi mena!
O bona prole, o degna d'Ercol buono,
non vinca il lor fallir vostra bontade:
di vostro sangue i miseri pur sono;
qui ceda la iustizia alla pietade. —
Indi soggiunse con più basso suono:
– Di ciò dirti più inanzi non accade.
Statti col dolce in bocca; e non ti doglia
ch'amareggiare al fin non te la voglia.
Tosto che spunti in ciel la prima luce,
piglierai meco la più dritta via
ch'al lucente castel d'acciai' conduce,
dove Ruggier vive in altrui balìa.
Io tanto ti sarò compagna e duce,
che tu sia fuor de l'aspra selva ria:
t'insegnerò, poi che saren sul mare,
sì ben la via, che non potresti errare. —
Quivi l'audace giovane rimase
tutta la notte, e gran pezzo ne spese
a parlar con Merlin, che le suase
rendersi tosto al suo Ruggier cortese.
Lasciò di poi le sotterranee case,
che di nuovo splendor l'aria s'accese,
per un camin gran spazio oscuro e cieco,
avendo la spirtal femmina seco.
E riusciro in un burrone ascoso
tra monti inaccessibili alle genti;
e tutto 'l dì senza pigliar riposo
saliron balze e traversar torrenti.
E perché men l'andar fosse noioso,
di piacevoli e bei ragionamenti,
di quel che fu più conferir soave,
l'aspro camin facean parer men grave:
di quali era però la maggior parte,
ch'a Bradamante vien la dotta maga
mostrando con che astuzia e con qual arte
proceder de', se di Ruggiero è vaga.
– Se tu fossi (dicea) Pallade o Marte,
e conducessi gente alla tua paga
più che non ha il re Carlo e il re Agramante,
non dureresti contra il negromante;
che oltre che d'acciar murata sia
la rocca inespugnabile, e tant'alta;
oltre che 'l suo destrier si faccia via
per mezzo l'aria, ove galoppa e salta;
ha lo scudo mortal, che come pria
si scopre, il suo splendor sì gli occhi assalta,
la vista tolle, e tanto occupa i sensi,
che come morto rimaner conviensi.
E se forse ti pensi che ti vaglia
combattendo tener serrati gli occhi,
come potrai saper ne la battaglia
quando ti schivi, o l'avversario tocchi?
Ma per fuggire il lume ch'abbarbaglia,
e gli altri incanti di colui far sciocchi,
ti mostrerò un rimedio, una via presta;
né altra in tutto 'l mondo è se non questa.
Il re Agramante d'Africa uno annello,
che fu rubato in India a una regina,
ha dato a un suo baron detto Brunello,
che poche miglia inanzi ne camina;
di tal virtù, che chi nel dito ha quello,
contra il mal degl'incanti ha medicina.
Sa de furti e d'inganni Brunel, quanto
colui, che tien Ruggier, sappia d'incanto.
Questo Brunel sì pratico e sì astuto,
come io ti dico, è dal suo re mandato
acciò che col suo ingegno e con l'aiuto
di questo annello, in tal cose provato,
di quella rocca dove è ritenuto,
traggia Ruggier, che così s'è vantato,
ed ha così promesso al suo signore,
a cui Ruggiero è più d'ogn'altro a core.
Ma perché il tuo Ruggiero a te sol abbia,
e non al re Agramante, ad obligarsi
che tratto sia de l'incantata gabbia,
t'insegnerò il rimedio che de' usarsi.
Tu te n'andrai tre dì lungo la sabbia
del mar, ch'è oramai presso a dimostrarsi;
il terzo giorno in un albergo teco
arriverà costui c'ha l'annel seco.
La sua statura, acciò tu lo conosca,
non è sei palmi, ed ha il capo ricciuto;
le chiome ha nere, ed ha la pelle fosca;
pallido il viso, oltre il dover barbuto;
gli occhi gonfiati e guardatura losca;
schiacciato il naso, e ne le ciglia irsuto:
l'abito, acciò ch'io lo dipinga intero,
è stretto e corto, e sembra di corriero.
Con esso lui t'accaderà soggetto
di ragionar di quell'incanti strani:
mostra d'aver, come tu avra' in effetto,
disio che 'l mago sia teco alle mani;
ma non mostrar che ti sia stato detto
di quel suo annel che fa gl'incanti vani.
Egli t'offerirà mostrar la via
fin alla rocca e farti compagnia.
Tu