La bella Otero!…
E un più forte grido trionfante:
— Il Padrone delle Ferriere!
A cui un altro grido ancor più potente risponde:
— Le due orfanelle!…
Tino Fiamma scuote la bruna chioma leonina dall’alto della persona monumentale e guarda attorno coi suoi spalancati occhi glauchi da bimbo stupefatto. Egli ha la stilografica nera tra le dita e invita i passanti con voce dolce:
— È questo il mio libro che più amo…
E quando ha fatto una firma, intasca con disinvoltura la lira, che gli compete per la generosità del suo editore. Ogni firma una lira e il volume si vende a tre lire. Il fallimento dei fallimenti…
Ore 14
La Fiera è quasi deserta.
Al principio della piazza, l’ultimo banco della fila che prospetta quella che un tempo era la Casa della Ferrata, dopo la Loggia degli Osii, quasi davanti all’arco che sbuca in via degli Orefici, reca una scritta unica: Lega Evangelica Cristiana.
Vendono il Libro dei Libri. La scienza del mondo. L’Antico e il Nuovo Testamento. Dalla Genesi all’Apocalissi. Sessantadue libri in un solo volume.
Tutta la sapienza, la poesia, la scienza, che i diecimila autori sparsi per gli altri banchi hanno attinte senza che lo sappiano da quell’unica fonte universale.
Sono in tre attorno al banco. Un colosso, dal cranio tosato e dal volto di galeotto, sta a sedere dietro di esso e sorveglia. Chi lo vede ha un moto di stupore. La santità e la purezza si sono date convegno in quel corpo in cui manca l’abito a righe, un numero e la palla pesante alla caviglia? C’è da crederlo. La santità dell’Evangelo, certo. Egli è vestito di nero, tiene le braccia conserte, osserva attorno a sé le rare persone che passano, con occhi fiammeggianti.
Presso di lui sta un giovinetto imberbe, dai capelli rosso carota. Il volto femmineo, d’un bianco diafano, è cosparso di lentiggini. Il corpo mal cresciuto è sottile e, quando si muove, sembra disarticolato. Il petto, troppo esile per la lunghezza del tronco e delle gambe, s’incava in profondità. Le lunghe falangi delle sue mani, simili a zampe di ragno, si muovono tra i volumi neri e li dispongono, li allineano, ne fanno castelletti. Egli attende a tale bisogna con concentrazione, stringendo la lingua rossa tra i denti.
Davanti al banco, sul passaggio del pubblico, un altro uomo, che sembra lo spauracchio dei bimbi. Ha il cappello duro a raggera sul cranio, la giacca nera a coda, i pantaloni stretti alle gambe sottili, come quelle d’un trampoliere.
Un naso rosso a clava, una bocca da rana, gli occhi azzurri a succhiello.
Fa da imbonitore, con voce acuta.
— Il Libro dei Libri! Sessantadue libri per dieci lire!… Tutta la scienza del mondo…
Il pubblico è scarso.
Nessuno si avvicina al banco della Lega Evangelica. Dalle nubi sfilacciate cade una spruzzata di grosse gocce, che si disseminano in circoletti umidi sulle pietre della piazza e sopra le copertine multicolori dei libri. Il colosso si è alzato.
— Giobbe, metti il copertone impermeabile. L’uomo dal naso a clava si chiama Giobbe.
Ore 18
Sarà questa l’ora della maggiore affluenza. La domenica è nel cuore degli espositori, ma è la vigilia che reca loro i guadagni maggiori.
Sulla piazza e sotto il loggiato, la folla rigurgita. Guarda, tocca i volumi, chiede con voce timida. Ammira dietro i banchi gli scrittori seduti, che attendono con la penna levata, spiando un moto, un cenno, un’esitazione.
Attorno al banco del Libro dei Libri, s’è formato un crocchio, di continuo rinnovato.
L’uomo dal naso a clava si prodiga in imbonimenti.
Il colosso scruta in volto i compratori, si china a terra e fa tintinnare sulle pietre i pezzi d’argento. Eguale diffidenza lo anima per la fede degli uomini e per la lega delle monete. Egli non accetta monete false, né accoglie fedi vacillanti o menzognere.
Il giovinetto disarticolato sta attento che i libri sul banco sieno sempre allineati e non manchino. Quando la vendita apre dei vuoti egli li colma, traendo di sotto il banco altri volumi. Il banco è lungo. Circondato sul davanti e ai fianchi di tela bianca, forma sotto il piano un vasto ripostiglio, in cui si ammucchiano i pacchi e le casse. Anco lì sotto Giobbe ha deposto il suo leggero pastrano e il colosso il proprio cappello, ché egli vuol stare a cranio nudo davanti al pubblico. Il giovinetto non ha né l’uno né l’altro, mite essendo la temperatura e folta la sua chioma rossa.
Soprattutto le donne fan sosta davanti alla Bibbia.
— Il Libro dei Libri! Sessantadue libri per dieci lire! Il Vecchio e il Nuovo Testamento!
Quando vede che il pubblico è fitto e lo giudica di specie buona, Giobbe fa l’imbonimento più lungo e più impressionante.
— Questi sono gli statuti e le leggi che voi osserverete, per metterli in opera, ha detto il Signore. E come potreste vivere senza conoscere questi statuti e queste leggi? La sua dottrina stilla come pioggia e il suo ragionamento cola come rugiada… imperciocché egli magnifica il Nome del Signore!…
Qualcuno acquista il Libro dei Libri e i più arditi, nel pagare, insinuano:
— Gli altri Editori praticano il dieci per cento di sconto, non potreste far nove lire?
Ore 18 e 28
Giobbe improvvisamente tace. Ha veduto tra la gente ferma dinanzi al banco un uomo, che gli ha fatto un segno di saluto e adesso lo fissa.
— Beniamino, Beniamino! – mormora con strana voce, chinandosi sulle Bibbie.
Il colosso lo guarda.
— Che c’è, Giobbe?
— Mi assento per qualche minuto. Fa’ attenzione!
— Uhm! – grugnisce il colosso e comanda al giovinetto: – Bertrando, va’ a prendere il posto di Giobbe.
Bertrando, quando si trova davanti al pubblico, non sa dove metter le mani che fino allora avevano rimosso e disposto in bell’ordine i libri rilegati in tela nera e manda voci da galletto, per richiamar l’attenzione.
Giobbe scompare tra la folla.
L’uomo, che lo ha salutato, gli si è messo al fianco ed entrambi si allontanano, sotto l’arco, per via degli Orefici.
— Jeremiah Shanahan – dice l’uomo – tu non credevi che io ti ritrovassi!
— Perché dici questo, Crestansen? Io non temevo il tuo incontro!
L’altro sogghigna con sarcasmo.
— Il mondo è piccolo! Come vedi, dall’America sono venuto a Milano.
— Sì, Crestansen!
Giobbe, a cui Crestansen ha dato il nome di Jeremiah Shanahan, cammina ancora un poco verso Piazza Cordusio, poi si ferma.
— Occorre che io torni al nostro banco, Crestansen. Può venire il Pastore! E ad ogni modo, Beniamino e Bertrando non bastano da soli.
Una cattiva luce si accende negli occhi del danese, che ha il volto rostrato, la mascella quadra, è alto e robusto e si muove con pesantezza gagliarda.
— Perché ti chiamano Giobbe, Jeremiah Shanahan? So che ti danno questo nome.
— Non mi chiamo più Jeremiah Shanahan, da quando mi trovo in Italia. Il mio nome oggi è Giobbe Tuama… un nome altrettanto diffuso tra gli irlandesi…
— Capisco! Ma tu sei americano, come me!…
Sempre più gli occhi di Crestansen brillano di luce cattiva.
—