e si evince che la esistenza si fonda su una dualità-molteplicità (sia pure derivata da una primordiale unità che porta alla classificazione di motore immobile di Dio che è dire lo stesso della unità, ovvero dell’essere dell’Io sono Io, indifferenziato ed indifferente) ossia ancora e differentemente abbiamo la necessità per esistere di qualcosa esterno a noi da conoscere che rimanda la percezione di esistenza di noi stessi e possiamo classificare tale esterno come oggetto che sia materia sia anima, come dimostra la esistenza della percezione intero- interocettiva. La possibilità del senso interno , dunque, che è una conseguenza, si fonda appunto su tale scissione di anima e corpo, ragione ,idea e sentimento o inconscio, i cui ultimi termini sono freudiani con il ponte della relazione dell’immaginativo e del preconscio: con ciò analizziamo anche gli aspetti relativi alla oggettivazione da Hegel studiata tra coscienza ed autocoscienza ,nella dinamica schiavo-padrone, perché di oggettivazione si tratta ovvero la esistenza dello schiavo viene equiparata dal padrone a quello di un oggetto, materialismo dialettico, consumismo o profitto e alienazione, fattore che prospetta la possibilità di una attività razionale pura prescindente dal dato materiale, proprio per via del ruolo di servo e padrone, interna, interiore che gode di qualcosa ovvero di un oggetto che non può essere che la idea, e la idea del consumismo e della alienazione è la idea del profitto , ossia del plusvalore, di quello che eccede il valore che il padrone concede all’operaio. Il problema rimane come raggiungere e perfezionare tale presupposto di cui gode la nostra conformazione intellettiva e razionale, come evaderla, come stoicizzare. Non esula dal discorso, quindi, la concettualizzazione platonica del Super Uranio, ed il suo parziale raggiungimento deriva dalla realizzazione e fortificazione della capacità di procedere con la ragione, nel regno kantiano della idea, cosa che Platone faceva parlando di Caverna e di Cigni, procedere con la ragione per concetti astratti distaccandosi dal dato materiale. E’ attraverso tale unità e indifferenza dello spirito che si determina la trascendenza nella coscienza dileguante e che dovrebbero portare alla coincidenza dello spirito alla auspicata atarassia epicurea la cui conseguenza sarebbe l’aponia ed è in questi altrove che si coglie appieno l’idealismo dello spirito di Hegel ossia l’idealismo dell’Io sono Io che si fonde all’aspetto metafisico della trascendenza dello spirito all’universalità ossia in un tutto che si fonde e partecipa senza fondersi all’unità. Il frantumarsi a molteplicità equivale al dileguare dell’identità che non può essere eliminata per cui sopravvive nella molteplicità, nella finitezza. Non vi è nulla di più fisico e organico di tale passo di Hegel relativo alla scissione ulteriore alla bipartizione coscienza-autocoscienza che si determina a livello ideale come conseguenza della scissione materialistica materia e idea, servo ed oggetto del servire, impossibile da eliminare a livello ideativo per una sola ragione, ovvero di nuovo teologicamente, la follia. La trascendenza che Hegel descrive nel passo relativo alla coscienza infelice, si connota con l’essere materialistica ,e da tale analisi deriva la possibilità che si configuri una stasi temporale nel momento in cui la sensazione derivante dal contatto con la materia acquista centralità, e l’Io se ne appropria scindendo in dialettica io-oggetto e io-idea dell’oggetto nella fase relativa alla elaborazione razionale che si concretizza in virtù di quell’affectus che contraddistingue il sottomettersi della ragione, dinamica da cui
deriva la spiegazione della connotazione soggettiva del tempo all’operatività della sensazione che scandisce il diversificarsi della materia identificando nel carattere oggettivo del tempo che è definizione soggettiva di movimento. Ovviamente il movimento accoglie anche il movimento spaziale che è una specificazione del movimento temporale da cui deriva il concetto di distanza che è la sintesi del rapporto di operatività del principio temporale sul principio di forma materiale, ideazioni. Nella sottospecificazione dell’io penso che si scinde nella dialettica propria di tale sottospecificazione la quale è coscienza ed autocoscienza la quale influisce attraverso la costituzione del Super Io, secondo una analisi di Nietzsche e non di Freud, sulla capacità sintetica dell’io penso scindendolo in io morale e io fisico e ideativo dalla cui combinazione eventuale deriva l’essere strutturale della volontarietà dell’azione, la quale essendo spaziale si sottomette comunque al carattere allucinato in modo onnipotente dello spazio stesso, si coglie un costituirsi dell’interno sulla base della diade interno -esterno, soggetto-oggetto, e soggetto-padre e soggetto-figlio, ed ancora Legge e Mos, la cui dinamica si evince in un flusso energetico carico di positività e negatività, in un unirsi e disgregarsi continuo dei due elementi l’uno positivo l’altro negativo a produrre l’elettricità che alimenta metaforicamente la negazione della negazione, ovvero la sintesi come categoria che sorge dal simile e dissimile, ovvero dalla analogia della ragione secondo la logica kantiana. Fondamento, poi, del ragionare e del mondo delle idee rimane la scansione temporale. Ogni discorso ed ogni singola idea hanno un inizio ed una fine. Quell’inizio e quella fine la scandiscono nel tempo. Di qui uno spazio temporale così che successivamente si avrà simbolicamente un inizio ed una fine in cui si radica il concetto di evoluzione e di molteplicità delle idee, ovvero lo spazio delle idee. Il ragionare in assenza del dato materiale può essere qualificato attività razionale pura, di cui Kant ha parlato solo a livello delle categorie, ovvero dello strutturale e strutturativo essendo il resto materialistico od al massimo platonico- contemplativo. Riguardo poi alle costruzioni morali ed ad altre che sembrano esclusivamente razionali ritengo che le stesse poggino comunque sulla materia, come esemplificato per coloro che comprendono la metafora della elettricità, simile al concetto della diga di Jacques Lacan, e dunque affermo in un certo senso essi rappresentino una successiva distorsione razionale insita nella percezione della materia:gli antichi toccando il fuoco si bruciavano e da tale paura che deriva ed è una conseguenza del senso tattile ne derivò una venerazione per il fuoco, nello stesso tempo sottolineando che il mio non è regalare il nichilismo ma analizzare qualcosa insito nell’essere al mondo che potrebbe riguardare anche il non essere al mondo, in un senso forse diverso da quello consegnato, ovvero che potrebbe essere il possibile del prescindere dalla materia ma non dalla relazione e dalle categorie,e fermo restando nella specificazione di morale e animismo la differenza del ruolo della Parola e della Legge, in senso lacaniano ed in senso teologico. Tali considerazioni non vanno dunque a contraddire la necessità di un tutto di cui noi siamo semplici parti essendo questa la migliore definizione spaziale dell’esistenza, sia a livello ideativo e sia materiale, ovvero ciò che rende inconfutabile la critica alla logica capitalistica e la dialettica dei mezzi di produzione, rispetto alla quale dinamica la stessa è una parzialità-imparzialità la cui fuga da essa può essere solo la prima visione marxista, ovvero quella di una abolizione in cui si nota l’essere strumento dell’ homo homini lupus quale strumento del dividi et impera, il Leviatano. La necessaria distinzione del tutto dalle sue parti presente quanto meno in una definizione di tutto e parte, di totalità e unità, invoca poi un aspetto metafisico da cui la parte deriva, e con cui si fonde, nella sua necessaria separazione dalle altre parti ,e dal tutto stesso, ed in tale aspetto metafisico si determina la collocazione, l’orientamento e la morale o meglio la etica. Tale dato metafisico culmina e riceve la sua vita all’interno di una attività razionale pura ,o nel cogito preriflessivo, che rimanda, come status quo ante, allo stato embrionale rispetto alla vera e propria nascita e strutturazione del pensiero, motivo per cui le concettualizzazioni di Sartre su tale aspetto del nulla e sul radicarsi della elaborazione nel nulla è nutrizionale e psichica, oltre che necessariamente ricorrente proprio per via del suo derivato che è la pulsione di morte le cui relazioni alla elaborazione sono state esaminate altrove. Tale stato embrionale è paragonabile al parto dell’idea di Dio, detto anche Padre, ovvero alla separazione del figlio dal padre, e dunque alla Legge, ovvero poi dalla madre, ovvero la questione si presenta psichica e teologica, e rispetto cui trovano differente collocazione esplorazione e orientamento, cognitivismo e fisiologia, ovvero è un fattore che individua la radice di menomazioni motorie od altro come fobia e blocco della motorietà, da una angolazione teologica e di colpa, ed è tale parto della idea di Dio che implica già il concetto di separazione tra Tutto e parte , tra l’io piccolo e la idea che è l’idea dell’altro io, ovvero la dialettica immaginaria e lo sbarramento del desiderio che fonda il diritto teologico al godimento effettivo e non penoso di quella molteplicità tanto necessaria alla esistenza. L’idea del parto della
idea di Dio richiama la persistenza all’interno di ciascun soggetto della matrice divina, di cui si può supporre il ruolo deterministico creativo e panteistico, in quanto da lui deriva la possibilità a posteriori di ogni attività razionale, con il conseguente desiderio di ricongiungersi