a Benevento; e vedendo sconfitto un grosso di sue genti, in fretta visitò Roma, raccolsevi quante cose di pregio rimaneano nelle chiese, fino il bronzo ond'era coperto il tetto del Panteon; e, incalzato da' Longobardi, passò in Sicilia; si chiuse con la corte e i tesori a Siracusa. E in vero ei disegnò di porvi la sede dell'imperio; come già Eraclio l'avol suo, prima di liberarsi con eroico sforzo da' Persiani e dagli Avari, era stato per tramutarla in Affrica. Al quale pensiero sembra mosso Costante dalla spaventevole forza degli Arabi che parea dovessero occupare da un dì all'altro tutta l'Asia Minore, mentre i popoli settentrionali incalzavano da un altro lato: ed egli è evidente che, disperando di tenere Costantinopoli, non si potea scegliere più sicura nè più comoda stanza alle forze vitali dell'impero, che la fertile isola cinta dai porti di Messina, Siracusa, Lilibeo e Palermo, donde le armate avrebbero signoreggiato il Mediterraneo, e agevolmente si sarebbe ripigliata l'Italia. Le guerre civili che sopravvennero tra i Musulmani allontanarono poi quel gran pericolo; e gli avvenimenti nati in Sicilia fecero svanire al tutto il disegno.
Perchè la rapacità di Costante aiutava a maraviglia il clero siciliano, pieno di profondissimo odio contro di lui, per essere l'isola devota al Pontefice di Roma, e molto accesa contro i Monoteliti. Costante, in sei anni che soggiornò a Siracusa, fe' sentir la vicinanza dell'augusta persona, con le strabocchevoli gravezze poste su l'isola, e su le vicine terre di Calabria, Sardegna e Affrica: tasse su la proprietà, tasse su la industria, tasse per l'armamento del navilio, che a memoria d'uomo non se n'era sofferto mai tanto cumulo; e confiscati con ciò i vasi sacri, e separati, dice la cronaca, i mariti dalle mogli, i padri dai figliuoli, con che può intendersi l'imprigionamento dei debitori del fisco, o qualche partaggio dei coloni addetti ai poderi del patrimonio imperiale che fosse stato venduto e distratto. I popoli d'Affrica, per minor male, chiamaron di nuovo i Musulmani. Quei delle isole e di Calabria si credeano condotti a inevitabil morte, come troviamo ne' ricordi ecclesiastici; e coloro che scrissero tai parole, al certo ripeteanle a viva voce, e con lunghi comenti, ai disperati sudditi di Costante.
E un dì, entrato il tiranno nel bagno di Dafne, un gentiluomo della sua corte, per nome Andrea figliuolo di Troilo, che il serviva e ungeagli il corpo con sapone, gli versò addosso un'urna d'acqua bollente, e lo finì dandogli dell'urna in sul capo (15 luglio 668). Trovato morto Costante nel bagno, nessuno cercò il come; i soldati altra cura non ebbero che di gridare imperatore un nobil giovane Armeno di nascita, per nome Mizize; e tutta l'isola applaudì175. Il clero partecipò o esultò tanto nel regicidio, che mezzo secolo appresso Gregorio Secondo, minacciandolo Leone Isaurico della medesima sorte di papa Martino, rimbeccavagli si ricordasse egli di Costante e del cortigiano, che, accertandolo i vescovi di Sicilia della eresia dello imperatore, immantinente lo avea trucidato.176
Allato a cotesta spiegazione storica d'un papa si vuol porre quella degli Arabi contemporanei, per mostrar come diversamente si sciogliesse a Roma e in Oriente il noto caso: se lice uccidere re tiranno. Narrata la battaglia delle Colonne e l'abbandono d'Alessandria che ricadde nelle man de' Musulmani, i Romani, dice la tradizione, sforzaron Costante a uscire con l'armata contro il nemico: “Ma Iddio mandò sovr'essi una tempesta che affondava tutte le navi, fuorchè quella di Costante; la quale scampò, trasportandola i venti in Sicilia. Dove interrogato dalla gente e narrati i casi suoi: “Hai svergognato la Cristianità,” replicarongli i Siciliani, “ed hai fatto perire i suoi campioni. Or se ci assaltino gli Arabi, dove troveremo chi ne difenda?” E Costante rispondea: “Quando salpammo, l'armata era forte: che volete se ci scoppiò addosso la tempesta?” Ma i Siciliani, fatto scaldare un bagno vel ficcano per forza, gridando egli invano: “Sciagurati! che il mare inghiottì i vostri prodi, e voi ora ammazzate il re vostro.” “Facciam conto che sia annegato con gli altri,” replicarono; e spacciaronlo: ma lasciarono andare quanti eran venuti con lui su la nave.” Nel quale racconto ognun può scoprire non solamente uno squarcio del vero, ancorchè vestito alla foggia degli Arabi di quei tempi; ma anco un vago cenno d'assalto sopra la Sicilia. E notabil è a tal proposito lo stesso errore d'alcuni cronisti musulmani, che affrettando di quattordici anni la morte di Costante, la pongono l'anno trentuno dell'egira, il quale in parte risponde al secentocinquantadue, data della prima impresa di Sicilia.177
Nè andò guari che i Musulmani riassaltarono l'isola. Parmi priva di fondamento la supposizione moderna che ve li abbia chiamato Mizize, perchè gli Arabi in quel tempo non potean sembrare valido aiuto in un'isola sì lontana dalle provincia loro; nè quivi si vedea cagione di tôrsi in casa il nemico, poichè il nerbo delle armi bizantine stanziava nell'isola, e questa parea sicura al tutto dagli assalti di Costantinopoli. Ma quivi la corte, e gli officiali civili e militari, temendo non rimanesse la sede dell'Impero in Sicilia, arsero di zelo per lo giovinetto Costantino figliuolo di Costante. Dondechè con maravigliosa prestezza e precisione ragunarono tanti brani di forze terrestri e navali di Ravenna, Campania, Sardegna e Affrica; ed ebbero tanto séguito nello esercito di Sicilia, che appresentatosi Costantino a Siracusa in primavera del secentosessantanove, Mizize fu abbandonato da tutti, riconosciuto legittimo imperatore Costantino, e chiamossi ribellione il colpo di Stato fallito. Costantino a capo di pochi mesi tornossene all'antica capitale.178 Probabil è ch'egli sguernisse di soldati la Sicilia, per tor la voglia di crear qualche altro imperatore; e che i Musulmani i quali tenean gli occhi aperti su la nuova sede dell'Impero nemico, cogliessero questa occasione di spogliarla.
Vennero d'Alessandria su dugento navi, condotti da Abd-Allah-ibn-Kais della tribù di Fezâra, arrisicatissimo condottiero che afflisse i Cristiani del Mediterraneo in cinquanta scorrerie navali; e alfine fu ucciso in luogo detto Marca, probabilmente in Italia.179 Abd-Allah irruppe in Siracusa con molta strage; se non che i cittadini rifuggivansi nelle montagne e nelle più munite rôcche dell'isola. Dopo un mese, fatto gran cumulo di preda, prese varie terre o piuttosto battuto il paese qua e là coi cavalli, i Musulmani si rimbarcarono. Portaron via, dicono gli scrittori cristiani, i tesori delle chiese e i bronzi rubati da Costante a Roma. Dicono i Musulmani, come s'è visto sopra nel testo di Beladori, che si trovò nel bottino gran copia d'idoli fabbricati di preziosi metalli e di gemme: e che il califo Mo'âwia li mandò ai mercati degli idolatri d'India, sperando che ne conoscessero e pagassero il pregio. Ma l'universale dei Musulmani fieramente scandalizzossi di un pontefice che rivendeva i lavorii di Satan.180
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