Delle mani le afferrarono le braccia, allontanandola dal tepore e dal profumo. Lottò, un ringhio sulle labbra, finché non si rese conto che anche i due che l’avevano spostata erano alfa. Ognuno di loro avrebbe potuto soddisfarla, avrebbe potuto scacciar via il dolore che si era diffuso in tutto il suo corpo, che le aveva contagiato la mente, riducendola a puro istinto.
L’alfa contro cui aveva premuto il proprio corpo le afferrò le guance, costringendola a guardarlo negli occhi. Poi, emise un forte ringhio che attirò la sua attenzione, sorpresa da una punta di paura ed eccitazione. «Hai delle medicine per fermare tutto questo?»
Claire scosse la testa. Come la maggior parte delle omega, aveva lasciato le medicine a casa, dove non gliele avrebbero potute trovare addosso. Non aveva mai pensato di poter essere colta dal calore fuori casa. Prendeva le pillole per tempo, senza errori, senza mai dimenticare una dose. Il prezzo per la dimenticanza era troppo alto.
Perché sta accadendo?
L’alfa strinse le labbra e la sua mano si fermò sul basso ventre di Claire. Quel semplice tocco le fece contrarre la fica intorno al nulla e sollevare i fianchi.
Un ringhio simile provenne dagli altri uomini, interrotto altrettanto velocemente.
L’alfa si voltò per parlare con uno degli altri due, ma le parole non interessavano a Claire. Non avevano importanza.
«È troppo tardi.»
«Non puoi semplicemente usare il nodo con un’omega che fa irruzione qui.»
«Che altro dovremmo fare? Questo tipo di reazione? Il modo in cui odora di lavanda? Lo sta rimandando da troppo tempo.»
«Potremmo chiamare la polizia. Hanno degli alfa nello staff per occuparsi di queste cose.»
«Così noi non sapremo mai perché si trova qui e lei finirà nel sistema? Andiamo, Bryce, sai cosa succede a quelle omega.»
Stavano discutendo, ma l’alfa di fronte a lei le consentì di strisciare il naso contro la sua gola, di annegare nel suo profumo, quindi Claire smise di lottare. Il suo odore, la stretta delle mani dell’altro e la mano sul suo basso ventre erano sufficienti per il momento.
Troppo presto, l’alfa si allontanò per guardarla negli occhi. «Cosa vuoi, omega? Posso chiamare la polizia e con loro ci sarà un alfa che ti potrà aiutare.»
Polizia. Arrestata. Registrata. Quelle parole penetrarono nel suo stordimento e le fecero scuotere la testa. Non poteva permettere che accadesse, non poteva lasciarglielo fare.
«Piano, omega» disse l’alfa alla sua sinistra, facendo delle leggere fusa dopo le sue parole.
In qualsiasi altro momento, Claire sarebbe stata pronta a ringhiare all’idea di un alfa che la calmava con le sue fusa, ma in quell’istante, la aiutò. Alleviò la paura e la tensione.
L’alfa che aveva di fronte scambiò uno sguardo con gli altri due, prima di annuire. «Okay. Non chiameremo, non ancora, ma la situazione resta la stessa. Sei in calore e, a giudicare dalle tue reazioni, lo stai rimandando da tempo. Noi possiamo aiutarti, omega.»
Noi?
Claire non aveva mai voluto neanche un singolo alfa, figurarsi tre. Se l’era cavata per un decennio senza il tocco di uno di loro, senza cedere a quella parte di lei che odiava. Come avrebbe potuto gettare tutto al vento? Come avrebbe potuto arrendersi a quello che aveva lottato tanto duramente per rifuggire?
«Che cosa vuoi?» sbottò l’uomo davanti a lei.
Claire trasalì e quello alla sua destra rispose aspramente: «Non sai proprio come rivolgerti alle donne, eh? Guarda, tesoro, proverai dolore, potrebbe anche essere pericoloso. Hai atteso troppo a lungo. Non sarà divertente, non senza un po’ d’aiuto.» La sua voce suonò dolce, affascinante.
Un’altra ondata la scosse con violenza e un esile gemito lasciò la sua gola.
L’ultimo uomo parlò, quello silenzioso che aveva fatto le fusa per lei. Fece scorrere un dito lungo il suo mento, un tocco leggero verso il quale Claire si inclinò. «Non ti faremo del male. Sarai al sicuro, te lo prometto.»
Claire fece un passo indietro, scuotendo la testa per schiarirsi le idee e gli uomini la lasciarono andare. Si ritrovò così di fronte a tutti e tre, ognuno più grande, più forte e più potente di lei.
Che cosa voleva?
Si inumidì le labbra con la lingua prima di annuire. «Voglio voi.»
La schiena di Claire colpì il muro, così velocemente da farla sussultare. L’uomo che aveva parlato per primo la coprì con il proprio corpo, prendendosi il suo primo bacio.
Le mani forti dell’alfa le scivolarono addosso, le prime carezze rapide, come se stesse memorizzando la sua forma. Con uno strattone le sfilò la maglietta dai jeans. Claire si lasciò sfuggire un grido quando sentì il calore della pelle dell’uomo contro la propria, ma lui inghiottì il suono.
L’alfa interruppe il bacio per strapparle via la maglietta, approfittando della pausa per parlare. «Il mio nome è Bryce. Dillo.»
Claire si rifiutò. Non voleva nessun legame fra di loro, non voleva dargli niente di più di ciò che la biologia esigeva da lei.
Il ringhio che seguì il suo rifiuto incrementò la sua eccitazione, il suono a malapena trattenuto e primitivo. «No? Dimmi il tuo nome, allora.»
Di nuovo, non lo avrebbe fatto. Il suo nome apparteneva solo a lei. Non lo doveva a nessun alfa. Non era il nome che aveva ringhiato prima, quando non aveva avuto voce in Capitolo, quando aveva accettato docilmente il suo posto. No, Claire era il nome che si era creata, la vita che aveva costruito per sé, e apparteneva solo a lei.
L’uomo le sbottonò i jeans con un rapido movimento e le abbassò la cerniera, prima di spingere la mano all’interno. Fece scivolare le dita contro la sua figa fradicia e gemette, scaldandole l’orecchio con il suo respiro.
Tirò fuori la mano e le fece scivolare i jeans e la biancheria intima sui fianchi. Usò il piede per farli cadere a terra, ma Claire, con le scarpe ancora addosso, non riuscì a liberare i piedi.
Un borbottio, poi un altro paio di mani si occupò delle scarpe. «Sei sempre stato impaziente», disse quello affascinante.
Bryce ruotò la testa per ringhiare contro l’uomo che lo stava aiutando a svestirla. «Sta’ zitto, Joshua.»
Una volta che i pantaloni e le scarpe furono spariti, Bryce la fece voltare e la spinse contro il muro. La vernice levigata le rinfrescò la guancia, dandole sollievo dal fuoco che le bruciava la pelle.
Bryce le afferrò la base del collo con una mano, mentre con l’altra le allontanava i fianchi dal muro. Le separò i piedi con un calcio, aprendole le gambe, e premette la punta arrotondata del suo uccello contro la sua figa.
Prima di entrare dentro di lei, si fermò, sporgendosi in avanti per graffiarle il lobo dell’orecchio con i denti. «Il mio nome. Dillo.»
Claire scosse la testa, azione che la portò a premere ancora di più la guancia contro il muro.
Il ringhio dell’alfa risuonò grave, minaccioso, e non fece che accrescere il bisogno dell’omega. «Sei fortunata che non riesco a resistere al tuo odore. Altrimenti? Mi farei supplicare prima di concederti alcunché.» Le morse la spalla e i suoi fianchi si mossero in avanti fino a riempirla.
Claire emise un gemito come non ne sentiva da tempo. Lungo, protratto e disperato. Le sue mani, premute contro il muro, si contrassero, mentre il cazzo dell’alfa la dilatava.
Il suo uccello la riempiva, obbligando il suo corpo ad aprirsi, ad arrendersi a lui. Ogni grosso centimetro che le spingeva dentro le provocava un altro fremito, mentre accarezzava parti di lei rimaste inviolate per anni. L’uomo stava risvegliando in lei qualcosa che credeva morto da tempo, una brama e un desiderio così potenti da spaventarla. Non si fermò, né rallentò la sua avanzata, e il corpo di Claire accolse avidamente